lunedì 29 ottobre 2012

Sera nella Chinatown di Kuala Lumpur


 Una ragazza sepolta tra le borse del suo negozio siede. Non brutta, non bella: l'avro' vista milioni di altre volte in milioni di altri posti. Non presta nessuna attenzione ai clienti e al mondo. Si fa solo gli affari suoi, appiccicando gli occhi all'ennesimo Ipad. Chissa' da quanti anni sono li quelle borse. Come chissa' da quanti anni sono qui questi ventilatori appiccicati a balaustre di legno antico e bisunto, grondanti sudicio e poco refrigerio. Tavoli e sedie vischiosi, bancone del cibo pieno di piatti sporchi, travi di legno vecchie che sorreggono tetti di lamiera e sacchi di plastica. Amo i ristoranti malesi, questi ristoranti all'aperto, sepolti sotto le logge dei palazzi coi tavoli fuori, con i cuochi che cucinano sul marciapiede proprio sotto le arcate dei palazzi. Due banconi, uno per angolo - perche' i ristoranti all'aperto sono sempre agli angoli delle basi dei palazzi, per prendere i clienti sia dall'una che dall'altra strada, due tavoli nel mezzo per poggiare la roba e piu' cose, fusti d'olio, piatti, rumori, suoni, personale e travi di legno che in un templio buddista. Amo la Malesia per i suoi ristoranti all'aperto, improvvisati cosi' tra le logge e la strada, che riempiono tutti gli spazi possibili.

Di fronte, in una Chinatown piena di bancarelle, indonesiani capelloni e cinesi rasati a zero convivono (non) felicemente l'uno accanto all'altro. Provo a parlare cinese, nessuno capisce. Nel migliore dei casi parlano solo cantonese; nella stragrande maggioranza degli altri parlano solo akka o miao o i dialetti del sud, pieni di toni come il laotiano o nasale e querulo come il thai.
Gente dalla faccia inespressiva, gente dura che pensa solo ai propri affari, gente senza sorrisi che aspettano il prossimo cliente e basta. Mi chiedo se veramente abbiano cognizione della vita. Un malese capellone fuma una sigaretta nella bancarella di borse. Si siede una cinese in minigonna davanti a lui, accanto a me. Lui la guarda con desiderio, lei tira fuori la lingua facendole capire che basta solo mettersi d'accordo sul prezzo.

Oman, panorama dal cesso

Puttane. E' pieno. Le mie amiche sono ancora qui, a lavorare offrendo ancora la patetica scusa dei massaggi.
Da quanti secoli ormai la gente ha capito che il cartello rosso con tariffe per chiena e piedi sono solo dei paraventi? Eppure qui si continua ancora cosi'...massaggi...30 ringgit mezz'ora. Pacca sull'uccello e sorrisino. Mi fa capire che con qualche soldo in piu' e' possibile avere qualcos'altro. L'avevo gia' capito 37 anni anni fa, sorrido ed alzo la mano discretamente per dir di no.

Scroscio di pioggia...questa sera e' arrivato con circa 10 minuti di ritardo. Il malese capelluto si affretta a mettere un telo di plastica sulle sue borsette. Alla cinese non frega niente. Probabilmente manco se ne e' accorta, continua a vivere nel suo mondo assolutamente isolato, non alza nemmeno la testa, non accenna un movimento, non fa neanche caso ad un tipo che entra dentro per ripararsi. Non prova neanche a proteggere le sue preziose borsette. Tanto devono solo essere vendute a qualche sconosciuto essere umano. A volte penso che l'umanita' in Asia non esista, le vite sembrano essere pesate a chili. Qui c'e' solo quantita'.
Una americana parla, parla, fa vedere foto e ragiona di tutto. I cinesi hakka sono impassibili, appoggiati alle colonne marce di questo ristorante infilato a forza sotto le logge del palazzo... paiono statue, Forse non si aspettano niente, forse giusto qualche cliente.

Tutto dipende dai punti di vista: se fossi meno cinico direi "come son belli questi cinesi che muovono impercettibilmente il capo mentre assorti osservano la pioggia" oppure loderei la capacita' di concentrazione della ragazza delle borse. Ma dopo 9 anni di Cina e 20 di cinesi mi son rotto di vedere tutta questa umanita' vuota e senza sentimenti che popola le bancarelle dei mercati. Non un sorriso, non un gesto di felicita', non un moto di accoglienza. Soltanto facce impassibili e vuote, annoiate e prive di qualsiasi emozione.

Uno si scaccola guardando nel vuoto. Un altro guarda semplicemente nel niente. Nessuno parla, eppure c'e' un brusio continuo di rumori, di chiacchiericcio, di suoni gutturali e nasali, di pentole che sbattono, di pestelli che picchiano sul tavolo, di carrelli che scorrono sul ciottolato, di milioni di suoni di milioni di attivita' diverse. A Kuala Lumpur non c'e' mai silenzio eppure tutti quelli che vedo se ne stanno li zitti, per i conti propri.

Viene giu' l'inferno. Meglio cosi'. Piu' piove e meno dura. Lasciamo che si scateni l'acquazzone mentre mi ritrovo ormai il culo appiccicato alla sedia tramite qualche misterioso collante vischioso che si accumula qui da chissa' quanti anni....quanti colori, quanti rumori, quanta gente che c'e' qui.

Nessun commento:

Posta un commento