lunedì 22 ottobre 2012

PAGINE SPARSE. Parte 1 - Addio Turchia


18 Ottobre

 

Dopo sei settimane sto per dire addio alla Turchia. Non ci posso credere.

Un mese ad Istanbul e 2 settimane ad Ankara, ed adesso che ho il visto per l'Iran, quasi quasi mi dispiace partire. Cominciavo ad abituarmi, a stare bene, mi sentivo come a casa.

Anche Ankara - che tutti dicono essere una citta' anonima e noiosa - e' stata una bella esperienza e le persone sono mille volte meglio che a Istanbul. Perlomeno non ti trattano come l'ennesimo turista da spennare, anche perche' qui di turisti ne ho visti solo uno: quella ciociara conquantaseienne pazza che si e' girata 140 paesi e 24 territori speciali.

Okan, Tolga, Can, Oyul....tutti bravi ragazzi simpatici che lavorano al Zid Muzik Shop accanto allo Oyes Pizza, davanti alla Grande Moschea. Okan e' grosso e tondo, dalla faccia simpatica e dai modi gentilissimi, una pastina d'uomo. Tolga e' alto e grosso, dalla faccia scura un po' inquietante ma cortese e bonaccione come Okan, sempre ad offire te' e roba da mangiare, sempre un po' timido e premuroso. Mi ha promesso di aiutarmi con la ragazza dell Oyes Pizza, li accanto. Sia Okan che Tolga sono religiosissimi eppure la cosa ne' si nota ne' e' un problema per la comunicazione. Amo la tolleranza religiosa dell'islamismo in generale e dell'islamismo turco in particolare. Come in Malesia e in Indonesia l'islamismo ha una bella attitudine alla tolleranza e alla pacifica convivenza. Scordiamoci quelle minchiate che si leggono sui giornali sul carattere violento, guerrafondaio ed intollerante di questa religione: il cristianesimo lo e' molto di piu' e se in paesi come Iran, Siria, Sudan, Libia ci sono stati (e ci sono) casini e' perche' sono i loro leader che usano tutti i mezzi a loro disposizione per mantenere la popolazione in un regime di oppressione e paura. Ma i motivi sono quasi sempre di natura economica: Gheddafi era il padrone assoluto della Libia e delle sue risorse naturali; Mubarak era il padre-padrone di un Egitto che ha da decenni il pallino di diventare la nazione leader del mondo arabo e della lotta contro Israele se non fosse altro perche' ha il controllo dello streetto di Suez, uno dei punti chiave delle comunicazioni mondiali. E l'Iran del bizzarro presidente nonmiricordoilnome ha sempre avuto questo forte senso di frustrazione di sentirsi una nullita' in confronto alla Turchia e all'India. Loro che erano - che si cosideravano - la piu' evoluta e splendida civilta' del passato (i persiani con Ciro il Grande....ma poi quanto mai saranno durati?) adesso sono schiacciati dalla crescente importanza economica e politica di una Turchia qualsiasi e dall'India nuova nazione leader (?) dell'Asia. La colpa e' del veccghio regime dello Scia', debosciato e corrotto, fatto di donnine senza velo e maschi dediti all'arte e ai vizi dell'occidente. Allora via la liberta', su i veli, via alcool e vizi, qualche bella guerra per far vedere che la Rivoluzione del 1979 ha risvegliato il sopito orgoglio della popolazione (?) e tante nuove belle bombe atomiche per far vedere che il paese e' LA superpotenza del medioriente, alla faccia di Egitto e Turchia. La religione e' usata da quei 2 pazzi barbuti di Khamenei e nonmiricordoilnome per mantenere in schiavitu' una popolazione di cui penso non freghi niente ne' di bombe atomiche ne' di ruoli leader nello scacchiere mondiale.

Eppure non e' colpa della religione: in Cina il pensiero maoista e la tradizione confuciana opprimono ancora la societa' in senso dispotico e illiberale. In Mongolia la figura di quel pazzo psicopatico assassino di Gengis Khan e' venerata tutt'ora nelle scuole e professori, politici, filosofi e gente comune si augurano un suo ritorno per avere la rivincita su Russia e Cina; in America lo spauracchio del terrorismo islamico e' la nuova arma di controllo psicologico delle masse....in Grecia si sventola la bandiera della lotta all'immigrazione clandestina come soluzione per affrontare la crisi economica (il partito ultranazista della Golden Dawn ha raggiunto il 24% dei voti alle elezioni politiche nazionali: in nessun altro paese del mondo un partito di estrema destra, radicale e dichiaratamente nazista ha simili percentuali). Insomma...non esiste un paese dove per una scusa o per l'altra si usa l'economia, la lotta all'immigrazione, la religione, il retaggio storico e culturale per il verso giusto. Sono sempre tutti mezzi per far propaganda ed influenzare il pubblico, soprattutto le fasce piu' povere e represse della popolazione, quelle che non hanno molto cervello per pensare da sole.

Eppure mi manchera' la bella tolleranza religiosa che si respira in Turchia. Mi manchera' quell'islamismo semplice fatto di rispetto per le altre religioni e verso chi e' ateo. Se fossimo in Italia la gente si divertirebbe a bestemmiare e ridere sulla religione. Qui basta dire "mi dispiace non sono religioso" o "sono musulmano e non cattolico" e finisce li: senza bestemmie, senza odi, senza bisogno di psicanalizzare chi crede o non crede come schiavo o liberato dalle catene psicologiche di condizionamenti mentali imposti....se nn sei religioso non ha senso bestemmiare. Anche Oyul, l'altro ragazzo dalla faccia simpaticissima e un po' nerd del Zid Muzik e' ateo eppure considera Tolga e Okan, religiosissimi, come suoi fratelli.

"Io li rispetto e loro rispettano me, e la nostra fratellanza va al di la delle differenze religiose" e' la sua risposta. Bella e semplice, assolutamente perfetta nel liquidare tutte quelle stupide baggianate che sento  dire dai miei amici e conoscenti su facebook. La gente in Italia prende per il culo chi crede o offende qualcuno dandogli di Papaboy pensando che dare di credente al giorno d'oggi sia una offesa tra le piu' brutte....ecco, vorrei che questa gente venisse qui a vedere cosa e' il rispetto per la religione e la reciproca tolleranza tra credenti e non credenti. C'e' un modo di fare semplice ed onesto nelle persone, anche tra quelli con le facce piu' da criminali e meno raccomandabili che ha qualcosa di esemplare. Nessuno dice parolacce o volgarita', nessuno fa il ganzo scrivendo bestemmie o offese gratuite tanto per suscitare risate...c'e' una mentalita' molto educata, molto basata sul  rispetto, si.

Ed adesso che dopo 6 settimane lascio la Turchia, quasi quasi mi viene voglia di riperdere il visto per l'Iran un'altra volta, perche' sto veramente cominciando ad affezionarmi a questo posto.

Un caro saluto ai miei nuovi amici Okan, Tolga, Can e Oyul, al chitarrista dei Rektal Tuse/Cenotaph/Deimation, che era tranquillo e simpatico, con un bell'approccio underground  pur suonando nei gruppi piu famosi del paese (non per niente i Rektal use li ha fatti uscire Marco della Human Discount, per dire quanto onesto sia il suo approccio underground alla musica), al batterista dei Sakatat di cui non so il nome e al simpatico padrone della Oyes pizza e la sua carinissima figliola. Ma anche a tutti gli altri bravi ragazzi che ho conosciuto solo per un attimo o di sfuggita, ai due curdi della caverna del tesoro di Ali' Baba' al bazar di cose usate, ai poliziotti educati e acculturati che ti aiutano sempre, ai ragazzi dell'internet point che offrivano sempre cay e calorosi abbracci e a tutta la gente brava e buona che ho conosciuto ed apprezzato in Turchia, il paese piu' bello ed umano che abbia mai attraversato. Grazie a tutti. Un giorno forse ci rivedremo. Inshallah.

 

 

Notte tra il 18 e il 19 ottobre

Joao aveva ragione. La Turchia e' un immenso paese fatto di niente. Campagne brulle piene di grossi sassi bianchi, colline sabbiose e nient'altro. Non si vede un villaggio, non si vede una casa. Poi all'improvviso una citta' che compare e scompare subito dopo. E poi ancora decine e decine e decine di kilometri di niente ancora.

E' mattina, il sole sta spuntando. Mi trovo nel centro della Turchia. Riesco a dormire appoggiato allo zaino e penso di invecchiare. Di solito non mi riesce. O sono veramente stanco o sto cominciando a provare nessuna emozione nel viaggiare. Ricordo il primo viaggio in Cina dove per quasi due giorni non avevo chiuso occhio per la smania di vedere tutto quello che passava dal finestrino, anche di notte nel buio piu' profondo. Adesso dormo come tutti, dormo e lascio scorrere il paesaggio come se lo conoscessi a memoria, come se fossi soltanto uno dei tanti pendolari che ogni giorno si fanno questa strada. Sono tra Kaiseri e Sivas, viaggiamo con circa 2 ore di ritardo. Sembra normale. Il treno e' pulito, la gente e' silenziosa, nessuno fuma. Il sole e' spuntato e la nebbia si stende languida sui campi desolati.

 

19 Ottobre

Ecco Erzurum, cuore del Kurdistan. Ci siamo arrivati con sole tre ore e mezza di ritardo attraverso un paesaggio brullo e spettrale, fatto di polvere, sassi, canyon e fiumi che si diramano in mille diversi canali. Sembra di essere nel Tibet: il solito maestoso silenzio, vento, monti che sembrano vicinissimi, a volte viene voglia di scendere dal treno e incamminarsi verso qualche cima. Non un albero, non una pianta, solo bassa erba giallognola e malaticcia dove pascolano capre e cavalli liberi. Non una casa o una capanna per miglia e miglia ovunque si posi lo sguardo. Solo il silenzio. Poi, improvvisamente miserabili capanne di fango e mattoni in strade sterrate, bambini sporchi che giocano tra cumuli di spazzatura e poi di nuovo il niente fatto di niente. Si, sembra il Tibet, anche dal punto di vista umano. Solo i paesi piu' grossi, Sivas, Divrigi, Erzincan stonano con questo ambiente: paesi moderni, pulitissimi, sembrano tutti fatti col lego, con casine colorate e palazzoni made in China. Moderni, pulitissimi ma made in China come tutti gli edifici costruiti negli ultimi 20 anni in Turchia. Le stazioni sono piccoline ma carine, ordinate, pulite. I giardini curati e senza cartacce. La Turchia dopo Ankara ha questa doppia faccia: pulitissima nelle citta', arretrata e asiatica nei villaggi. Nel Kurdistan sono ricchi a causa dei traffici della droga proveniente dall'Afghanistan: ci sta che le citta' moderne siano costruite coi soldi dei trafficanti. Ma fuori da esse l'Asia comincia ad affacciarsi in tutta la sua miseria e i suoi drammi.

Montagne arrotondate, lisce e durissime si alternano a cumuli di sassi e sabbia che sembrano ammassati dalla mano di qualche gigante...e poi canyon e valli profonde e poi di nuovo ancora spianate desertiche desolate. Ci si sente piccoli piccoli e il mondo sembra sempre piu' lontano.
Erzurum compare all'improvviso dietro dei monti: siamo quasi ai confini della Turchia.

Ci arrivo che ormai e' sera, fa freddo, molto freddo, siamo a oltre 2000 metri d'altezza e ho solo 5 magliette una sopra l'altra. Cammino, seguo la strada principale, bella, moderna, quasi inquietante in questo remoto angolo di mondo. Niente, nessun albergo. Cerco quelli che avevo segnato: ne trovo uno ma e' caro. Ne trovo un'altro dietro la piazza principale, affiancata da una grossa parete di roccia sopra la quale ci sono molti locali all'aperto carinissimi. C'e' Ogul, studente simpatico che abita li. Cominciamo a chiacchierare e poi andiamo a mangiare una zuppa di riso e salsa piccante. E' un bravo ragazzo, bonaccione e in gamba, studia ingegneria dell'ambiente e parla un buon inglese. Purtroppo nel suo albergo non posso neanche dormire sul divano: da queste parti i proprietari sono tutti teste di cazzo.

Verso le una di notte torno al primo albergo che ho visto: o li o morire di freddo per strada. Alla fine non e' poi cosi' male. Domattina si parte per la frontiera con l'Iran

 

20 Ottobre

 

Erzurum non e' brutta ma la stazione degli autobus e' squallida e popolata da gente ignorante e spietata. I gestori delle piccole compagnie di autotrasporti sono tutti mezzi mafiosi, dalle facce cattive e dai metodi antipatici. Rispondono male soprattutto alle donne, fanno orecchie da mercanti quando c'e' da restituire i soldi - che non restituiscono mai - e sembrano sempre dei traffichini di loschi affari. Il peggiore di loro si chiama Kara (Nero) ed e' un ragazzo bello tutto vestito di nero dal volto e dai modi cattivi.
L'autobus e' microscopico e dopo circa 200 km, giunti ad Agri ci scarichera' sulla strada chiedendo all'autista di un altro autobus piu' grosso di caricarci e proseguire il viaggio fino a Dogubayazit.

Il paesaggio diventa ancor piu' brullo e vuoto, le poche case che si trovano lungo strada ancor piu' miserabili e fangose. Bambini a dorso di cavalli e vecchi fermi lungo i campi a guardar passare le macchine. Ma anche rari prati verdi dove ragazzini corrono liberi assieme ai cavalli e alle pecore, famigliole riunite a far colazione e piccole corti dai muri di fango che racchiudono povere, semplicissime fattorie. Alla fine penso che non sia male questa vita. C'e' l'aria serena, spazi aperti immensi, rarissimi alberi racchiusi in piccole oasi dove giocare e appendere i panni. Si, sembra sempre piu' essere in Tibet.

Purtroppo questa parte della Turchia e' anche tempestata di postazioni militari. Ce ne sono tantissime e sono tutte brutte e piene di trincee. Carri armati, bunker, militari in assetto da guerra che maneggiano mitra e tengono il mirino puntato sulle macchine di passaggio. Ne guardo qualcuno: mi sembrano tutti stupidi burattini pronti a far fuoco al minimo ordine. Agiscono tutti meccanicamente, hanno delle facce da far paura. C'e' il PKK da queste parti, il partito separatista curdo che e' accusato di terrorismo e stragi. Non lo so ma la tensione e' evidentissima.

Dogubayazit sembra Erenhot al confine tra Cina e Mongolia: un paese miserabile pieno di polvere e vento. Bambini miserabili pieni di moccolo che cola dal naso e facce abbrutite da pellagra o scabbia che chiedono la carita'. Case da te con tavolini fuori e brutti edifici in cemento senza intonaco che sembrano tristi copie di miserabili villaggi cinesi. C'e' anche una piccola strada commerciale piena di negozi e roba quasi di lusso che stona con tutto il resto del paese. Ho visto anche due turisti tedeschi o americani ma come sempre si sono fatti gli affari loro. Io ho camminato e mi son perduto tra il dedalo di vicoli e corti ai lati di questa sedicente via commerciale, tra sguardi furtivi di ragazze col velo e sorrisi di venditori di kebab. Mi son divertito, ho mangiato un tavuk doner immenso e all'internet point qualcuno parlava anche un goccio d'inglese. C'e' anche qualche microscopico spaccio che vende la birra: l'ultima che trovero' prima di arrivare in India o in Cina.
Dogubayazit e' simpatica nella sua miseria, piena di una umanita' perennemente indaffarata su carri, motocarri, motorini, piena di sfaccendati e bambini mendicanti.
Un piccolo autobus ci portera' fino al confine, a Bazargan. C'e' anche un simpatico ragazzo iraniano dalla faccia per bene: dice che mi aveva visto all'ambasciata il giorno che mi avevano dato il visto, mentre ballavo dalla felicita'. E' un ingegnere fotovoltaico. Con lui abbiamo fatto i circa 50 km fino al confine, fermandoci varie volte lungo strada a caricare misteriosi scatoloni nascosti dietro rovine di palazzi o dietro massi tutti uguali, scaricando vecchini nel bel mezzo del niente della steppa turca e facendo salire misteriose figure provenienti da chissa' dove.
Poi, a tardo pomeriggio, ecco li il confine, tra montagne maligne e minacciose, fredde e ostili. Sulla destra la cima sempre innevata, sempre nebbiosa del Monte Ararat. Come l'altra volta.

E come l'altra volta, sorpassata la sbarra tra i due paesi, due gigantografie di Komehini e Khamenei eccole li che ci guardano coi loro sguardi severi ma benigni e le lunghe barbe di chi e' legge, religione e capo assoluto di questi poveracci di iraniani.

 

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