Non penso di dire niente di nuovo ne' tantomeno di disvelare chissa' quale imprescindibile verita' quando dico che tra un turista ed un viaggiatore esiste la stessa differenza tra la mia nonna che va in bicicletta a fare la spesa e Mark Cavendish che vince il Tour con crono da 55 all'ora di media dopo migliaia di kilometri percorsi. Sono due mondi, due approcci completamente diversi nei confronti di un paese - o piu' paesi, citta', luoghi interessanti - che si visitano.
Un turista spesso e' una figura sciocca e priva di quella profondita' di visione che e' necessaria per osservare piu' da vicino un popolo. Un viaggiatore e' alla fine come un giornalista o un esploratore dei vecchi tempi: osserva, indaga, si fa domande. E spesso evita accuratamente tutto l'apparato organizzativo che sta dietro l'industria del turismo per andarsi a cercare da solo le cose veramente interessanti: che sono quelle quasi mai riportate dalle guide turistiche.
Odio il turismo, apprezzo il viaggio. Su questo non ho il minimo dubbio. Dopo 8 anni di esplorazione non penso di aver visto le cose piu' interessanti e famose ne' della Cina ne' della Mongolia o del Nepal o del Tibet o della Thailandia o di chissa' quale altro paese. Se l'ho fatto, l'ho fatto controvoglia, di sfuggita e quasi mai di mia libera scelta. Quasi sempre ne son rimasto deluso. Ma in compenso ho scoperto angoli di mondo inesplorati e sconosciuti agli occhi degli stranieri, realta' forse anche brutte e poco attraenti, posti dove nessuno ha mai visto un occidentale o luoghi dove un occidentale non ci vorrebbe mai mettere piede.
In 8 anni di Cina ho visto una sola volta la Grande Muraglia e la Citta' Proibita, l'esercito di terracotta di Xi'an ancora mi manca cosi' come il Palazzo di Primavera o il mausoleo di Mao. Sono sempre li, da secoli e non scompariranno di certo.
"La prossima volta andro' " mi dico sempre....non c'e' fretta.
La fretta invece c'e' nel vedere quelle piccole realta' locali, tradizionali che rischiano di scomparire presto sotto i colpi del capitalismo che avanza e del nuovo che rimpiazza.
La prima volta nel 2004 a Gulou Dongdajie, la bella strada che dalla metro di Dongzhimen porta diritta alla Drum Tower e ai laghi che accarezzano il Palazzo d'Estate a Pechino, c'erano tanti bei vicolini pieni di Hutong, le classiche corti tradizionali contornate da bassi muri stondati dove vivevano un tempo anche fino a 15/20 famiglie tutte insieme. Pechino un tempo era tutta cosi' e c'erano 3 cinta murarie diverse che attorniavano e difendevano la citta'.
Ogni anno che passa un vicolo e le sue hutong scompaiono per far posto a nuovi centri commerciali. Ogni anno sempre meno sono i luoghi nascosti della citta' dove cercare questi sapori ed odori di Cina antica: sempre piu' al posto delle famiglie povere si sostituiscono nuovi imprenditori che trasformano le poche corti rimaste in nuovi pub alla moda, con musica rock&blues e letteratura americana per far passare un piacevole tardo pomeriggio ai sempre piu' numerosi stranieri. Le famiglie che un tempo vivevano in comune in queste corti, che appendevano i panni tutti insieme nello spiazzo centrale, che cucinavano insieme e giocavano a majong insieme, ammirando la luna e contemplando il dolce canto dei grilli nelle sere di primavera ormai sono state spinte tutte ad abitare in enormi, grigi, inquietanti palazzoni tutti uguali dove vivono fino a 25.000 persone per blocco. Oppure sono stati costretti a costruirsi una miserabile baracca nella periferia sempre piu' emarginata della citta', spostandosi sempre piu' lontano ogni volta che un nuovo cantiere apre.
Le tre cinte murarie onore e bellezza della citta' ormai sono un ricordo passato, i giovani neanche sanno della loro esistenza.
Lo stesso a Ulaanbaatar: le yurte sono sempre piu' lontane dal centro e dei 1200 templi ne rimane solamente uno, trasformato in un tristissimo quanto spoglio museo che raccoglie il niente: un cappello a punta, una borraccia e una sella per ricordare i guerrieri di Gengis Khan. Tutti i 700 anni di mezzo tra questo pazzo assassino e il mondo di oggi semplicemente sono stati rimossi dalla memoria collettiva, non sono mai esistiti.
Ma il turista viene a Ulaanbaatar per avere la vacanza dei sogni: soggiorno ad una UB Guesthouse qualsiasi dove i sorrisi e le frasi di benvenuto sono sempre uguali a se stessi per ogni nuovo arrivato ed organizzazione perfetta e standardizzata dell'esperienza dei propri sogni: la macchina viene a prenderti la mattina, ti porta al parco nazionale a vedere la statua piu' grande del mondo (indovinate chi siede sul cavallo...e' facile...), per provare l'emozione del falco addestrato che si viene a posare sul tuo braccio, per vedere due cammelli spelacchiati e infine passare una meravigliosa notte in una yurta dove il contadino ti sta' gia' aspettando, ti lascia due ciocchi di legno per la notte e se ne va via senza neanche chiederti come ti chiami o da dove vieni. La mattina dopo la macchina della guesthouse ti riporta in citta' e i sorrisi dei turisti americani raccontano di una esperienza ai limiti della favola...la Mongolia e' il paese piu' bello del mondo. Dopo 3 giorni l'aereo li porta a Pechino a vedere la Grande Muraglia nel posto piu' affollato, brutto, inquinato, caotico, commerciale di tutto il paese, una guida ti fa esplorare le 100 sale su 3000 aperte al pubblico della Citta' Proibita, ti fa vedere per pochi minuti la tomba di Mao Tse Tung raccontandoti una versione storica che cambia ogni volta che una nuova corrente del Partito Comunista prende il potere e decide di riscrivere i libri di storia e con una spesa che merita sicuramente un piccolo sacrificio ti portano persino a vedere la cava vicino a Xi'an dove migliaia di soldati di terracotta se ne stanno li indifferenti e infastiditi dai milioni di flash di questi poveri gonzi, sempre meno guerrieri e sempre piu' stracotti turisti.
Una notte in una yurta da solo in compagnia solo dei pochi ciocchi di legno - sempre la solita' quantita' per ogni turista - mentre il contadino nella tenda accanto si fa i cazzi sua fregandosene totalmente del nuovo arrivato ti costa solo 80 euro a notte....se poi vuoi cavalcare su un cavallo bolso e ammaestrato sganci qualcos'altro in piu'....cosa ci vuole?
Ecco....tutto questo mi fa rabbia. L'industria del turismo mi fa rabbia. I locali dove ogni turista va perche' la Lonely Planet dice che li si incontrano tutti gli altri stranieri mi fa rabbia: andate all'Amsterdam Cafe' di Ulan Bator e vedrete che le cameriere sanno addirittura dire "grazie" e "arrivederci" perche' l'industria del turismo le ha obbligate a questa forma di gentilezza inconcepibile per un mongolo standard. Andate al Gran Khan Pub e vedrete birre a prezzi europei servite da cameriere che parlano texano e offrono sorrisi di quinta mano ad ogni nuovo straniero, gli stessi sorrisi identici e le stesse domande ripetute il giorno prima a un qualsiasi altro tedesco o francese venuto li.
No.....questo non e' il viaggio come lo intendo io.
Chi ha mai sentito parlare di Bozhou o di Huainan fuori dalla Cina? O chi ha mai osato andare a Qiqihaer, nord della Cina al confine tra Russia e Mongolia sobbarcandosi 16 ore di treno giusto per stare qualche giorno con una poverissima ragazza cinese che non sa una parola di inglese e che ha come cesso un buco nel pavimento? E chi sa che a Baoding c'e' una bella statua della Madonna con gli occhi alla cinese dietro la chiesa cristiana di San Pietro e Paolo? Nessuno perche' nessuno ha interesse ad andare in questi posti marginali, inculati e sperduti, poveri, sucidi, dove si cammina letteralmente sulla spazzatura e dove vedi solo miseria, arretratezza, gente vestita male e dalle mani sempre nere, che sembrano uscite piu' da un film postnucleare che da "L'ultimo imperatore" di Bertolucci....
eppure se vuoi vedere veramente la Cina ci devi passare da questi posti come da migliaia di altri: basta uscire fuori da Pechino, da Shangai o da Canton per accorgersi che esiste un mondo totalmente diverso, piu' semplice e vero, forse meno attraente per chi vuole cercare solo pub e sesso con le nuove figliolette del benessere economico...non trovi saune piene di manager che parlano inglese perfetto o non trovi circoli culturali dove la creme-de-la-creme locale e internazionale si riunisce per parlare di iniziative culturali promosse da questa o quell'ambasciata, non hai occasione di sfoggiare la tua pelliccia nuova con tanto di nuovo Iphone incluso o men che mai di passare serate di sesso infuocato con le studentesse 18enni che hanno gia' programmato i loro prossimi anni di studio in una esclusiva universita' della California........
ma a Bozhou trovi una palazzina intricatissima e labirintica con motociclette russe degli anni '60 al quarto piano e ti chiedi come cavolo sono riusciti a portarle fin lassu'....trovi il sorriso dolcissimo e timido di una ragazzina sporca che vende schede di memoria false o cucina il Chou Tou Fu, il tou fu piu' puzzolente e insopportabile del mondo ma buono per la digestione e lo stomaco....trovi un miserabile negozio di fotografia che vende incredibili gioiellini sovietici capitati li chissa' dove e il proprietario ti mostra la foto dell'unico altro straniero che abbia mai visto in tutta la sua vita: Mike, un colosso negro con baffoni e capelli alla Jackson Five capitato li per caso nel 1979.
A Qiqihaer non trovi certo la ragazzina del college troia che ascolta rap e hip hop nei locali piu' in della citta' e che ogni notte si colleziona un cazzo diverso da un paese diverso ma in compenso trovi l'amore dolcissimo e generoso di Su Juan, povera ragazzina che non conosce neanche i numeri in inglese e che ogni giorno lotta, soffre e si sbatte 16 ore nel suo miserabile negozietto di vestiti nel miserabile sottopassaggio della miserabile piazza della citta'...ma che in compenso ti ospita e ti cucina, ti compra la frutta e te la passa in bocca chiedendoti di raccontarte come e' Pechino e cosa c'e' fuori dalla Cina, mettendoti la coperta sudicia addosso per non farti sentire freddo in quell'unica stanza spoglia e umida dove vive, dove i vetri della cucina sono incrostati di olio e fanghiglia e il cesso e' un semplice bussolotto infilato in un buco per terra mentre ti chiede se anche in Italia le case sono tutte cosi' o sono piu' brutte...
E il capodanno piu' bello e' stato in una miserabilissima fattoria di contadini scurreggioni e scatarrosi nel bel mezzo del niente gelato della Manciuria nordoccidentale vicino al confine russo/mongolo con una miserabile tv in bianco e nero e coperte dell'esercito russo che hanno accumulato anni e anni di odori e piccoli abitanti....in compagnia della mia dolce Su Juan che ti stringe la mano e ti dice che appena ha i soldi verra' a trovarti laggiu' a Qinhuangdao un giorno, ma dovra' lavorare tanto per permettersi questa trasferta nella provincia accanto........
E la yurta dove sono stato l'altro giorno con Rolland, un olandese che ha capito tutto e vive libero, e' stata il luogo piu' bello del mondo, la mia Mongolia piu' indimenticabile: per 5 euro di benzina abbiamo vissuto a contatto vero con la gente, cenato col contadino ultrasettantenne che parlava della sua cagnolina che ha fatto la cucciolata e sorrideva commosso quando ci mostrava tutti i piccoli cucciolini, uno per uno. Ci raccontava che qualche giorno fa aveva visto la volpe e lui l'ha affrontata con un bastone per allontanarla dalle galline, ci raccontava che il cammello ha problemi a una gamba ed ha dovuto fare un viaggio di due giorni e due notti per andare a cercare un'erba medica che cresce vicino a un lago oltre le montagne, ci ha raccontato di un templio sperduto e inaccessibile che aveva visitato 50 anni fa e un giorno, due anni fa, era andato a vedere ancora perche' aveva tempo libero: una settimana di viaggio per scoprire che i dipinti erano ancora intatti e il piccolo quarzo che aveva lasciato li tanti anni prima non era stato toccato da nessuno. E parlava con voce bassa e lenta, alternando pause e silenzi a semplici, piccole pillole di verita'....guardandomi con sguardo incredibilmente dolce e infantile quasi come nel cercare una sorta di scusa alla propria semplicita'....dice che tanti anni fa era stato a Parigi a trovare la sua figlia ma ha avuto paura di tutte quelle macchine e di cosi' tanta gente. L'anno scorso suo figlio lo aveva invitato a trasferirsi a Ulan Bator ma dopo una notte chiuso in un appartamento e' rimontato in sella al suo fedele cavallo e se ne e' tornato nella sua yurta ai piedi delle grandi montagne, aspettando il suo amico che era andato a vedere come stavano i cavalli nell'altra valle..."entro domani sera dovrebbe essere di ritorno, spero che il piccolo pony si sia ripreso dalla ferita"....e poi un bellissimo pranzo insieme a base di manzo e yak tagliato e mangiato a mano, vodka fatta da lui e sigaretta arrotolata....sguardi dolci e semplici, mani sporche che tagliano piccoli pezzettini di carne offerti con infinita gentilezza, foto di una vita passata a cavallo e sua figlia 18enne che ha la fama di essere la piu' veloce, forte e coraggiosa cavaliera (si dice?) di tutta la provincia di Tereghch e poi la vedi li timida e infagottata nel suo povero giubbotto consumato a dare da mangiare ai cani e al cammello.....
Roland lo aiutera' a ricostruire la staccionata del recinto nei prossimi giorni e ha sentito dire che in un villaggino piu' in la cercano un carpentiere che costruisca il tetto del nuovo asilo: non puo' rifiutare un aiuto al suo padrino mongolo e alla sua coraggiosa sorellina cavallerizza mongola....Roland ha piu' padri, madri, figli e fratelli di sangue in Mongolia che veri parenti in Olanda e si sente incredibilmente libero. Libero come il vaccaro arrivato a cavallo dall'altro versante del monte mentre eravamo a fare un giro in questa natura incredibile: piano piano il cavaliere scende il fianco della montagna, scende a valle e risale sull'altro monte dove eravamo noi. Era bellissimo nel suo cappotto tradizionale coi risvolti dorati, con gli stivaloni a punta rigirata all'insu' e il suo sguardo duro: una sigaretta insieme, la bella notizia che i suoi 16 cavalli due montagne piu' in la stanno bene e via....di nuovo ognuno per la sua strada....
e ti chiedi...stasera i gonzi americani in quale pub andranno? Le loro chiacchiere di sesso e droghe quante birre porteranno con se? Per fortuna domani c'hanno la visita organizzata a una yurta dove saranno completamente soli e si dovranno procurare il cibo in qualche supermercato lungo la strada.....
evviva il turismo che fa girare questa immensa macchina di soldi e regala sorrisi e benvenuti falsi, uguali e standardizzati per tutti.....giusto per portare a casa il ricordo di una vacanza meravigliosa: parli col tuo vicino di casa e poi scopri che anche lui ha vissuto la medesima esperienza, simile in tutto e per tutto....solo che magari ha pagato un po' di piu'
da parte mia...spero di trovare un altro Rolland lungo la strada che mi porti dai suoi fratelli mongoli che vivono in un'altra valle...o un'altra Su Juan nell'inculatissima e miserabile Qiqihaer o un'altra povera prostituta che lavora nei finti parrucchieri di Wenzhou per piangere insieme alla ricerca di un mondo piu' bello e buono per tutti...camminando e entrando in tutti quei vicolini che nessuna guida della Lonely Planet si sognera' mai di raccontare
Mia Asia, sei proprio bella e ricca proprio la dove tutti pensano di trovare solo sporco e poverta'....ma io sono contento cosi'
venerdì 27 gennaio 2012
martedì 24 gennaio 2012
Vita quotidiana a Hohot - Fratelli, amici e supermercati
Quando una citta' di quasi 4 milioni di abitanti ti offre come unico diversivo alla noia il fare la spesa al supermercato, allora piano piano cominci ad apprezzare le piccole cose di cui sono fatte le grandi citta' cinesi.
Se qua gli agglomerati urbani sono immensi - ho contato almeno una ventina di citta' in Cina con oltre un milione d'abitanti mai sentite nominare prima - in compenso la dimensione della vita quotidiana e' estremamente piccola. Ogni strada diventa una citta' nella citta' visto che in ogni strada si trova di tutto: dai supermercati ai ristoranti da poveracci o extralusso, panetterie e macellerie, meccanici, negozi di vestiti, tabaccherie/enoteche, parrucchieri/bordelli, massaggiatori/bordelli e bordelli/bordelli.
Visto che tutte le strade sono cosi' senza grosse differenze - a parte certe aree della citta' dove magari ci sono solo uffici e banche e nessun negozio - allora quella strada comincia a diventare il tuo piccolo mondo. E piu' guardi nel piccolo e piu' scopri tante cosine carine.
I soliti vecchini che giocano a ma-jong ogni tardo pomeriggio: col berretto di feltro imbottito e i cappottoni mongoli tradizionali col risvolto in basso, in piedi davanti ad un basso ciocco di legno che regge una scacchiera consumatissima e pedine giganti in legno ancor piu' consumate...sempre loro, compagni di giochi e risate da chissa' quanti anni.
Le puttane mongole sedute sui divani dietro le vetrine dei bordelli....belle e sorridenti, mi salutavano sempre. Ma non penso per amicizia...o forse si, chissa'...magari anche una chiacchierata gli avrebbe fatto piacere. A Wenzhou nel 2004 mi accorsi di quanto ero ingenuo, pensavo fosse una parrucchiera ed invece era solo una venditrice di passioni....ma ho fatto una delle chiacchierate piu' lunghe, belle, drammatiche e profonde della mia vita. Mi ricordo le sue lacrime e l'insistenza della sua collega di fare cio' che ogni uomo viene a fare in questi posti: io che rifiutavo e la mia piccola amica che mi stringeva la mano e mi diceva grazie......
chissa', forse anche in queste belle puttane mongole c'e' quell'umanita' sensibile e aggraziata che si trova solo in Cina, difficile da descrivere, tanto semplice quanto profonda e incontestabile.
La ragazza del Leeco - supermercato aperto 24 ore - che mi offre un pezzo di giornale perche' non vuole che mi sporchi i pantaloni seduto sul marciapiede a bermi una Red Bull.
La nonnina simpaticissima al supermercato che dopo una lezione di cinese su tutti i cibi comprati si offre di portarmi lei il sacco della spesa....avra' avuto 90 anni ed era di una simpatia incredibile, come tutte le persone anziane cinesi.
La commessa piccolina piccolina che mi veniva sempre a chiacchierare e si nascondeva dietro le casse di yogurt per farmi una sorpresa e il guardiano sempre incazzato che pero' si prendeva cura dei miei biscottini comprati da un'altra parte.
Il venditore di sigarette che passa la sua vita a dormicchiare sulla sdraio dentro il negozio e il suo figlioletto occhialuto un po' timidino che facevano sempre un sacco di domande
Il vecchietto alla fermata dell'autobus che con occhi sgranati si raccomandava che prendessi il 2 e non sbagliassi strada, dopo mezz'ora che era stato a spiegarmi come andare in centro....
Umanita' piccola eppure dotata di una dolcezza infinita, tanto piu' bella quanto piu' e' avanzata l'eta'.
Piccole storie di gente semplice che vive da sempre nel solito modo sempre uguale...passano i giorni, le settimane, i mesi, gli anni, le vite e nuove vite nasceranno ancora eppure sembra che tutti vivano sempre cosi' dall'alba dei tempi......
poveri diavoli la mattina che tirano fuori una cassa di ferro, una mola, due pinze, un martello, due camere d'aria e aprono la loro officina di riparazione biciclette agli angoli delle strade....belle immagini di mani indaffarate e donnine che portano il loro mezzo a farselo rigonfiare o a cambiare il campanello.
Con Filippo e Lucio ci divertivamo a montare sugli autobus e fare casino, perche' sapevamo che la gente rideva. Magari i cinesi non sono molto espansivi ne' tantomeno si divertono a fare scherzi o spettacolo in luogo pubblico, pero' sapevamo che ci guardavano e ci faceva piacere farli ridere di nascosto. Gli davamo un qualcosina di bello e di nuovo da ricordare, in queste loro giornate sempre uguali.
Tibet Cafe' con immagini del Nepal. Mongolian Bar con cantanti che mi dedicano una canzone degli Hurd, famoso gruppo metal. Ovviamente la canzone parla di quanto e' bella e grande la Mongolia....
Giornate passate a non fare un cazzo o semplicemente prendendo l'autobus per andare in centro al negozio di DVD e tornare indietro....eppure il tempo passava velocemente e i giorni si susseguivano a ritmo continuo.
Una bella palazzina a tre piani con cornicioni esterni nascosta in una corte: dentro una infinita' di negozietti di antiquariato in ogni angolo possibile ed immaginabile. E' incredibile come i cinesi riescano a riempire ogni spazio: in questa palazzina di 3 piani circondata da unl'altra palazzina con camminatoi ad ogni piano, ci saranno stati 100 negozi.....sotto le scale, lungo le scale, negli anfratti....questi mercatini sono eccezionali, non solo per quello che vi si puo' trovare ma proprio per la loro struttura stessa: con le corti interne sulle quali si affacciano innumerevoli negozietti, con il loro odore di muffa e di Cina, coi loro labirinti misteriosi pieni di sputi, catarri e sudicio per terra.....come le corti nascoste di Kathmandu anche queste palazzine - sempre meno, sempre piu' nascoste: ne ricordo una meravigliosamente indescrivibile a Bozhou, Anhui nel 2004 - sono entrate verso mondi magici in cui vorresti perderti sempre.
Quest'anno nessun problema col mio fratello stranamente...anzi alla fine mi aveva anche chiesto di rimanere li con lui un altro paio di settimane visto che Lucio, il suo coinquilino mongolo bravo e buono se ne tornava al paesello per le vacanze del capodanno cinese.
Incredibile....e si che mi piaceva dormire su quel grosso divano rosso e godere di quella bella casa accogliente come sono tutte le case moderne cinesi: salone amplissimo arredato in modo spartano con una poltrona e due divani, un tavolino basso in vetro, due grossi cuscini su cui sedersi davanti al tavolino del computer, un megatvschermo, una finestra amplissima che irradia tutta la luce possibile dall'estreno. Negli appartamenti cinesi moderni si sta da Dio, tutto e' pulito e confortevole: la cucina ampia, le camere da letto tutte arredate in legno....e le luci ai vari piani del palazzo che si accendono solo sbattendo i piedi per terra.......
visti da fuori i palazzi cinesi variano tra l'orribile, il deprimente e l'alienante ma poi una volta attraversato il portone del palazzo e assorbito il primo impatto visivo con l'ambiente in generale, le scale brutte e sporche in realta' portano ad appartamenti deliziosi in cui uno vorrebbe viverci tutta la vita, veramente.
Si, quei giorni semplici fatti di niente a Hohot gia' mi mancano......e le ragazzine sorridevano veramente e venivano a chiacchierare. Questa e' la Cina che amo, tra tutti i difetti, le censure, gli scaracchi e i problemi che puo' avere, mi sembra un paradiso in confronto a questo schifo di citta' e di gente che e' Ulan Bator
Se qua gli agglomerati urbani sono immensi - ho contato almeno una ventina di citta' in Cina con oltre un milione d'abitanti mai sentite nominare prima - in compenso la dimensione della vita quotidiana e' estremamente piccola. Ogni strada diventa una citta' nella citta' visto che in ogni strada si trova di tutto: dai supermercati ai ristoranti da poveracci o extralusso, panetterie e macellerie, meccanici, negozi di vestiti, tabaccherie/enoteche, parrucchieri/bordelli, massaggiatori/bordelli e bordelli/bordelli.
Visto che tutte le strade sono cosi' senza grosse differenze - a parte certe aree della citta' dove magari ci sono solo uffici e banche e nessun negozio - allora quella strada comincia a diventare il tuo piccolo mondo. E piu' guardi nel piccolo e piu' scopri tante cosine carine.
I soliti vecchini che giocano a ma-jong ogni tardo pomeriggio: col berretto di feltro imbottito e i cappottoni mongoli tradizionali col risvolto in basso, in piedi davanti ad un basso ciocco di legno che regge una scacchiera consumatissima e pedine giganti in legno ancor piu' consumate...sempre loro, compagni di giochi e risate da chissa' quanti anni.
Le puttane mongole sedute sui divani dietro le vetrine dei bordelli....belle e sorridenti, mi salutavano sempre. Ma non penso per amicizia...o forse si, chissa'...magari anche una chiacchierata gli avrebbe fatto piacere. A Wenzhou nel 2004 mi accorsi di quanto ero ingenuo, pensavo fosse una parrucchiera ed invece era solo una venditrice di passioni....ma ho fatto una delle chiacchierate piu' lunghe, belle, drammatiche e profonde della mia vita. Mi ricordo le sue lacrime e l'insistenza della sua collega di fare cio' che ogni uomo viene a fare in questi posti: io che rifiutavo e la mia piccola amica che mi stringeva la mano e mi diceva grazie......
chissa', forse anche in queste belle puttane mongole c'e' quell'umanita' sensibile e aggraziata che si trova solo in Cina, difficile da descrivere, tanto semplice quanto profonda e incontestabile.
La ragazza del Leeco - supermercato aperto 24 ore - che mi offre un pezzo di giornale perche' non vuole che mi sporchi i pantaloni seduto sul marciapiede a bermi una Red Bull.
La nonnina simpaticissima al supermercato che dopo una lezione di cinese su tutti i cibi comprati si offre di portarmi lei il sacco della spesa....avra' avuto 90 anni ed era di una simpatia incredibile, come tutte le persone anziane cinesi.
La commessa piccolina piccolina che mi veniva sempre a chiacchierare e si nascondeva dietro le casse di yogurt per farmi una sorpresa e il guardiano sempre incazzato che pero' si prendeva cura dei miei biscottini comprati da un'altra parte.
Il venditore di sigarette che passa la sua vita a dormicchiare sulla sdraio dentro il negozio e il suo figlioletto occhialuto un po' timidino che facevano sempre un sacco di domande
Il vecchietto alla fermata dell'autobus che con occhi sgranati si raccomandava che prendessi il 2 e non sbagliassi strada, dopo mezz'ora che era stato a spiegarmi come andare in centro....
Umanita' piccola eppure dotata di una dolcezza infinita, tanto piu' bella quanto piu' e' avanzata l'eta'.
Piccole storie di gente semplice che vive da sempre nel solito modo sempre uguale...passano i giorni, le settimane, i mesi, gli anni, le vite e nuove vite nasceranno ancora eppure sembra che tutti vivano sempre cosi' dall'alba dei tempi......
poveri diavoli la mattina che tirano fuori una cassa di ferro, una mola, due pinze, un martello, due camere d'aria e aprono la loro officina di riparazione biciclette agli angoli delle strade....belle immagini di mani indaffarate e donnine che portano il loro mezzo a farselo rigonfiare o a cambiare il campanello.
Con Filippo e Lucio ci divertivamo a montare sugli autobus e fare casino, perche' sapevamo che la gente rideva. Magari i cinesi non sono molto espansivi ne' tantomeno si divertono a fare scherzi o spettacolo in luogo pubblico, pero' sapevamo che ci guardavano e ci faceva piacere farli ridere di nascosto. Gli davamo un qualcosina di bello e di nuovo da ricordare, in queste loro giornate sempre uguali.
Tibet Cafe' con immagini del Nepal. Mongolian Bar con cantanti che mi dedicano una canzone degli Hurd, famoso gruppo metal. Ovviamente la canzone parla di quanto e' bella e grande la Mongolia....
Giornate passate a non fare un cazzo o semplicemente prendendo l'autobus per andare in centro al negozio di DVD e tornare indietro....eppure il tempo passava velocemente e i giorni si susseguivano a ritmo continuo.
Una bella palazzina a tre piani con cornicioni esterni nascosta in una corte: dentro una infinita' di negozietti di antiquariato in ogni angolo possibile ed immaginabile. E' incredibile come i cinesi riescano a riempire ogni spazio: in questa palazzina di 3 piani circondata da unl'altra palazzina con camminatoi ad ogni piano, ci saranno stati 100 negozi.....sotto le scale, lungo le scale, negli anfratti....questi mercatini sono eccezionali, non solo per quello che vi si puo' trovare ma proprio per la loro struttura stessa: con le corti interne sulle quali si affacciano innumerevoli negozietti, con il loro odore di muffa e di Cina, coi loro labirinti misteriosi pieni di sputi, catarri e sudicio per terra.....come le corti nascoste di Kathmandu anche queste palazzine - sempre meno, sempre piu' nascoste: ne ricordo una meravigliosamente indescrivibile a Bozhou, Anhui nel 2004 - sono entrate verso mondi magici in cui vorresti perderti sempre.
Quest'anno nessun problema col mio fratello stranamente...anzi alla fine mi aveva anche chiesto di rimanere li con lui un altro paio di settimane visto che Lucio, il suo coinquilino mongolo bravo e buono se ne tornava al paesello per le vacanze del capodanno cinese.
Incredibile....e si che mi piaceva dormire su quel grosso divano rosso e godere di quella bella casa accogliente come sono tutte le case moderne cinesi: salone amplissimo arredato in modo spartano con una poltrona e due divani, un tavolino basso in vetro, due grossi cuscini su cui sedersi davanti al tavolino del computer, un megatvschermo, una finestra amplissima che irradia tutta la luce possibile dall'estreno. Negli appartamenti cinesi moderni si sta da Dio, tutto e' pulito e confortevole: la cucina ampia, le camere da letto tutte arredate in legno....e le luci ai vari piani del palazzo che si accendono solo sbattendo i piedi per terra.......
visti da fuori i palazzi cinesi variano tra l'orribile, il deprimente e l'alienante ma poi una volta attraversato il portone del palazzo e assorbito il primo impatto visivo con l'ambiente in generale, le scale brutte e sporche in realta' portano ad appartamenti deliziosi in cui uno vorrebbe viverci tutta la vita, veramente.
Si, quei giorni semplici fatti di niente a Hohot gia' mi mancano......e le ragazzine sorridevano veramente e venivano a chiacchierare. Questa e' la Cina che amo, tra tutti i difetti, le censure, gli scaracchi e i problemi che puo' avere, mi sembra un paradiso in confronto a questo schifo di citta' e di gente che e' Ulan Bator
Cina un anno dopo
Blog senza aggiornamenti per quasi 20 giorni. La volonta' seppur ferrea niente puo' contro la censura cinese: se facciamo un elenco di tutto quello che e' proibito in Cina ci sarebbe da fare una grossa X sulla mappa mondografica ma poi succede sempre qualcosa e quella X non la si fa mai.
Comunque: facebook censurato, blog censurati, youtube censurato. Persino IMDB, il database di tutti i film mondiali e' censurato. Non parliamo poi di tutti i siti che parlano di Dalai Lama, Tibet, Taiwan, Se poi uno si vuole male basta che digiti sul motore di ricerca di Google queste due parole: Falundong e Tienanman. Per un paio d'ore potete andarvi a fare un giro perche' la vostra connessione improvvisamente passera' giu' e ritornera' dopo una infinita' di tempo...ovviamente dopo che sul vostro bellissimo schermo comparira' la magica scritta "internet non puo' visualizzare le pagine richieste". Ben vi sta....2 ore senza internet per aver digitato le parole proibite in Cina sono il minimo della punizione che vi puo' capitare. A qualcun'altro e' successo di peggio.
Comunque....Mongolia Interna, Inner Mongolia. Citta' principali: Hohot (Hohhot, Huehot, Hueahuote o cinquecentomila altre varianti possibili), Baotou e Jinin. Soltanto queste tre citta' fanno oltre 10 milioni di persone. Qua coi numeri non si scherza.
La Mongolia Interna vive una situazione particolarmente infelice: praticamente e' odiata da tutti. Chissa' come mai da queste parti dell'Asia si respira solo odio...
La provincia e' rivendicata dalla Mongolia Esterna che nel suo crescente ultranazionalismo ne rivendica la appartenenza culturale e storica.
Dal punto di vista storico ci sono dubbi: faceva parte dei territori controllati da quel pazzo psicopatico di Gengis Khan, ma stiamo parlando di 800 anni fa. E in base a questo discorso allora la Mongolia dovrebbe arrogarsi il diritto di rivendicare praticamente tutta l'Asia, la Russia e l'Europa dell'Est, oltre che India, Persia, Afghanistan, Pakistan e Indocina. Non regge.
Anche perche' la Mongolia come Stato Indipendente esiste dal 1924 sotto la protezione dell'ex URSS contro i millenari tentativi di annessione da parte della Cina e la Mongolia Interna non e' mai stata neanche presa in considerazione quando furono tracciati i confini dello stato attuale.
Dal punto di vista culturale esistono ragioni piu' fondate: i mongoli interni sono pur sempre mongoli e parlano mongolo ma....ma....ma....
Nella Mongolia esterna, cioe' nello stato con capitale Ulaan Baatar si parla mongolo puro scritto pero' con caratteri cirillici, cioe' con l'alfabeto russo e in molti casi la gente usa anche il nostro alfabeto latino. La popolazione totale e' di circa 2 milioni e mezzo di persone.
In Mongolia interna si parla cinese con fortissimo accento mongolo e mongolo con fortissimo accento cinese. E il mongolo e' scritto con i caratteri tradizionali, che vanno dall'alto in basso e sembrano un incrocio tra arabo e tibetano. Nessuno nella Mongolia Cinese sa scrivere, leggere o capire l'alfabeto russo usato dai mongoli esterni. Nessuno nella Mongolia Esterna, d'altra parte, sa il cinese (e assolutamente men che mai vuole saperlo visto che odiano la Cina) o sa il mongolo tradizionale.
E' per questo motivo che i mongoli esterni odiano quelli interni: li considerano inferiori proprio perche' impuri e contaminati con la maledetta cultura cinese. E i mongoli interni odiano quelli esterni perche' non tollerano l'ieda che un vero mongolo usi un alfabeto diverso da quello tradizionale. L'alfabeto russo cirillico e' una prova che i mongoli esterni si sono svenduti e si sono asserviti alla Russia.
I cinesi altrettanto odiano i mongoli come odiano tutte le altre etnie presenti nel paese e fuori dal paese, cioe' negli altri stati confinanti: tibetani, uiguri, kazaki, tartari, mancesi, thai, viet, miao e chi piu' ne ha piu' ne metta, cosi' come coreani, giapponesi, vietnamiti, laotiani, cambogiani, thailandesi e nepalesi, mongoli inclusi ovviamente - semplicemente per il fatto che non sono Han, l'etnia storica che abita tra il Fiume Giallo e il Fiume Azzurro. La cultura cinese e' la cultura Han, la storia cinese e' la storia degli Han, l'arte cinese e' l'arte degli Han, la bellezza, la grazia, l'educazione, la forza, la gloria, la lingua, la scrittura, l'onore e il rispetto sono solo quegli degli Han. Tutto il resto e' merda, agli occhi degli Han. E' per questo che l'invasione del Tibet o la sinizzazione incontrollabile dello Xinjiang comporta il genocidio socioculturale delle popolazioni autoctone: perche' gli Han si sentono incaricati della missione di portare la luce della cultura, la luce del progresso, la luce di una parvenza di umanita' in queste province di confine dove vivono popoli diversi, sottosviluppati, culturalmente inferiori.
Quindi i mongoli sono odiati perche' non son Han, non hanno la grazia degli Han, non parlano la lingua degli Han e sopratutto perche' in passato i loro antenati hanno osato invadere e governare la Cina, da Gengis Khan in avanti.
Ecco quindi che i poveri mongoli interni sono odiati e disprezzati da tutti: dai loro fratelli esterni perche' comunque non tollerano che un mongolo viva in Cina e contamini la sua cultura con la cultura cinese. E dai cinesi per i motivi di cui sopra.
Il razzismo da queste parti e' tanto tangibile quanto andare a sbattere contro un palo della luce,
Oltretutto in Mongolia Interna vivono circa 5 milioni di mongoli, quindi il doppio che nella Mongolia Esterna. Se, anche per assurdo, le istanze ultranazionaliste degli Esterni dovessero vincere, ci si ritroverebbe in una situazione in cui uno stato di 2 milioni di persone dovrebbe governare una provincia - la quale verrebbe ritenuta COMUNQUE culturalmente e socialmente inferiore, dove le discriminazioni a livello educativo e di opportunita' di lavoro gia' sono annunciate in deliranti programmi politici avallati anche dagli alti ministri del governo - che ha, solo di mongoli e non contando anche i cinesi, il doppio dei suoi stessi abitanti. I pochi che pensano a questo controsenso semplicemente evitano di pensare ad una risposta.
Hohot comunque e' la citta' dove abita il mio fratello, almeno ancora per un po'.
La propaganda ovviamente dice meraviglie di questo posto: verdi colline, mucche, cavalli, cammelli, fiumi meravigliosi, vino dolcissimo e gente ovviamente tra la migliore che possa esistere sulla faccia della terra.
Ti avvicini non con gli occhi del turista - categoria idiota - ma con quella del viaggiatore - categoria piu' seria - o con quella dell'espatriato in cerca di lavoro - categoria drammaticamente seria - e ti accorgi che la realta' non e' proprio come te la descrivono.
Prati verdi zero....l'erba e' di un colore spento e malaticcio. Lo diceva anche Tiziano Terzani che rimpiangeva il verde di infinite tonalita' delle pianure laotiane o cambogiane. Qui il verde e' smorto, spento, senza vita e senza bellezza.
Cammelli zero...cavalli ce ne sono qualcuno sparso qua e la ma sono piu' animali da soma che belle creature libere e selvagge.
Fiumi meravigliosi: ce n'e' solo uno. Vedi quadri e foto bellissime che ritraggono paesaggi incantati della Mongolia, con i bei mongoli che squartano i nemici o crocifiggono i piu' deboli, con i prodi cavalieri alle loro spalle che massacrano poveri abitanti mentre qualcun'altro col forcone cerca di stanare i nemici nascosti nei covoni, assieme a pile di schiavi costretti ai lavori forzati mentre il capotribu' solleva tutto fiero il pargolo appena nato, ovviamente gia' proclamato futuro Re mentre svenevoli donne gli accarezzano il corpo vigoroso e possente. E sullo sfondo un fiume bellissimo tutto anse e pesciolini che vengono impalati dalle lance di altri guerrieri mongoli. Scene di vita quotidiana.
Le foto inquadrano altri bellissimi corsi d'acqua, anch'essi tutti anse e pesciolini.....e ti chiedi mai come in questa terra desertica e sabbiosa ci sia cosi' tanta acqua.
Poi ti accorgi che in realta' in tutti questi quadri e in tutte queste foto propagandistiche il fiume e' sempre il solito, l'unico, ma ripreso da angolazioni e punti di osservazione diversi.
Ovviamente tutti credono che questa sia la terra dei mille fiumi....
Vino dolce...mah, si...questo bisogna riconoscerlo. Il Nord e la Manciuria sono un po' il Chianti della Cina.
Gente...boh, ma si, alla fine sono un miliardo di volte migliori dei mongoli esterni. O meglio i cinesi che abitano qui almeno sorridono, fanno chiacchiera, dicono "ciao" e "grazie"....sembra di essere in paradiso dopo quasi un mese di Mongolia esterna. Comunque anche i mongoli interni son carucci: Lucio (vero nome Gereltu Chluun Baagen) era un ragazzino simpaticissimo, buono, bravo e divertente che abita col mio fratello. Anche lui dice che i suoi fratelli della Mongolia esterna sono tutte persone cattive e xenophobe. Uno che ha il cervello e lo usa per pensare, finalmente.
Hohot come Baotou offrono pochino....insieme assommano 8 milioni di abitanti (in stragrande maggioranza cinesi) ma io ho trovato solo 2 negozi di CD/DVD, un negozio di libri con letteratura internazionale (anche se molti libri mi sembrano molto meno corposi che negli originali: colpa della traduzione in cinese? O magari qualche capitolo e' stato - diciamo - alleggerito dalla censura?), non piu' di una decina di bar caffe' degni di tale nome (ma fortunatamente carini). Altrimenti e' solo una infinita serie di negozietti, spacci, sporchissimi ristorantini microscopici, ristorantoni extralusso, bordelli e squallidissimi sexy shop antidiluviani, banche e negozi di moda che vendono sempre i soliti vestiti. Le strade sono tutte uguali, ripetute all'infinito in qualsiasi direzione si posi l'occhio.
Soltanto nella mia strada, cioe' nella strada dove abita mio fratello e Lucio - una strada lunga non piu' di 600 metri - ho contato una sessantina di ristoranti, 12 bordelli modello Amstersam (magari....), 6 sexy shop, una cinquantina di piccoli supermercatini e addiruttura un negozio di videocassette vecchissime, l'unico in tutta la Mongolia interna! Tutto questo in 600 metri. Tutta la citta' e' cosi'...e tutte le citta' cinesi nel Centro-Nord della Cina sono cosi' ad eccezione di Pechino o Xi'an. Ovvio che dopo un po' viene a noia, perche' e' giusto pensare ai bisogni primari del corpo (mangiare, scopare) ma anche ai bisogni della mente ogni tanto bisognerebbe dare una regolatina.....
Comunque il soggiorno e' stato carino....e se penso che sono tornato nell'inferno xenophobo di Ulaanbaatar dove l'ostilita', il razzismo, l'odio, la maleducazione, l'insofferenza e il disprezzo verso gli stranieri si affettano come panette di burro...si, allora la piccola, sporca, tutta uguale Hohot mi manca davvero. Anche perche' in un solo giorno ho fatto piu' chiacchiere, ho ricevuto piu' sorrisi, ho conosciuto piu' persone li che in 1 mese a Ulaanbaatar.
Porca miseria, sono gia' di ritorno in Mongolia da 2 giorni e gia' mi sembra di essere tornato all'inferno. Anzi, piu' che una sensazione e' una vera e propria conferma.
venerdì 6 gennaio 2012
Saaka delle 18.30
Ed ecco l'ultima botta di sentimento negato. Saaka. American Burger. Conosciuta stamattina, attratti subito, desiderati l'un l'altra stasera. Tra 35 minuti devo partire.
La proprietaria bellissima non c'e' ma non mi preoccupo....con lei sappiamo gia' che un giorno tornero' qui a continuare il nostro gioco di seduzione.
Ma lascio questa citta' con un grande senso di rammarico. Come qualcosa che e' sempre mancato eppure era sempre li, a portata di mano.
Forse siamo solo tutti un po' timidi, da queste parti
La proprietaria bellissima non c'e' ma non mi preoccupo....con lei sappiamo gia' che un giorno tornero' qui a continuare il nostro gioco di seduzione.
Ma lascio questa citta' con un grande senso di rammarico. Come qualcosa che e' sempre mancato eppure era sempre li, a portata di mano.
Forse siamo solo tutti un po' timidi, da queste parti
giovedì 5 gennaio 2012
AB, Ulaanbaatar
E' la ragazza piu' bella del mondo, l'asiatica piu' erotica che esista sulla faccia della terra. Tutti quelli che l'hanno vista sono rimasti a bocca aperta, non credevano ai propri occhi, a tanta bellezza fatta corpo. E che corpo. Roba da notti insonni. Insonni come le mie notti nelle ultime 3 settimane qui. Da quando l'ho vista ho capito che sulla terra esistono due tipi di esseri umani: i terricoli, piccoli, insignificanti, insulsi e gli alieni, capitati qua per caso e appartenenti ad un'altra dimensione.
E' bellissima ma la bellezza da sola non basta. Parla perfettamente inglese in un paese dove nessuno lo parla, dove nessuno parla proprio. E' intelligentissima, fredda, ricca. E' la proprietaria dell' AB-American Burger, uno dei pub piu' famosi della citta'.
Tutti la vogliono, tutti la sognano. Ho portato i miei camerati ad ammirarla con la scusa di una cena, di un panino......la loro vita e' cambiata.
Eppure...fin dal primo giorno che l'ho vista l'ho sempre guardata negli occhi e lei mi guardava negli occhi. L'ho sempre seguita con lo sguardo e lei cercava il mio sguardo che la seguisse ogni volta che usciva o che faceva qualcosa.
Non so se lo fa con tutti.....io non l'ho mai vista cagare nessuno.
Stasera era li al tavolo accanto al mio a fare conti milionari come sempre. Mi ha guardato, mi ha sorriso, si voleva far desiderare, voleva sentire il mio desiderio su di lei.
E poi e' venuta al mio tavolo a sedersi, mi ha chiesto dove abito, cosa faccio qui, se ho la ragazza....non staccava il suo sguardo dal mio e io il mio dal suo. Era una prova di coraggio e ho superato la prova. Molti altri al suo cospetto arrossirebbero di vergogna.
Forse la serata avrebbe avuto una svolta diversa se una maledetta telefonata dal suo fratello ubriaco che aveva fatto un incidente non ci avesse tolto da questo gioco pericolosissimo, da questo poker milionario in cui o si vince tutto o si perde tutto.
Tra poche ore devo partire via....lei c'e' rimasta male quando glie l'ho detto...mi ha chiesto se ho intenzione di tornare qua. Le ho detto di si, ha sorriso.
Si, tornero' per te per giocare questa partita dove la posta e' altissima. E ne usciro' vincitore perche' io non ho paura di nessuno. Piu' la sfida e' alta, piu' la posta in gioco e' alta e piu' le ragazze da sogno vengono da me a propormi di giocarla, questa partita.
Grazie, solo una persona intelligente riconosce un suo simile. E ne rimane attratto. Io non ho bisogno di conquistare. Sono le donne meravigliosamente belle e intelligenti che mi cercano. Le altre, le nullita' possono anche mettersi da parte.
Tornero' e ti vincero', la partita e' appena cominciata
E' bellissima ma la bellezza da sola non basta. Parla perfettamente inglese in un paese dove nessuno lo parla, dove nessuno parla proprio. E' intelligentissima, fredda, ricca. E' la proprietaria dell' AB-American Burger, uno dei pub piu' famosi della citta'.
Tutti la vogliono, tutti la sognano. Ho portato i miei camerati ad ammirarla con la scusa di una cena, di un panino......la loro vita e' cambiata.
Eppure...fin dal primo giorno che l'ho vista l'ho sempre guardata negli occhi e lei mi guardava negli occhi. L'ho sempre seguita con lo sguardo e lei cercava il mio sguardo che la seguisse ogni volta che usciva o che faceva qualcosa.
Non so se lo fa con tutti.....io non l'ho mai vista cagare nessuno.
Stasera era li al tavolo accanto al mio a fare conti milionari come sempre. Mi ha guardato, mi ha sorriso, si voleva far desiderare, voleva sentire il mio desiderio su di lei.
E poi e' venuta al mio tavolo a sedersi, mi ha chiesto dove abito, cosa faccio qui, se ho la ragazza....non staccava il suo sguardo dal mio e io il mio dal suo. Era una prova di coraggio e ho superato la prova. Molti altri al suo cospetto arrossirebbero di vergogna.
Forse la serata avrebbe avuto una svolta diversa se una maledetta telefonata dal suo fratello ubriaco che aveva fatto un incidente non ci avesse tolto da questo gioco pericolosissimo, da questo poker milionario in cui o si vince tutto o si perde tutto.
Tra poche ore devo partire via....lei c'e' rimasta male quando glie l'ho detto...mi ha chiesto se ho intenzione di tornare qua. Le ho detto di si, ha sorriso.
Si, tornero' per te per giocare questa partita dove la posta e' altissima. E ne usciro' vincitore perche' io non ho paura di nessuno. Piu' la sfida e' alta, piu' la posta in gioco e' alta e piu' le ragazze da sogno vengono da me a propormi di giocarla, questa partita.
Grazie, solo una persona intelligente riconosce un suo simile. E ne rimane attratto. Io non ho bisogno di conquistare. Sono le donne meravigliosamente belle e intelligenti che mi cercano. Le altre, le nullita' possono anche mettersi da parte.
Tornero' e ti vincero', la partita e' appena cominciata
lunedì 2 gennaio 2012
Scritti Dal Passato - A Ulan Ude, meta' dicembre 2011
Notte in solitaria all'Hotel Buriatyia, una birra nera ed un pacchetto a farmi da compagnia. Ultime righe, ultimi pensieri prima di accantonare la Siberia nella memoria dei ricordi.
Fuori dalla finestra la valle di Ulan Ude sembra cosi' immensa: luci, macchine che corrono sulle strade ghiacciate, ogni tanto qualcuno che cammina in fretta giu' nella piazza deserta.
Sono uscito per mangiare qualcosa ed ho trovato un bel supermercatino che vende di tutto vicino a Ploshad Sovetov, la' dove gira il tram a pochi passi dalla testa di Lenin piu' grande del mondo. Oggi, passando proprio da li, l'ho salutato a pugno chiuso. Chissa' quanti ancora lo fanno, quaggiu'.
La citta' e' carina: ampli viali con palazzi neanche troppo brutti, c'e' vita e traffico, siamo nel cuore dell'Asia artica, in Buriazia, regione autonoma russa in Siberia.
Mi aspettavo di peggio: in realta' e' un posto moderno e pulitissimo, dove si trova di tutto.
Nel pomeriggio sono andato all'universita' di lingue per sentire per un posto di lavoro come insegnante: niente italiano. Solo inglese, tedesco, francese, dasvidania.
Bellissime ragazze buriate si mischiano a russe tradizionali. Chi cerca la bellezza non puo' fare a meno di venire qui. Le buriate, asiatiche dagli zigomi alti e dalla bocca piccola e carnosa tolgono il respiro talmente sono affascinanti nei loro corpi cosi' ben torniti. Con quel colbacco di pelo bianco in testa verrebbe voglia di fare l'amore con tutte quelle che passano. Molte sorridono compiaciute, io cammino sempre con lo sguardo ora a destra e ora a sinistra rischiando sempre di scivolare sul ghiaccio.
In Piazza Sovetov operai indaffarati scolpiscono bellissime statue di ghiaccio: chi con lo scalpello rifinisce dettagli di dragoni, chi ne riempie gli occhi con monetine, chi taglia enormi blocchi con la motosega e chi col pennello dipinge i tratti del disegno da tirar fuori da questo bel ghiaccio durissimo, dai riflessi a volte blu a volte persino verdi dai quali si puo' vedere attraverso talmente e' puro.
Un sole caldo e accogliente rende questo angolo di citta' cosi' vivo, cosi' accogliente, pieno di movimento. Sono stato un paio d'ore a guardare questi lavori col ghiaccio: una fontana, fiori, castelli, persino uno scivolo per far divertire i bambini e le staccionate che circondano gli alberi sono in ghiaccio.
La testa di Lenin guarda severa e silenziosa tutte queste belle persone: studenti, vecchini, giovani ubriachi. Una signora anziana mi ha rimproverato perche' sedevo coi piedi sulla panchina; occhi a mandorla di giovani ragazze scrutano divertite dalla figura di questo straniero che se ne va in giro a giubbotto aperto ed io le osservo a bocca aperta camminare dritte e sicure avvolte nelle loro pellicce di ermellino bianco, bianco come la loro eroticissima shapka che le rende ancor piu' belle, spaventosamente belle.
Fuori dalla finestra la valle di Ulan Ude sembra cosi' immensa: luci, macchine che corrono sulle strade ghiacciate, ogni tanto qualcuno che cammina in fretta giu' nella piazza deserta.
Sono uscito per mangiare qualcosa ed ho trovato un bel supermercatino che vende di tutto vicino a Ploshad Sovetov, la' dove gira il tram a pochi passi dalla testa di Lenin piu' grande del mondo. Oggi, passando proprio da li, l'ho salutato a pugno chiuso. Chissa' quanti ancora lo fanno, quaggiu'.
La citta' e' carina: ampli viali con palazzi neanche troppo brutti, c'e' vita e traffico, siamo nel cuore dell'Asia artica, in Buriazia, regione autonoma russa in Siberia.
Mi aspettavo di peggio: in realta' e' un posto moderno e pulitissimo, dove si trova di tutto.
Nel pomeriggio sono andato all'universita' di lingue per sentire per un posto di lavoro come insegnante: niente italiano. Solo inglese, tedesco, francese, dasvidania.
Bellissime ragazze buriate si mischiano a russe tradizionali. Chi cerca la bellezza non puo' fare a meno di venire qui. Le buriate, asiatiche dagli zigomi alti e dalla bocca piccola e carnosa tolgono il respiro talmente sono affascinanti nei loro corpi cosi' ben torniti. Con quel colbacco di pelo bianco in testa verrebbe voglia di fare l'amore con tutte quelle che passano. Molte sorridono compiaciute, io cammino sempre con lo sguardo ora a destra e ora a sinistra rischiando sempre di scivolare sul ghiaccio.
In Piazza Sovetov operai indaffarati scolpiscono bellissime statue di ghiaccio: chi con lo scalpello rifinisce dettagli di dragoni, chi ne riempie gli occhi con monetine, chi taglia enormi blocchi con la motosega e chi col pennello dipinge i tratti del disegno da tirar fuori da questo bel ghiaccio durissimo, dai riflessi a volte blu a volte persino verdi dai quali si puo' vedere attraverso talmente e' puro.
Un sole caldo e accogliente rende questo angolo di citta' cosi' vivo, cosi' accogliente, pieno di movimento. Sono stato un paio d'ore a guardare questi lavori col ghiaccio: una fontana, fiori, castelli, persino uno scivolo per far divertire i bambini e le staccionate che circondano gli alberi sono in ghiaccio.
La testa di Lenin guarda severa e silenziosa tutte queste belle persone: studenti, vecchini, giovani ubriachi. Una signora anziana mi ha rimproverato perche' sedevo coi piedi sulla panchina; occhi a mandorla di giovani ragazze scrutano divertite dalla figura di questo straniero che se ne va in giro a giubbotto aperto ed io le osservo a bocca aperta camminare dritte e sicure avvolte nelle loro pellicce di ermellino bianco, bianco come la loro eroticissima shapka che le rende ancor piu' belle, spaventosamente belle.
Pranzo in una yurta: la mia prima yurta. Zuppa di spaghetti con pezzi di manzo, quattro grossi ravioloni detti buuz ripieni di carne, birra e caffe', solo in mezzo a decine d'altra gente. E' incredibile come da fuori questa yurta sembri cosi' piccola e dentro ci stanno tranquillamente almeno 55 persone a sedere soltanto lungo tutta la circonferenza della tenda.
L'entrata e' bassa, nella classica porta in legno intarsiato e multicolore, la stufa posta al centro col lungo tubo che va su dritto fino al buco in cima e tutto attorno, in cerchio tavoli per mangiare. C'e' persino lo stereo e gli altoparlanti, attaccapanni e poster pubblicitari. Un frigorifero e un bel bancone bar offrono tante buone cose.
Chi dice che le yurte sono sinonimo di arretratezza e incivilta' ?
Io ci abiterei qui dentro per tutta la vita.
Il Grande Orso che dorme - Avventure in Transiberiana (pt. 9). Fine del viaggio
Gli ultimi due giorni, dopo che Tania se ne e' andata via, sono stati tristi. Non e' bastata la compagnia di Stefan e i suoi sforzi per farmi riguadagnare la fiducia perduta di Katia a tirarmi fuori da una situazione di torpore in cui mi stavo chiudendo sempre di piu'. Non lo so perche' mi sentivo cosi'...non stavo ne' bene ne' male, mi sembrava soltanto di far parte ormai di questo paesaggio che scorreva silenzioso e impassibile al di la' del finestrino. Chiuso nel mio ufficio, separato dal resto del mondo dalla coperta che penzolava dal mio letto sopra, mi alzavo giusto per fumare una sigaretta e bere te' sempre piu' sporadici.
Stefan mi faceva compagnia e la sua compagnia mi faceva piacere. Mi ha raccontato la sua storia, i drammi di giovani che vivono nelle fogne di San Pietroburgo e Mosca devastati da una droga micidiale, il Krokodil che distrugge la pelle. Di suo fratello che stava per lasciarci le penne una ventina di anni fa e lui che decide di mettersi al servizio del recupero di questi giovani. Una storia non semplice, drammatica condita da immagini video che aveva girato qualche tempo prima per le fogne della citta' alla scoperta di mondi sotterranei fatti di devastazione fisica e mentale, di cadaveri che galleggiano nella melma, di orrori che per fortuna il nostro occidente, forse, ancora non conosce.
Da quando ho dato il via alla "rivoluzione sessuale" sul vagone numero 15 implicitamente ho dato anche il via libera al giovane soldato buriato di frequentare sempre piu' spesso Katia nella sua cabina, nelle ore in cui tutti dormono.
Eppure lei in qualche modo e' ancora attratta da me, non so perche', forse la figura del viaggiatore solitario ha sempre un certo fascino anche se quella del giovane soldato bello e gentile ha anch'essa una certa attrattiva.
Ho scritto una lunga lettera per lei e glie l'ho consegnata: ha voluto che glie la leggessi davanti a lei. Poi, con Stefan la penultima sera e' stata tanto tempo a parlare di me. Stefan mi ha detto che le interesso tantissimo.
In un punto imprecisato tra Krasnoyarsk e Irkutsk sono saliti dei tartari loschissimi, tutti scuri e vestiti di nero e si sono sistemati la in fondo al vagone, dove ero solito mettermi a guardare il panorama dal finestrino. Tipi strani, sempre tra di loro e dalle facce poco raccomandabili.
Per una serie di casi avevo perso l'accendino e mi ritrovavo sempre a chiederlo a loro...me lo davano, io accendevo in fretta la sigaretta e attraversavo la porta velocemente prima che il fumo stagnasse dentro la carrozza. Dopo un po' non c'era neanche piu' bisogno di chiedermelo, me lo davano automaticamente ogni volta che passavo di la. A loro modo erano gentili, forse qualche cosa univa i nostri destini: timidi o diversi da tutti gli altri eravamo comunque quelli che meno avevano a che fare con tutti quei russi bianchi, caucasici che popolavano il vagone.
A Irkutsk sono sceso con Stefan...dapprima da solo, senza giubbotto sono corso fino al chioschetto a comprare un accendino e dell'acqua, attraversando tutti i binari e il piazzale ghiacciato. La gente non credeva ai propri occhi, erano tutti infreddoliti e ricoperti fino alla punta dei capelli ed io senza giubbotto, in maglia a -40. Me la prendevo calma, volevo far vedere a Katia e al giovane soldato che ero piu' forte e tosto di chiunque altro. No, non ho sentito freddo, forse non provo piu' emozioni.
Mi hanno salutato, li sotto il treno....il giovane soldato mi sorrideva, Katia mi chiamava "bravo ragazzo" ed insieme a loro ho tagliato un pezzo di corda trovato li per terra per legare i pantaloni di cui avevo perso il bottone. Risate....per un attimo ho ritrovato il buonumore.
Mancavano ancora una ventina di minuti prima che il treno ripartisse. Ho chiesto a Stefan di accompagnarmi fuori dalla stazione per comprare una cosa. Siamo usciti, lui si e' diretto subito verso una serie di stradine sterrate tutte ghiacciate, dove piccole casine in legno colorato si perdevano in una misteriosa tristezza di insegne, negozietti, locande chiuse e ristorantini. Vista cosi', Irkutsk mi e' sembrata carina. Con lui ho comprato un cellulare russo della Samsung a 8 euro. Mi serviva per mandare i messaggi in cirillico a Tania visto che lei non sa altra lingua.
Le ultime ore di viaggio sono state difficili: nel mio piccolo ufficio continuavo ad osservare silenzioso il panorama selvaggio di questi posti remoti. Katia passava su e giu piu' indaffarata del solito: c'era da risistemare tutto, mettere tutto a posto, pulire il treno. Il viaggio finiva per tutti a Ulan Ude.
Rabbia, silenzio, rimpianti me la facevano guardare con una sorta di indifferenza mentre ricordi dolorosi ed indimenticabili di Tatiana si mischiavano in questa favola ormai giunta quasi alla fine. Chiuso in me stesso lasciavo soltanto che il treno arrivasse alla sua ultima fermata.
Il piccolo mondo nel quale ho vissuto per 5 indimenticabili giorni si era piano piano modificato: via Tania, via Stefan, via i Tartari e il mio amico silenzioso eravamo rimasti in pochi degli iniziali compagni di avventura. Il soldato, purtroppo, era ancora uno di questi.
Non so, ormai non provo piu' neanche gelosia. E' stupido pensarlo perche', fatti due conti, e' naturale che avesse dovuto finire cosi'. L'ultima ora l'ha dedicata solo a lei, cercava di andare a trovarla nel suo piccolo scompartimento dei capitreno ma Irene, quell'antipatica collega gli negava sempre l'accesso. Lui tornava dai suoi commilitoni con la testa bassa ma ritornava e ci riprovava ancora. Si, era veramente innamorato di lei e quel volto giovane, bello, da ragazzino buriato alto e magro faceva tenerezza. Si, forse alla fine anche io ho sperato che questo viaggio finisse bene per loro due: lui timido, educato, rendera' felice una bella, povera, dura lavoratrice delle ferrovie. Forse e' giusto cosi'. Ha il sapore della bella favola. Ed il principe azzurro questa volta esiste veramente: quando ha capito che era impossibile stare con lei negli ultimi kilometri di viaggio ha allora deciso di presentarsi all'arrivo nel migliore dei modi possibili.
Con cura maniacale ha pulito i suoi stivali e la sua uniforme da soldato. Lunga fino alle caviglie, nera di astrakhan legata stretta ai fianchi da una enorme cintura in cuoio con fibbia d'argento dell'esercito. Fondina della pistola, guanti di ermellino, stivali luccicanti con pellicciotto, un enorme colbacco nero lucente. Era bellissimo. Non c'e' invidia, non c'e' rancore: ho vissuto in diretta la bella favola del principe azzurro e della povera cenerentola. Sono io che ne esco con le ossa rotte ma io non saro' mai un principe azzurro ne chissa' cos'altro, sono solo un semplice vagabondo, un Don Chisciotte che ancora si meraviglia e si stupisce di questo mondo incredibile.
Tutto diventa ricordo e si ritorna alla realta'. Che per molti di loro sara' un nuovo viaggio: non per turismo, non per divertimento, non per curiosita' ne' per noia ma semplicemente per vivere, per lavorare, per necessita'. Ed altri piccoli mondi si ricreeranno ancora: e forse altri nuovi principi azzurri e cavalieri erranti saranno tra i passeggeri della carrozza numero 15.
Alla fine il treno sara' ripulito, le coperte riarrotolate e il ghiaccio spaccato via dalle ganasce dei freni per l'ultima volta. Poi l'acqua tornera' di nuovo a bollire e nuove persone prenderanno posto nel ritorno verso Mosca.
Ho ritrovato un altro foglietto scritto poche ore prima di lasciare definitivamente il treno, lo inserisco qui perche' voglio che rimanga anche questo nella memoria.
Dice cosi':
Cosi' e' la vita e sono fortunato che la mia scorra cosi',
Ulan Ude, ultima fermata della mia Transiberiana. Qui finisce il mio diario anche se il viaggio e' cominciato molto prima e finira' tra molto tempo ancora. Non ho parlato delle mie 5 settimane ad Helsinki dal mio caro amico Filippo e di tutti i casini che gli ho sicuramente combinato. E' curioso come certi nomi ricorrano spesso: tra qualche tempo incontrero' un altro Filippo, mio fratello, in Cina. Di Katie ne ho gia' incontrate abbastanza negli ultimi anni. Non ho raccontato della settimana di viaggio per raggiungere la Finlandia in treno partendo da Prato e passando dalla Lapponia.
L'estate e' lunga ad arrivare e con essa il lavoro alla Nazione: il tempo lo dovro' pur passare in qualche modo. Ma il mio diario finisce qui, quello che succedera' oltre il confine saranno affari miei e non so se ne raccontero' qualcosa. In Cina chissa' quale sorpresa mi organizzera' il mio fratello questa volta: magari mi avvelenera' o riuscira' finalmente a farmi arrestare.
Non lo so, la vita e' bella perche' viaggiando non si sa mai cosa puo' succedere. A volte non si sa neanche dove si va. Si va e basta, avanti, avanti, prima o poi troveremo quello che si cerca.
Chiudo qui. Volevo raccontare la Transiberiana da un punto di vista diverso, viaggiando in terza classe perche' come diceva quel simpatico sudicione inglese su alla Kuvataidetinakatemia di Helsinki, cosi' si e' piu' a contatto con la gente vera.
Dovevo trovare un modo per passare il tempo sul treno e ne ho trovati tanti.
Ho chiesto soltanto una condizione prima che il treno ripartisse per il lungo viaggio di ritorno verso Mosca: che nel piccolo ufficio letto numero 45, carrozza numero 15 due piccoli palloncini, uno giallo col sorriso ed uno rosso a forma di cuore possano tornare indietro fino a Krasnoyarsk senza pagare il biglietto.
A volte penso proprio di essere un ragazzo fortunato.
Stefan mi faceva compagnia e la sua compagnia mi faceva piacere. Mi ha raccontato la sua storia, i drammi di giovani che vivono nelle fogne di San Pietroburgo e Mosca devastati da una droga micidiale, il Krokodil che distrugge la pelle. Di suo fratello che stava per lasciarci le penne una ventina di anni fa e lui che decide di mettersi al servizio del recupero di questi giovani. Una storia non semplice, drammatica condita da immagini video che aveva girato qualche tempo prima per le fogne della citta' alla scoperta di mondi sotterranei fatti di devastazione fisica e mentale, di cadaveri che galleggiano nella melma, di orrori che per fortuna il nostro occidente, forse, ancora non conosce.
Da quando ho dato il via alla "rivoluzione sessuale" sul vagone numero 15 implicitamente ho dato anche il via libera al giovane soldato buriato di frequentare sempre piu' spesso Katia nella sua cabina, nelle ore in cui tutti dormono.
Eppure lei in qualche modo e' ancora attratta da me, non so perche', forse la figura del viaggiatore solitario ha sempre un certo fascino anche se quella del giovane soldato bello e gentile ha anch'essa una certa attrattiva.
Ho scritto una lunga lettera per lei e glie l'ho consegnata: ha voluto che glie la leggessi davanti a lei. Poi, con Stefan la penultima sera e' stata tanto tempo a parlare di me. Stefan mi ha detto che le interesso tantissimo.
In un punto imprecisato tra Krasnoyarsk e Irkutsk sono saliti dei tartari loschissimi, tutti scuri e vestiti di nero e si sono sistemati la in fondo al vagone, dove ero solito mettermi a guardare il panorama dal finestrino. Tipi strani, sempre tra di loro e dalle facce poco raccomandabili.
Per una serie di casi avevo perso l'accendino e mi ritrovavo sempre a chiederlo a loro...me lo davano, io accendevo in fretta la sigaretta e attraversavo la porta velocemente prima che il fumo stagnasse dentro la carrozza. Dopo un po' non c'era neanche piu' bisogno di chiedermelo, me lo davano automaticamente ogni volta che passavo di la. A loro modo erano gentili, forse qualche cosa univa i nostri destini: timidi o diversi da tutti gli altri eravamo comunque quelli che meno avevano a che fare con tutti quei russi bianchi, caucasici che popolavano il vagone.
A Irkutsk sono sceso con Stefan...dapprima da solo, senza giubbotto sono corso fino al chioschetto a comprare un accendino e dell'acqua, attraversando tutti i binari e il piazzale ghiacciato. La gente non credeva ai propri occhi, erano tutti infreddoliti e ricoperti fino alla punta dei capelli ed io senza giubbotto, in maglia a -40. Me la prendevo calma, volevo far vedere a Katia e al giovane soldato che ero piu' forte e tosto di chiunque altro. No, non ho sentito freddo, forse non provo piu' emozioni.
Mi hanno salutato, li sotto il treno....il giovane soldato mi sorrideva, Katia mi chiamava "bravo ragazzo" ed insieme a loro ho tagliato un pezzo di corda trovato li per terra per legare i pantaloni di cui avevo perso il bottone. Risate....per un attimo ho ritrovato il buonumore.
Mancavano ancora una ventina di minuti prima che il treno ripartisse. Ho chiesto a Stefan di accompagnarmi fuori dalla stazione per comprare una cosa. Siamo usciti, lui si e' diretto subito verso una serie di stradine sterrate tutte ghiacciate, dove piccole casine in legno colorato si perdevano in una misteriosa tristezza di insegne, negozietti, locande chiuse e ristorantini. Vista cosi', Irkutsk mi e' sembrata carina. Con lui ho comprato un cellulare russo della Samsung a 8 euro. Mi serviva per mandare i messaggi in cirillico a Tania visto che lei non sa altra lingua.
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Le ultime ore di viaggio sono state difficili: nel mio piccolo ufficio continuavo ad osservare silenzioso il panorama selvaggio di questi posti remoti. Katia passava su e giu piu' indaffarata del solito: c'era da risistemare tutto, mettere tutto a posto, pulire il treno. Il viaggio finiva per tutti a Ulan Ude.
Rabbia, silenzio, rimpianti me la facevano guardare con una sorta di indifferenza mentre ricordi dolorosi ed indimenticabili di Tatiana si mischiavano in questa favola ormai giunta quasi alla fine. Chiuso in me stesso lasciavo soltanto che il treno arrivasse alla sua ultima fermata.
Il piccolo mondo nel quale ho vissuto per 5 indimenticabili giorni si era piano piano modificato: via Tania, via Stefan, via i Tartari e il mio amico silenzioso eravamo rimasti in pochi degli iniziali compagni di avventura. Il soldato, purtroppo, era ancora uno di questi.
Non so, ormai non provo piu' neanche gelosia. E' stupido pensarlo perche', fatti due conti, e' naturale che avesse dovuto finire cosi'. L'ultima ora l'ha dedicata solo a lei, cercava di andare a trovarla nel suo piccolo scompartimento dei capitreno ma Irene, quell'antipatica collega gli negava sempre l'accesso. Lui tornava dai suoi commilitoni con la testa bassa ma ritornava e ci riprovava ancora. Si, era veramente innamorato di lei e quel volto giovane, bello, da ragazzino buriato alto e magro faceva tenerezza. Si, forse alla fine anche io ho sperato che questo viaggio finisse bene per loro due: lui timido, educato, rendera' felice una bella, povera, dura lavoratrice delle ferrovie. Forse e' giusto cosi'. Ha il sapore della bella favola. Ed il principe azzurro questa volta esiste veramente: quando ha capito che era impossibile stare con lei negli ultimi kilometri di viaggio ha allora deciso di presentarsi all'arrivo nel migliore dei modi possibili.
Con cura maniacale ha pulito i suoi stivali e la sua uniforme da soldato. Lunga fino alle caviglie, nera di astrakhan legata stretta ai fianchi da una enorme cintura in cuoio con fibbia d'argento dell'esercito. Fondina della pistola, guanti di ermellino, stivali luccicanti con pellicciotto, un enorme colbacco nero lucente. Era bellissimo. Non c'e' invidia, non c'e' rancore: ho vissuto in diretta la bella favola del principe azzurro e della povera cenerentola. Sono io che ne esco con le ossa rotte ma io non saro' mai un principe azzurro ne chissa' cos'altro, sono solo un semplice vagabondo, un Don Chisciotte che ancora si meraviglia e si stupisce di questo mondo incredibile.
Nel suo piccolo la favola ha avuto tutti i personaggi di una favola ed adesso si e' conclusa.
Katia alla fine e' venuta li da me, con rabbia e mi ha chiesto la mia email, me lo ha detto in inglese, forse ha cercato su internet per vedere come si dice o glie lo ha detto Stefan prima di andare via.
Questo veramente mi fa capire quanto avrebbe desiderato conoscermi ed io l'ho solo delusa.
Quando siamo sfilati tutti davanti a lei mi ha salutato con un dolcissimo "Ciao" in italiano: e' stata la prima parola che gli avevo insegnato quando ci siamo conosciuti, all'inizio di questa avventura...quelli dietro di me, tutti, nessuno escluso, le hanno domandato cosa significasse, tutti erano felici, tutti hanno vissuto e sapevano di questo nostro impossibile amore. I russi sono gran brava gente, tutti nel vagone numero 15 speravano in un happy end anche per me. Non bello come quello del soldato ma alla fine anche io ho trovato Tania.
In 5 giorni quel vagone era diventato il nostro mondo separato dal resto del mondo, un gruppo di gente diversa tra loro ha assistito per 5 giorni alle grandi e piccole miserie della vita: amori, odi, passioni, gelosie, segreti, confessioni, silenzi...e la fine di ogni lungo viaggio e' sempre anche la fine di un piccolo mondo.
Katia alla fine e' venuta li da me, con rabbia e mi ha chiesto la mia email, me lo ha detto in inglese, forse ha cercato su internet per vedere come si dice o glie lo ha detto Stefan prima di andare via.
Questo veramente mi fa capire quanto avrebbe desiderato conoscermi ed io l'ho solo delusa.
Quando siamo sfilati tutti davanti a lei mi ha salutato con un dolcissimo "Ciao" in italiano: e' stata la prima parola che gli avevo insegnato quando ci siamo conosciuti, all'inizio di questa avventura...quelli dietro di me, tutti, nessuno escluso, le hanno domandato cosa significasse, tutti erano felici, tutti hanno vissuto e sapevano di questo nostro impossibile amore. I russi sono gran brava gente, tutti nel vagone numero 15 speravano in un happy end anche per me. Non bello come quello del soldato ma alla fine anche io ho trovato Tania.
In 5 giorni quel vagone era diventato il nostro mondo separato dal resto del mondo, un gruppo di gente diversa tra loro ha assistito per 5 giorni alle grandi e piccole miserie della vita: amori, odi, passioni, gelosie, segreti, confessioni, silenzi...e la fine di ogni lungo viaggio e' sempre anche la fine di un piccolo mondo.
Tutto diventa ricordo e si ritorna alla realta'. Che per molti di loro sara' un nuovo viaggio: non per turismo, non per divertimento, non per curiosita' ne' per noia ma semplicemente per vivere, per lavorare, per necessita'. Ed altri piccoli mondi si ricreeranno ancora: e forse altri nuovi principi azzurri e cavalieri erranti saranno tra i passeggeri della carrozza numero 15.
Alla fine il treno sara' ripulito, le coperte riarrotolate e il ghiaccio spaccato via dalle ganasce dei freni per l'ultima volta. Poi l'acqua tornera' di nuovo a bollire e nuove persone prenderanno posto nel ritorno verso Mosca.
Ho ritrovato un altro foglietto scritto poche ore prima di lasciare definitivamente il treno, lo inserisco qui perche' voglio che rimanga anche questo nella memoria.
Dice cosi':
Adesso guardo le acque argentee del Lago Bajkal, illuminato - che bello - da una luna piena come il volto di Katia. Ricordi, sorrisi, saluti, lacrime, mani che salutano ed alcune parole di russo sono stati i veri protagonisti di questo viaggio assieme a tutti i personaggi che hanno animato questo piccolo, bel teatrino: Katia, Tania, Stefan, il giovane soldato buriato, il silenzioso mio primo compagno, Adolf Hitler, l'antipatica collega di Katia, la vecchina che ci aveva offerto una cabina per fare l'amore, i tartari scuri ed inquietanti che non hanno mai detto una parola ma mi hanno salutato tutti e tutti gli altri tovarish di cui non sapro' mai il nome o la razza, che lavoro fanno e di dove sono ma ai quali auguro veramente a tutti una vita felice.
Sono contento di averlo fatto ed adesso, che ormai sono quasi arrivato ad Ulan Ude sento di non aver piu' ne' rimpianti ne' rimorsi e tutto piano piano si stemperera' in un mare di bei ricordi.
Sono contento di averlo fatto ed adesso, che ormai sono quasi arrivato ad Ulan Ude sento di non aver piu' ne' rimpianti ne' rimorsi e tutto piano piano si stemperera' in un mare di bei ricordi.
Cosi' e' la vita e sono fortunato che la mia scorra cosi',
lontana e diritta come questa bella ferrovia.
Spasiba, grande Orso che dorme.
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Ulan Ude, ultima fermata della mia Transiberiana. Qui finisce il mio diario anche se il viaggio e' cominciato molto prima e finira' tra molto tempo ancora. Non ho parlato delle mie 5 settimane ad Helsinki dal mio caro amico Filippo e di tutti i casini che gli ho sicuramente combinato. E' curioso come certi nomi ricorrano spesso: tra qualche tempo incontrero' un altro Filippo, mio fratello, in Cina. Di Katie ne ho gia' incontrate abbastanza negli ultimi anni. Non ho raccontato della settimana di viaggio per raggiungere la Finlandia in treno partendo da Prato e passando dalla Lapponia.
L'estate e' lunga ad arrivare e con essa il lavoro alla Nazione: il tempo lo dovro' pur passare in qualche modo. Ma il mio diario finisce qui, quello che succedera' oltre il confine saranno affari miei e non so se ne raccontero' qualcosa. In Cina chissa' quale sorpresa mi organizzera' il mio fratello questa volta: magari mi avvelenera' o riuscira' finalmente a farmi arrestare.
Non lo so, la vita e' bella perche' viaggiando non si sa mai cosa puo' succedere. A volte non si sa neanche dove si va. Si va e basta, avanti, avanti, prima o poi troveremo quello che si cerca.
Chiudo qui. Volevo raccontare la Transiberiana da un punto di vista diverso, viaggiando in terza classe perche' come diceva quel simpatico sudicione inglese su alla Kuvataidetinakatemia di Helsinki, cosi' si e' piu' a contatto con la gente vera.
Dovevo trovare un modo per passare il tempo sul treno e ne ho trovati tanti.
Ho chiesto soltanto una condizione prima che il treno ripartisse per il lungo viaggio di ritorno verso Mosca: che nel piccolo ufficio letto numero 45, carrozza numero 15 due piccoli palloncini, uno giallo col sorriso ed uno rosso a forma di cuore possano tornare indietro fino a Krasnoyarsk senza pagare il biglietto.
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Qui a Ulan Ude finisce questa bella favola, in una splendida giornata di sole. Tra poche ore l'autobus mi portera' in Mongolia. E' il 15 dicembre , siamo nella Siberia meridionale. La temperatura e' di -15 gradi, fa caldo e si sta bene. Sono circondato da splendide ragazze buriate.
Mi tolgo il giubbotto, mi accendo una sigaretta e faccio un giro cosi', in maglia ed in piena liberta' raccogliendo tante monetine che trovo sull'asfalto ghiacciato. La gente non crede ai propri occhi. C'e' un grande muro a vetri davanti al quale mi fermo a guardarmi.
Mi tolgo il giubbotto, mi accendo una sigaretta e faccio un giro cosi', in maglia ed in piena liberta' raccogliendo tante monetine che trovo sull'asfalto ghiacciato. La gente non crede ai propri occhi. C'e' un grande muro a vetri davanti al quale mi fermo a guardarmi.
A volte penso proprio di essere un ragazzo fortunato.
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Il Grande Orso che dorme - Avventure in Transiberiana (pt. 8). Tania sul quindicesimo vagone
Quanto sto per scrivere ha il sapore della favola amara, una favola tanto dolce ed intensa quanto disperata, senza futuro.
Tania, sul quindicesimo vagone c'e' salita a Ekaterinenburg, la notte tra il secondo e il terzo giorno.
Faceva parte di un gruppo di affaristi della Amway, una compagnia americana di non so cosa con filiale in Russia. Il suo gruppo stava andando a Krasnoyarsk ed era composto da una quindicina di persone. C'era Tania, il cui vero nome e' Tatiana, poi Katia (Katiusha), Natasha, un'altra bionda popputa ed altri, tra cui un simpatico tipo che sembrava Adolf Hitler.
Voglio subito dire una cosa per togliermi il pensiero, un certo sassolino nella scarpa. Natasha e Katiusha sono giovanissime, io penso che Katiusha non abbia neanche 18 anni. L'altra, forse, poco piu'.
Bellissime, di una bellezza semplicemente perfetta, il sogno erotico di qualsiasi essere umano messe li' in calzamaglia e maglietta senza reggiseno per tutto il viaggio. Senza dire una parola, senza un sorriso, senza un moto di umanita' che le rendesse simili a qualsiasi altra persona piuttosto che a quel ruolo di belle statuine senza vita che dovevano rappresentare. Forse erano PR, forse semplicemente le solite puttanelle che ogni gruppo di affari porta con se quando va a firmare un contratto con altre compagnie. Premi, facilitazioni, merce di scambio, chissa'.
Non ho molto altro da dire su di loro: non parlavano ma bevevano tanto con risultati deprimenti come al solito. Una bottiglia di birra bastava per farle andare di fuori.
I russi sono strani: si scolano una bottiglia di vodka in pochi secondi senza andare in coma etilico e poi bastano 2 lattine di birra da 66 cl che si trovano nei supermercati per far perdere loro completamente il capo. E bevevano, e bevevano e poi senza dire una parola tornavano a smaltire la sbornia solitaria nelle loro cuccette, attaccate perennemente al cellulare o semplicemente a guardare nel vuoto.
Ieri mattina il mio compagno di viaggio russo che dormiva sotto di me era arrivato a destinazione e quindi in fretta e furia ho trasformato il suo giaciglio in un piu' utile tavolino con sedie, il mio piccolo ufficio. Basta poco: si ribalta il cuscino centrale che diventa un tavolino mentre le sponde laterali del letto tornano ad essere dei comodi seggiolini. Per fortuna nessuno aveva prenotato quel posto e ben presto l'hofatto diventare mio, trasformandolo nel mio ufficio, nel mio meeting point dove ricevo ospiti e faccio colazione, pranzo, cena, scrivo e ascolto musica sul computer, chiacchiero con Stefan che viene sempre a trovarmi. Alla fine era diventato pure la mia alcova.
Ma andiamo per ordine.
Innanzitutto vorrei salutare e ringraziare il mio primo compagno di viaggio, un signore russo di cui non ho mai saputo il nome ne' altro...silenzioso, appartato, gentile. Mi ha aiutato fin dall'inizio a preparare il letto, sistemare le valigie, usare il boiler dell'acqua calda, a fare la spesa alle stazioni che trovavamo lungo la strada. Mi ha offerto cibo e sorrisi. Il tutto senza neanche dirci una parola, solo a gesti.
L'ho sempre visto solo e silenzioso, senza mai legare con nessuno, con lo sguardo sempre triste. Ha fumato una sola sigaretta in 2 giorni e bevuto tantissimo te'.
Alla fine una semplice stretta di mano, un "piacere di averti conosciuto" un po' affrettato e timido e via. Era un brav'uomo.
Per fortuna nella cuccetta dopo la mia c'e' Stefan che parla inglese, un omone grosso con la barba, senza una falange al dito indice della mano destra, missionario di Cristo per aiutare i giovani con problemi di alcol e droga.
Parliamo molto anche perche' e' l'unico che parla inglese.
A Krasnoyarsk e' salito questo gruppo d'affari della Amway, facendo un casino incredibile: i tipici arrivati che pensano di fare i padroni solo perche' sono piu' ricchi e importanti di altri ma poi viaggiano in terza classe come tutti i poveracci. Non e' tutto oro quello che luccica. Hanno stappato una bottiglia di spumante la prima notte per festeggiare non so cosa.
Hanno messo dei palloncini gialli col sorriso ed altri a forma di cuore ad ingombrare il corridoio. Li ha portati Tatiana.
La prima volta che l'ho vista era nella zona fumatori, tra carrozza e carrozza, in calzamaglia e mutande in vista, seno enorme, capelli corti alla francese, chiacchierona fin da subito. Mi ha immediatamente preso di mira fin dalla prima sigaretta. Non parla una parola di inglese ma non riesce mai a tenere la bocca chiusa.
La mattina dopo si e' seduta sul letto davanti al mio tavolino-ufficio mentre stavo facendo colazione con Stefan. Il tempo era veramente bello.
Comincia a chiacchierare, io non avevo nessuna voglia di parlare, troppo triste per via di Katya, ero veramente giu' di morale e nessunissima voglia di proseguire il viaggio. Anzi, se possibile volevo scendere e tornare subito indietro.
Stefan si offre di fare da interprete ed io a monosillabi mi limito giusto a rispondere controvoglia alle sue domande.
Tanya mi incitava ad essere piu' espansivo perche' gli italiani sono piu' chiacchieroni - e meno male che i russi dovrebbero essere riservati! - e per un po' si va avanti cosi', con lei che mi parlava, parlava, parlava ed il povero Stefan a tradurre domande e risposte ed io che volevo solo trovare un po' di pace per scrivere il mio testamento.
Non gli nascondevo il fatto che era una gran rompicoglioni e, davanti a lei, incitavo Stefan, che e' un brav'uomo, ad andarsene via. Senza di lui la conversazione non sarebbe certo proseguita. Nel frattempo anche Katyusha e Natasha si erano avvicinate per osservare, in silenzio, la scena.
Finalmente Stefan torna dalla sua donna, rimaniamo solo io e Tanya che continua a parlarmi ed anzi, ora mi si siede proprio di fronte. Era una bellissima giornata di sole, calda, con un cielo azzurro che illuminava un paesaggio incantato nella sua infinita monotonia, con betulle dai tronchi bianchi e campi a perdita d'occhio. La Siberia in inverno ha un fascino triste ed attraente che cattura piano piano.
E piano piano la conversazione con Tania, seppure a gesti, comincia a farsi vivace, lei curiosissima frugava tra tutte le mie cose, non stava ferma un secondo. Caffe', te', sigaretta, era un vero ciclone che mi stava buttando tutto all'aria il mio povero ufficio. Eppure era simpatica. Stavo cominciando piano piano a lasciarmi catturare dalla sua travolgente simpatia, dalla sua voglia di ridere e di scherzare, col sorriso come quello dei palloncini che aveva portato con se, coi suoi occhi russi color verde grigio un po' tristi che contrastavano con quella sua natura cosi' vivace.
La verita' e' che stavamo cominciando ad innamorarci l'uno dell'altro senza accorgercene, con sguardi muti sempre piu' frequenti, silenzi improvvisi in cui ci fissavamo negli occhi sempre piu' intensamente sentendo solo il nostro respiro, sorrisi che nascevano insieme, una voglia sempre piu' incontrollabile di....di tirare fuori tutti i nostri sentimenti e buttarli li sul tavolo assieme a tutte le altre cose.
Penso che mai prima d'ora abbia mai detto certe mie cose private come ho detto solo a lei: parlavamo in modo cosi' sincero, diretto, come deve essere, come ho fatto con lei. E' stata lei a tirarmele fuori quelle cose, naturalmente, piano piano.
Mi sono sentito a mio agio, godevo anche io di quella splendida giornata di sole assieme a lei. Quel nostro piccolo spazio sotto il mio letto era diventato il nostro mondo, c'eravamo solo io e lei e mi sembrava che tutta la carrozza avesse acquisito improvvisamente una nuova vampata di vita grazie a noi, al casino che facevamo, alle nostre risate, alla sua incredibile voglia di scherzare, ridere, di essere felici.
Spesso uscivamo dal vagone per andare a fumarci una sigaretta ed ogni volta lei mi metteva la coperta di lana addosso, io a lei, a volte una sola per tutti e due, ci scambiavamo le sigarette e boccate di fumo, i primi timidi abbracci per riscaldarci.
E le nostre labbra di avvicinavan sempre di piu'. Ancora addosso mi sento il suo buon profumo. Penso che il primo bacio sia arrivato attorno all'ottava sigaretta, li da soli, io e lei nel freddo che penetrava dappertutto.
E' sempre la solita storia di due persone sole che si incontrano per caso. La sua non e' migliore della mia. Ci sono persone tanto sole nel mondo che cercano solo un sorriso. Qualcuno si porta con se' tanti simpatici palloncini gialli.
Carrozza ristorante. Il sole sta' calando. Ricordo lei che balla davanti a tutti per me, io che cercavo di tapparle la bocca per un po' e farla rimettere a sedere, imbarazzatissimo, le nostre mani sempre unite, i nostri corpi ancor di piu', birra, lei ancora che balla e da' spettacolo, baci furiosi, carne che brucia di desiderio, camerieri che ci guardano ora divertiti, complici, curiosi, ora arrabbiati quando il nostro gioco si spinge troppo oltre. Due o tre volte ci hanno richiamato. Lei che piscia davanti a me tra una carrozza e l'altra, pioggia dorata che cade sui binari ad un passo da me. Il gioco della mattina era diventato aperto desiderio. Abbiamo cercato una cabina vuota, un'anziana controllora ce ne voleva offrire una per una cifra che non possedevamo. Metti in moto il cervello mi diceva Tania, pensa, una soluzione ci deve essere, magari possiamo derubare una vecchia che viaggia sola.
Cammina, cammina tra tira e molla scherzosi, abbracci da tanghi argentini e sguardi di cui ho ancora negli occhi la sua splendida, esangue, bocca semiaperta troviamo finalmente uno scompartimento dalla porta appena socchiusa, nessuno in vista, siamo entrati e ci siamo tolti tutti i vestiti di dosso. Chissa' quanto tempo abbiamo passato, ricordo solo lei appoggiata sul tavolo, schiena contro il finestrino, io che piscio dentro il portacenere ed altri particolari che ho sempre sognato poter fare un giorno con una ragazza. Non ho chiesto, e' stata lei a fare tutto. Mi ha letto dentro i miei desideri.
Quando siamo usciti era gia' molto tardi, nel vagone numero 15 tutti ci guardavano tornare abbracciati, tutti sorridevano, tutti gia' sapevano.
Katia era arrabbiata: "Voglio ucciderti" mi ha detto. Forse me lo meritavo davvero.
Gli amori sono sempre disperati, specie quelli che sai che devono finire ad una certa stazione. Quella stazione si chiamava Krasnoyarsk. E non si capisce mai che direzione prendano, che conseguenze possano portare con se': di sicuro Katia ha troncato qualsiasi conversazione con me da allora in poi e anche Tania deve aver intuito qualcosa quando se ne e' andata a dormire. Non so, ho avuto impressione che che Tania fosse gelosa di Katia, e Katia di Tania. A modo suo Tania e' una ragazza romantica, una dolce, romantica ragazza russa sola che va in giro in calzamaglia e palloncini col sorriso.
Non mi ha detto buonanotte, dopo un po' ho provato a chiamarla e lei si e' girata insultandomi.
Ho fatto finta di dormire, penso che fosse arrabbiata con me o forse era solo un modo suo per finire li quella storia breve, intensa, appassionata ma destinata inevitabilmente a finire alla stazione di Krasnoyarsk. Non so, mi sono girato verso il finestrino facendo finta di dormire.
La Siberia di notte e' ancor piu' malinconica. Volevo piangere, volevo mandarla a fanculo, volevo chiudere li con lei, speravo in un suo gesto, una sua parola, una piccola carezza sulla spalla per dirmi che lei era ancora li, la aspettavo ma sapevo che sarebbe stato solo un sogno, non so piu' neanche io cosa volevo.
Minuti che sembravano ore, rabbia e dolore, gelo, neve, natura, ricordi, sapori, odori, parole, sguardi, sorrisi, i suoi dentini che spuntano dalle labbra turgide, Adolf Hitler e le birre al bar...tutto era gia' pronto per essere inscatolato nel pacco dei ricordi ed infilarlo da qualche parte nella grossa libreria della mia vita.
Un piccolo tocco, una spalla, la mia, che si sposta bruscamente. Un'altro piccolo tocco, dita che si cercano e si scacciano via. Un altro ancora provenire da basso, tra il mio ufficio e il finestrino. Questa volta le dita si cercano per non lasciarsi finalmente mai piu'. Con rabbia, con dolore, con amore, con gioia, con disperazione le nostre mani si uniscono in una morsa sempre piu' stretta.
Nelle ultime 4 ore il mio piccolo ufficio sotto il letto e' diventata la nostra piccola alcova, con la coperta penzolante dal letto sopra a separarci dalle miserie del mondo e allo stesso tempo per essere davanti a tutti, davanti agli occhi e agli orecchi di tutti perche' tutti conoscessero quella bellissima storia d'amore che stava terminando sul 15imo vagone.
Da allora due piccoli palloncini, uno giallo col sorriso ed uno rosso a forma di cuore mi hanno accompagnato fino ad Ulan Ude.
Adesso che sono arrivato al capolinea di questo lunghissimo viaggio, solo adesso mi accorgo di quanto le abbia voluto bene veramente.
Questa e' la storia di Tania, ragazza sul 15imo vagone
Tania, sul quindicesimo vagone c'e' salita a Ekaterinenburg, la notte tra il secondo e il terzo giorno.
Faceva parte di un gruppo di affaristi della Amway, una compagnia americana di non so cosa con filiale in Russia. Il suo gruppo stava andando a Krasnoyarsk ed era composto da una quindicina di persone. C'era Tania, il cui vero nome e' Tatiana, poi Katia (Katiusha), Natasha, un'altra bionda popputa ed altri, tra cui un simpatico tipo che sembrava Adolf Hitler.
Voglio subito dire una cosa per togliermi il pensiero, un certo sassolino nella scarpa. Natasha e Katiusha sono giovanissime, io penso che Katiusha non abbia neanche 18 anni. L'altra, forse, poco piu'.
Bellissime, di una bellezza semplicemente perfetta, il sogno erotico di qualsiasi essere umano messe li' in calzamaglia e maglietta senza reggiseno per tutto il viaggio. Senza dire una parola, senza un sorriso, senza un moto di umanita' che le rendesse simili a qualsiasi altra persona piuttosto che a quel ruolo di belle statuine senza vita che dovevano rappresentare. Forse erano PR, forse semplicemente le solite puttanelle che ogni gruppo di affari porta con se quando va a firmare un contratto con altre compagnie. Premi, facilitazioni, merce di scambio, chissa'.
Non ho molto altro da dire su di loro: non parlavano ma bevevano tanto con risultati deprimenti come al solito. Una bottiglia di birra bastava per farle andare di fuori.
I russi sono strani: si scolano una bottiglia di vodka in pochi secondi senza andare in coma etilico e poi bastano 2 lattine di birra da 66 cl che si trovano nei supermercati per far perdere loro completamente il capo. E bevevano, e bevevano e poi senza dire una parola tornavano a smaltire la sbornia solitaria nelle loro cuccette, attaccate perennemente al cellulare o semplicemente a guardare nel vuoto.
Ieri mattina il mio compagno di viaggio russo che dormiva sotto di me era arrivato a destinazione e quindi in fretta e furia ho trasformato il suo giaciglio in un piu' utile tavolino con sedie, il mio piccolo ufficio. Basta poco: si ribalta il cuscino centrale che diventa un tavolino mentre le sponde laterali del letto tornano ad essere dei comodi seggiolini. Per fortuna nessuno aveva prenotato quel posto e ben presto l'hofatto diventare mio, trasformandolo nel mio ufficio, nel mio meeting point dove ricevo ospiti e faccio colazione, pranzo, cena, scrivo e ascolto musica sul computer, chiacchiero con Stefan che viene sempre a trovarmi. Alla fine era diventato pure la mia alcova.
Ma andiamo per ordine.
Innanzitutto vorrei salutare e ringraziare il mio primo compagno di viaggio, un signore russo di cui non ho mai saputo il nome ne' altro...silenzioso, appartato, gentile. Mi ha aiutato fin dall'inizio a preparare il letto, sistemare le valigie, usare il boiler dell'acqua calda, a fare la spesa alle stazioni che trovavamo lungo la strada. Mi ha offerto cibo e sorrisi. Il tutto senza neanche dirci una parola, solo a gesti.
L'ho sempre visto solo e silenzioso, senza mai legare con nessuno, con lo sguardo sempre triste. Ha fumato una sola sigaretta in 2 giorni e bevuto tantissimo te'.
Alla fine una semplice stretta di mano, un "piacere di averti conosciuto" un po' affrettato e timido e via. Era un brav'uomo.
Per fortuna nella cuccetta dopo la mia c'e' Stefan che parla inglese, un omone grosso con la barba, senza una falange al dito indice della mano destra, missionario di Cristo per aiutare i giovani con problemi di alcol e droga.
Parliamo molto anche perche' e' l'unico che parla inglese.
A Krasnoyarsk e' salito questo gruppo d'affari della Amway, facendo un casino incredibile: i tipici arrivati che pensano di fare i padroni solo perche' sono piu' ricchi e importanti di altri ma poi viaggiano in terza classe come tutti i poveracci. Non e' tutto oro quello che luccica. Hanno stappato una bottiglia di spumante la prima notte per festeggiare non so cosa.
Hanno messo dei palloncini gialli col sorriso ed altri a forma di cuore ad ingombrare il corridoio. Li ha portati Tatiana.
La prima volta che l'ho vista era nella zona fumatori, tra carrozza e carrozza, in calzamaglia e mutande in vista, seno enorme, capelli corti alla francese, chiacchierona fin da subito. Mi ha immediatamente preso di mira fin dalla prima sigaretta. Non parla una parola di inglese ma non riesce mai a tenere la bocca chiusa.
La mattina dopo si e' seduta sul letto davanti al mio tavolino-ufficio mentre stavo facendo colazione con Stefan. Il tempo era veramente bello.
Comincia a chiacchierare, io non avevo nessuna voglia di parlare, troppo triste per via di Katya, ero veramente giu' di morale e nessunissima voglia di proseguire il viaggio. Anzi, se possibile volevo scendere e tornare subito indietro.
Stefan si offre di fare da interprete ed io a monosillabi mi limito giusto a rispondere controvoglia alle sue domande.
Tanya mi incitava ad essere piu' espansivo perche' gli italiani sono piu' chiacchieroni - e meno male che i russi dovrebbero essere riservati! - e per un po' si va avanti cosi', con lei che mi parlava, parlava, parlava ed il povero Stefan a tradurre domande e risposte ed io che volevo solo trovare un po' di pace per scrivere il mio testamento.
Non gli nascondevo il fatto che era una gran rompicoglioni e, davanti a lei, incitavo Stefan, che e' un brav'uomo, ad andarsene via. Senza di lui la conversazione non sarebbe certo proseguita. Nel frattempo anche Katyusha e Natasha si erano avvicinate per osservare, in silenzio, la scena.
Finalmente Stefan torna dalla sua donna, rimaniamo solo io e Tanya che continua a parlarmi ed anzi, ora mi si siede proprio di fronte. Era una bellissima giornata di sole, calda, con un cielo azzurro che illuminava un paesaggio incantato nella sua infinita monotonia, con betulle dai tronchi bianchi e campi a perdita d'occhio. La Siberia in inverno ha un fascino triste ed attraente che cattura piano piano.
E piano piano la conversazione con Tania, seppure a gesti, comincia a farsi vivace, lei curiosissima frugava tra tutte le mie cose, non stava ferma un secondo. Caffe', te', sigaretta, era un vero ciclone che mi stava buttando tutto all'aria il mio povero ufficio. Eppure era simpatica. Stavo cominciando piano piano a lasciarmi catturare dalla sua travolgente simpatia, dalla sua voglia di ridere e di scherzare, col sorriso come quello dei palloncini che aveva portato con se, coi suoi occhi russi color verde grigio un po' tristi che contrastavano con quella sua natura cosi' vivace.
La verita' e' che stavamo cominciando ad innamorarci l'uno dell'altro senza accorgercene, con sguardi muti sempre piu' frequenti, silenzi improvvisi in cui ci fissavamo negli occhi sempre piu' intensamente sentendo solo il nostro respiro, sorrisi che nascevano insieme, una voglia sempre piu' incontrollabile di....di tirare fuori tutti i nostri sentimenti e buttarli li sul tavolo assieme a tutte le altre cose.
Penso che mai prima d'ora abbia mai detto certe mie cose private come ho detto solo a lei: parlavamo in modo cosi' sincero, diretto, come deve essere, come ho fatto con lei. E' stata lei a tirarmele fuori quelle cose, naturalmente, piano piano.
Mi sono sentito a mio agio, godevo anche io di quella splendida giornata di sole assieme a lei. Quel nostro piccolo spazio sotto il mio letto era diventato il nostro mondo, c'eravamo solo io e lei e mi sembrava che tutta la carrozza avesse acquisito improvvisamente una nuova vampata di vita grazie a noi, al casino che facevamo, alle nostre risate, alla sua incredibile voglia di scherzare, ridere, di essere felici.
Spesso uscivamo dal vagone per andare a fumarci una sigaretta ed ogni volta lei mi metteva la coperta di lana addosso, io a lei, a volte una sola per tutti e due, ci scambiavamo le sigarette e boccate di fumo, i primi timidi abbracci per riscaldarci.
E le nostre labbra di avvicinavan sempre di piu'. Ancora addosso mi sento il suo buon profumo. Penso che il primo bacio sia arrivato attorno all'ottava sigaretta, li da soli, io e lei nel freddo che penetrava dappertutto.
E' sempre la solita storia di due persone sole che si incontrano per caso. La sua non e' migliore della mia. Ci sono persone tanto sole nel mondo che cercano solo un sorriso. Qualcuno si porta con se' tanti simpatici palloncini gialli.
Carrozza ristorante. Il sole sta' calando. Ricordo lei che balla davanti a tutti per me, io che cercavo di tapparle la bocca per un po' e farla rimettere a sedere, imbarazzatissimo, le nostre mani sempre unite, i nostri corpi ancor di piu', birra, lei ancora che balla e da' spettacolo, baci furiosi, carne che brucia di desiderio, camerieri che ci guardano ora divertiti, complici, curiosi, ora arrabbiati quando il nostro gioco si spinge troppo oltre. Due o tre volte ci hanno richiamato. Lei che piscia davanti a me tra una carrozza e l'altra, pioggia dorata che cade sui binari ad un passo da me. Il gioco della mattina era diventato aperto desiderio. Abbiamo cercato una cabina vuota, un'anziana controllora ce ne voleva offrire una per una cifra che non possedevamo. Metti in moto il cervello mi diceva Tania, pensa, una soluzione ci deve essere, magari possiamo derubare una vecchia che viaggia sola.
Cammina, cammina tra tira e molla scherzosi, abbracci da tanghi argentini e sguardi di cui ho ancora negli occhi la sua splendida, esangue, bocca semiaperta troviamo finalmente uno scompartimento dalla porta appena socchiusa, nessuno in vista, siamo entrati e ci siamo tolti tutti i vestiti di dosso. Chissa' quanto tempo abbiamo passato, ricordo solo lei appoggiata sul tavolo, schiena contro il finestrino, io che piscio dentro il portacenere ed altri particolari che ho sempre sognato poter fare un giorno con una ragazza. Non ho chiesto, e' stata lei a fare tutto. Mi ha letto dentro i miei desideri.
Quando siamo usciti era gia' molto tardi, nel vagone numero 15 tutti ci guardavano tornare abbracciati, tutti sorridevano, tutti gia' sapevano.
Katia era arrabbiata: "Voglio ucciderti" mi ha detto. Forse me lo meritavo davvero.
Gli amori sono sempre disperati, specie quelli che sai che devono finire ad una certa stazione. Quella stazione si chiamava Krasnoyarsk. E non si capisce mai che direzione prendano, che conseguenze possano portare con se': di sicuro Katia ha troncato qualsiasi conversazione con me da allora in poi e anche Tania deve aver intuito qualcosa quando se ne e' andata a dormire. Non so, ho avuto impressione che che Tania fosse gelosa di Katia, e Katia di Tania. A modo suo Tania e' una ragazza romantica, una dolce, romantica ragazza russa sola che va in giro in calzamaglia e palloncini col sorriso.
Non mi ha detto buonanotte, dopo un po' ho provato a chiamarla e lei si e' girata insultandomi.
Ho fatto finta di dormire, penso che fosse arrabbiata con me o forse era solo un modo suo per finire li quella storia breve, intensa, appassionata ma destinata inevitabilmente a finire alla stazione di Krasnoyarsk. Non so, mi sono girato verso il finestrino facendo finta di dormire.
La Siberia di notte e' ancor piu' malinconica. Volevo piangere, volevo mandarla a fanculo, volevo chiudere li con lei, speravo in un suo gesto, una sua parola, una piccola carezza sulla spalla per dirmi che lei era ancora li, la aspettavo ma sapevo che sarebbe stato solo un sogno, non so piu' neanche io cosa volevo.
Minuti che sembravano ore, rabbia e dolore, gelo, neve, natura, ricordi, sapori, odori, parole, sguardi, sorrisi, i suoi dentini che spuntano dalle labbra turgide, Adolf Hitler e le birre al bar...tutto era gia' pronto per essere inscatolato nel pacco dei ricordi ed infilarlo da qualche parte nella grossa libreria della mia vita.
Un piccolo tocco, una spalla, la mia, che si sposta bruscamente. Un'altro piccolo tocco, dita che si cercano e si scacciano via. Un altro ancora provenire da basso, tra il mio ufficio e il finestrino. Questa volta le dita si cercano per non lasciarsi finalmente mai piu'. Con rabbia, con dolore, con amore, con gioia, con disperazione le nostre mani si uniscono in una morsa sempre piu' stretta.
Nelle ultime 4 ore il mio piccolo ufficio sotto il letto e' diventata la nostra piccola alcova, con la coperta penzolante dal letto sopra a separarci dalle miserie del mondo e allo stesso tempo per essere davanti a tutti, davanti agli occhi e agli orecchi di tutti perche' tutti conoscessero quella bellissima storia d'amore che stava terminando sul 15imo vagone.
Da allora due piccoli palloncini, uno giallo col sorriso ed uno rosso a forma di cuore mi hanno accompagnato fino ad Ulan Ude.
Adesso che sono arrivato al capolinea di questo lunghissimo viaggio, solo adesso mi accorgo di quanto le abbia voluto bene veramente.
Questa e' la storia di Tania, ragazza sul 15imo vagone
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Il Grande Orso che dorme - Avventure in Transiberiana (pt. 7). Attraverso la Siberia. I sogni muoiono nella notte
Come a Helsinki, come in Nepal, come in Cina, come dappertutto i sogni muoiono sempre di notte mentre quegli degli altri si accendono di passione, laggiu' nella cabina della bella ufficiale siberiana.
Buonanotte, voi che vivete la vita
Buonanotte, voi che vivete la vita
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Cosa fare? Scendo qui o proseguo? Proseguire significa dover cambiare vagone, qui ormai non ci posso piu' stare ma so anche che non mi permetteranno mai di farlo.
Scendere significa buttare via una paccata di soldi e fermarmi nel nulla siberiano, alla prima stazione che trovo e sperare che passi un altro treno per Ulan Ude prima o poi, senza belle siberiane che si fanno cavalcare da giovani soldati in uniforme.
Non so, non so proprio cosa fare. Ovunque vado e' sempre la stessa storia. 5 settimane ad Helsinki non sono bastate per mettermi faccia a faccia con il mio carattere timido e impacciato. Adesso si aggiungono altre notti di sesso a due passi da me tra una bella siberiana che mi piace e questo bel militare giovane della sua stessa razza.
Povero Francesco! Quando ero nato - e nessuno mi ha mai chiesto se lo desideravo veramente - non pensavo che la vita fosse una cosa cosi' triste e solitaria.
Scendere significa buttare via una paccata di soldi e fermarmi nel nulla siberiano, alla prima stazione che trovo e sperare che passi un altro treno per Ulan Ude prima o poi, senza belle siberiane che si fanno cavalcare da giovani soldati in uniforme.
Non so, non so proprio cosa fare. Ovunque vado e' sempre la stessa storia. 5 settimane ad Helsinki non sono bastate per mettermi faccia a faccia con il mio carattere timido e impacciato. Adesso si aggiungono altre notti di sesso a due passi da me tra una bella siberiana che mi piace e questo bel militare giovane della sua stessa razza.
Povero Francesco! Quando ero nato - e nessuno mi ha mai chiesto se lo desideravo veramente - non pensavo che la vita fosse una cosa cosi' triste e solitaria.
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Stamattina ero depresso - a dire il vero lo sono ancora - ma perlomeno la monotonia del viaggio (il paesaggio sembra come la vita che facevo a casa in Italia: sempre uguale) e' stata spezzata da una fredda uscita ad Omsk e dalla conoscenza di Stefan e Tatiana. Sono montati ieri sera a Krasnoyarsk.
Stefan e' tranquillo, parla inglese e abbiamo gia' pranzato insieme con del prosciutto suo e pane mio. Mi ha offerto anche il te', e' una brava persona.
Con Tania/Tatiana avevamo gia' fumato una sigaretta ieri notte, impossibile non notarla: va in giro in calzamaglia trasparente che fa vedere tutte le mutande bianche, ha un culo enorme e due pere che non finiscono mai, non sta zitta un secondo eppure e' anche simpatica.
Non so, mi sto interessando a lei in modo pericoloso e lei non mi lascia un secondo. Gli sguardi dritti occhi negli occhi cosi' come gli ammiccamenti, i sorrisi ebeti e le linguacce diventano sempre piu' frequenti. Cosi' come i silenzi pieni di parole che ancora non ci vogliamo dire.
Non so, mi sto interessando a lei in modo pericoloso e lei non mi lascia un secondo. Gli sguardi dritti occhi negli occhi cosi' come gli ammiccamenti, i sorrisi ebeti e le linguacce diventano sempre piu' frequenti. Cosi' come i silenzi pieni di parole che ancora non ci vogliamo dire.
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Il Grande Orso che dorme - Avventure in Transiberiana (pt. 6). Amori, sogni, miserie e Adolf Hitler sul treno
Eccola la Russia povera, il vecchiume comunista su questo treno: nei corridoi e nelle cabine facce tristi si riempiono di vodka, birra, chiacchiere stanche e strascicate.
Tra una parola e l'altra, tra una sorsata e l'altra passa lunghissimo tempo.
Forse sono questi spazi immensi, infiniti che dilatano all'infinito anche le pause, le cose non dette.
I russi non mi paiono cattivi, mi sembrano solamente tanto soli, inghiottiti da questa loro terra che sembra non avere mai fine, sempre uguale a se' stessa per giorni e giorni ogni qual volta lo sguardo vuole posarsi su qualcosa. Un tipo e' gia' passato in su e giu 4 volte con una bottiglia di plastica piena di birra: la quantita' e' sempre la stessa.
Un'altra fermata, Kirov, sulle banchine decine di persone che vendono cianfrusaglie ai passeggeri: padelle, sigarette, guanti, castori impagliati.
Katia si e' di nuovo messa l'uniforme: e' tempo di scendere e scrostare via il ghiaccio dai freni e dalle tubature sotto la carrozza. Con una lunga picca d'acciaio batte con forza sul ferro, suda, ansima, non si ferma un'attimo, poi passa dall'altra parte e ripete l'operazione. Ogni volta, ogni fermata e' sempre cosi'.
E' una vita dura eppure ha sempre un sorriso dolce quando si toglie il pesante cappotto. La ammiro e non posso fare a meno di pensare a lei.
Sono indeciso gia' adesso ancor prima di arrivare. Sto gia' pensando ad andarmene via dalla Mongolia, al come, dove, quando.
Pensavo: dato che saro' in Mongolia potrei anche andare in quella Interna, in Cina, a trovare Filippo. Avrei da parlargli e lui c'avrebbe un po' di DVD che dovrei riportare a casa in Italia.
I motivi quindi ci sarebbero, anche se sono stupidi come al solito. Pero'...chissa'...non e' neanche escluso che possa trovare un lavoro da quelle parti. Lui vorrebbe andare nel Nord-Est della provincia, dai Buriati ed io potrei sostituirlo all'Universita' dove insegna adesso. Fantasie? Ma l'idea di andare a trovarlo, visto che ormai e' li a 2000 km non e' male. Dopo aver attraversato la Russia da parte a parte mi sembra sciocco non fargli una visitina. Senno' e' come quello che arriva a Mestre per vedere Venezia, arriva li, si rompe i coglioni e torna indietro.
Ci sarebbe il visto da fare, un ulteriore viaggio in avanti ed altri soldini che partono ma Natale e' vicino anche se, per tradizione l'idea di passarlo con lui si e' sempre rivelata funesta. Rispedito a casa nel 2008 dalla Malesia, fatto arrestare nel 2010 a Fuzhou...quest'anno dice che non ci sono problemi ma anche il proverbio dice che non c'e' 2 senza 3....
Comunque, se dovessi andare in Cina - quando non so, dipende dalla Mongolia se mi piace, se non mi piace, se a casa va tutto bene - poi il problema sara' come ritornare in Italia prima o poi. Non ne ho voglia ma ci sono alcuni motivi che mi costringono a farlo.
Innanzitutto a Febbraio dovrei presentare la domanda di disoccupazione anche se penso di fare tutto online o di delegare il mio babbo: 3000 euro regalati fanno sempre comodo, soprattutto da queste parti; poi, ovviamente non posso girare il mondo per mesi spendendo tutti i soldi che ho. Oddio, grossissimi problemi economici per fortuna non ci sono - relativamente perche' 15.000 euro in banca a 36 anni che cazzo sono? - il fatto e' che se torno in Italia non ho un lavoro a parte quello estivo alla Nazione.
Stavo pensando di tornare in Tibet e poi fermarmi per tutta la primavera in Nepal dai miei amici di Mahabouda che mi troverebbero un alloggio a 1 euro al giorno. Il viaggio sarebbe tutto via treno e autobus, diciamo da Xi'an a Chengdu e da li via Lhasa e poi Kathmandu per poi riprendere la strada del ritorno seguendo il percorso inverso che feci l'anno scorso, attraverso India, Pakistan, Iran, Turchia e Grecia. D'altra parte in Turchia dovrei fermarmi a comprare i 2 DVD di Zagor e i 4 con le avventure di Karaoglan. Makis quest'anno non potra' ospitarmi a Xanthi perche' e' a fare il militare a Salonicco ma almeno a Istambul conto di alloggiare all'ostello dietro Sultanhamet dove ormai sono di casa. Di quei periodi dovrei avere anche qualche sconticino, magari.
La prima notte sulla Transiberiana dei poveri sta per concludersi. Tra tre giorni ne mancheranno solo due sempreche' Katia non mi inviti a casa sua, arrivati a Ulan Ude.
Per ora ci guardiamo e sorridiamo.
Sera del secondo giorno. Siamo appena ripartiti da Ekaterinenburg, la citta' dove i comunisti hanno fucilato l'ultimo Zar di Russia, Nicola II, con tutta la sua famiglia. Siamo esattamente sugli Urali, abbiamo lasciato l'Europa e ufficialmente entriamo in Asia anche se a me pare che gia' c'eravamo fin da quando siamo montati alla stazione Kazanskyij.
Sosta lunga che mi ha permesso di uscire dalla carrozza per andare a comprare qualcosa da mangiare e altre volutta': un po' di pane, prosciutto di non so cosa, una boccia di gassata, cioccolata, 2 pacchi di spaghetti istantanei, sigarette.
Per essere in cima agli Urali, il tempo e' incredibilmente caldo, decisamente sopra lo zero. Se da un lato la cosa mi fa piacere, dall'altro sono un po' preoccupato perche' non ho avuto ancora occasione di acclimatarmi al freddo, di abituarmi a temperature via via sempre piu' basse. Anche a Helsinki tutti notavano che questo inverno era insolitamente caldo.
Da qui a Ulan Ude altre 4 lunghe soste in citta' mitiche: Novosibirsk, Krasnoyarsk, Zima (che significa "Inverno", nome decisamente appropriato), Irkutsk spalmate nei prossimi 3 giorni. Mi dispiace solo che a Irkutsk ci arriviamo di sera e quindi non potro' godere della splendida vista del Lago Bajkal che tutti dicono essere una delle piu' belle meraviglie del mondo. La colpa e' mia che non ho tenuto conto di questo dettaglio. Potrei sempre ritornare indietro da Ulan-Ude, alla fine sono solo 7 ore di viaggio.
E comunque qui godo della vista di Katia/Ekaterina, bellissima siberiana in uniforme anche se lei sembra non piu' cosi' interessata come all'inizio.
Il primo colpo ieri notte da soli davanti al cesso e' andato a vuoto, son troppo timido, forse lei si aspettava un assalto vero e proprio alla quale son convinto non avrebbe detto di no.
Da allora, benche' abbia dormito nella sua cabina privata per tutto il pomeriggio e sostituita dalla sua antipaticissima collega, una bionda sempre arcigna e incazzata, qualcosa sembra essere cambiato. L'ho fatta ridere quando si e' svegliata, ma qualcosa sembra essere cambiato.
Il mio compagno di viaggio e' li sempre solo. Io dormo sul letto sopra, vicino al finestrino, lui su quello sotto. Sembra il Foggiano, stessa barbetta bionda incolta, stessi occhi color grigio spento. Non dice una sola parola ma mi ha sempre aiutato fin dall'inizio: prima a sistemare le valigie, poi a fare il letto, poi a comprare da mangiare alla fermata di nonmiricordoilnome, Omsk forse. Offre sempre da mangiare ma non apre bocca. Sorride, probabilmente non sa una parola di inglese e anche col russo penso che usi il contagocce. E' bravo ma ignoro quale sia la sua destinazione e i suoi motivi.
A Novosibirsk sono salite tantissime persone: per una lunga tratta la carrozza si era quasi tutta svuotata e tutto era silenzio: potevo sedermi dove volevo e mi piaceva sedermi al tavolino in fondo alla carrozza, a scrivere e osservare il panorama di questa Siberia fatta solo di una infinita fila di alberi neri, tetri, sempre uguali.
Adesso e' di nuovo pieno come un uovo: ci sono persino dei ridicolissimi palloncini gialli che sorridono davanti a me portati da una tipa che fa parte di questo gruppo di scalmanati.
Ragazze russe in calzamaglia trasparente mi attirano lo sguardo: sono cosi' incredibilmente erotiche nei loro corpi fasciati di niente.
Una di loro, praticamente solo in mutande e' venuta a fumare una sigaretta li dove ero io, tra carrozza e carrozza. E' simpatica e carina, con un culo immenso e sodo.
Nel linguaggio dei gesti abbiamo fatto conoscenza, tutto condito da una serie di "Da, da, da" e "Niet, niet, niet" e tante risate.
Un'altra, nel letto di fronte avra' forse 17 anni, con un culo a forma di pesca coperto solo da una calzamaglia grigia bucherellata. Una biondona piu' avanti ha due puppe immense senza reggiseno e la sua T-shirt bianca non nasconde assolutamente niente. Sto impazzendo ma cerco di resistere pensando solo a Katia, la bella siberiana in uniforme ed al modo di riconquistare il suo sorriso.
Ah, c'e' anche un altro tipo che viaggia assieme a questo strampalato gruppo di russi montati su a Ekaterinenburg. Mi sembra di conoscerlo: ha i baffetti alla Charlie Chaplin e la divisa dei capelli su un lato, mento un po' a punta. Forse l'ho visto in Germania una settantina di anni fa....
Tra una parola e l'altra, tra una sorsata e l'altra passa lunghissimo tempo.
Forse sono questi spazi immensi, infiniti che dilatano all'infinito anche le pause, le cose non dette.
I russi non mi paiono cattivi, mi sembrano solamente tanto soli, inghiottiti da questa loro terra che sembra non avere mai fine, sempre uguale a se' stessa per giorni e giorni ogni qual volta lo sguardo vuole posarsi su qualcosa. Un tipo e' gia' passato in su e giu 4 volte con una bottiglia di plastica piena di birra: la quantita' e' sempre la stessa.
Un'altra fermata, Kirov, sulle banchine decine di persone che vendono cianfrusaglie ai passeggeri: padelle, sigarette, guanti, castori impagliati.
Katia si e' di nuovo messa l'uniforme: e' tempo di scendere e scrostare via il ghiaccio dai freni e dalle tubature sotto la carrozza. Con una lunga picca d'acciaio batte con forza sul ferro, suda, ansima, non si ferma un'attimo, poi passa dall'altra parte e ripete l'operazione. Ogni volta, ogni fermata e' sempre cosi'.
E' una vita dura eppure ha sempre un sorriso dolce quando si toglie il pesante cappotto. La ammiro e non posso fare a meno di pensare a lei.
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Sono indeciso gia' adesso ancor prima di arrivare. Sto gia' pensando ad andarmene via dalla Mongolia, al come, dove, quando.
Pensavo: dato che saro' in Mongolia potrei anche andare in quella Interna, in Cina, a trovare Filippo. Avrei da parlargli e lui c'avrebbe un po' di DVD che dovrei riportare a casa in Italia.
I motivi quindi ci sarebbero, anche se sono stupidi come al solito. Pero'...chissa'...non e' neanche escluso che possa trovare un lavoro da quelle parti. Lui vorrebbe andare nel Nord-Est della provincia, dai Buriati ed io potrei sostituirlo all'Universita' dove insegna adesso. Fantasie? Ma l'idea di andare a trovarlo, visto che ormai e' li a 2000 km non e' male. Dopo aver attraversato la Russia da parte a parte mi sembra sciocco non fargli una visitina. Senno' e' come quello che arriva a Mestre per vedere Venezia, arriva li, si rompe i coglioni e torna indietro.
Ci sarebbe il visto da fare, un ulteriore viaggio in avanti ed altri soldini che partono ma Natale e' vicino anche se, per tradizione l'idea di passarlo con lui si e' sempre rivelata funesta. Rispedito a casa nel 2008 dalla Malesia, fatto arrestare nel 2010 a Fuzhou...quest'anno dice che non ci sono problemi ma anche il proverbio dice che non c'e' 2 senza 3....
Comunque, se dovessi andare in Cina - quando non so, dipende dalla Mongolia se mi piace, se non mi piace, se a casa va tutto bene - poi il problema sara' come ritornare in Italia prima o poi. Non ne ho voglia ma ci sono alcuni motivi che mi costringono a farlo.
Innanzitutto a Febbraio dovrei presentare la domanda di disoccupazione anche se penso di fare tutto online o di delegare il mio babbo: 3000 euro regalati fanno sempre comodo, soprattutto da queste parti; poi, ovviamente non posso girare il mondo per mesi spendendo tutti i soldi che ho. Oddio, grossissimi problemi economici per fortuna non ci sono - relativamente perche' 15.000 euro in banca a 36 anni che cazzo sono? - il fatto e' che se torno in Italia non ho un lavoro a parte quello estivo alla Nazione.
Stavo pensando di tornare in Tibet e poi fermarmi per tutta la primavera in Nepal dai miei amici di Mahabouda che mi troverebbero un alloggio a 1 euro al giorno. Il viaggio sarebbe tutto via treno e autobus, diciamo da Xi'an a Chengdu e da li via Lhasa e poi Kathmandu per poi riprendere la strada del ritorno seguendo il percorso inverso che feci l'anno scorso, attraverso India, Pakistan, Iran, Turchia e Grecia. D'altra parte in Turchia dovrei fermarmi a comprare i 2 DVD di Zagor e i 4 con le avventure di Karaoglan. Makis quest'anno non potra' ospitarmi a Xanthi perche' e' a fare il militare a Salonicco ma almeno a Istambul conto di alloggiare all'ostello dietro Sultanhamet dove ormai sono di casa. Di quei periodi dovrei avere anche qualche sconticino, magari.
Il problema non e' trovare una ragione nella vita. La mia vita e' viaggiare, me lo avevano letto nel destino gia' tanti, tanti anni fa: il problema e' sapere quale strada prendere tra le tante che offre questo grande, immenso mondo.
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La prima notte sulla Transiberiana dei poveri sta per concludersi. Tra tre giorni ne mancheranno solo due sempreche' Katia non mi inviti a casa sua, arrivati a Ulan Ude.
Per ora ci guardiamo e sorridiamo.
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Sera del secondo giorno. Siamo appena ripartiti da Ekaterinenburg, la citta' dove i comunisti hanno fucilato l'ultimo Zar di Russia, Nicola II, con tutta la sua famiglia. Siamo esattamente sugli Urali, abbiamo lasciato l'Europa e ufficialmente entriamo in Asia anche se a me pare che gia' c'eravamo fin da quando siamo montati alla stazione Kazanskyij.
Sosta lunga che mi ha permesso di uscire dalla carrozza per andare a comprare qualcosa da mangiare e altre volutta': un po' di pane, prosciutto di non so cosa, una boccia di gassata, cioccolata, 2 pacchi di spaghetti istantanei, sigarette.
Per essere in cima agli Urali, il tempo e' incredibilmente caldo, decisamente sopra lo zero. Se da un lato la cosa mi fa piacere, dall'altro sono un po' preoccupato perche' non ho avuto ancora occasione di acclimatarmi al freddo, di abituarmi a temperature via via sempre piu' basse. Anche a Helsinki tutti notavano che questo inverno era insolitamente caldo.
Da qui a Ulan Ude altre 4 lunghe soste in citta' mitiche: Novosibirsk, Krasnoyarsk, Zima (che significa "Inverno", nome decisamente appropriato), Irkutsk spalmate nei prossimi 3 giorni. Mi dispiace solo che a Irkutsk ci arriviamo di sera e quindi non potro' godere della splendida vista del Lago Bajkal che tutti dicono essere una delle piu' belle meraviglie del mondo. La colpa e' mia che non ho tenuto conto di questo dettaglio. Potrei sempre ritornare indietro da Ulan-Ude, alla fine sono solo 7 ore di viaggio.
E comunque qui godo della vista di Katia/Ekaterina, bellissima siberiana in uniforme anche se lei sembra non piu' cosi' interessata come all'inizio.
Il primo colpo ieri notte da soli davanti al cesso e' andato a vuoto, son troppo timido, forse lei si aspettava un assalto vero e proprio alla quale son convinto non avrebbe detto di no.
Da allora, benche' abbia dormito nella sua cabina privata per tutto il pomeriggio e sostituita dalla sua antipaticissima collega, una bionda sempre arcigna e incazzata, qualcosa sembra essere cambiato. L'ho fatta ridere quando si e' svegliata, ma qualcosa sembra essere cambiato.
Il mio compagno di viaggio e' li sempre solo. Io dormo sul letto sopra, vicino al finestrino, lui su quello sotto. Sembra il Foggiano, stessa barbetta bionda incolta, stessi occhi color grigio spento. Non dice una sola parola ma mi ha sempre aiutato fin dall'inizio: prima a sistemare le valigie, poi a fare il letto, poi a comprare da mangiare alla fermata di nonmiricordoilnome, Omsk forse. Offre sempre da mangiare ma non apre bocca. Sorride, probabilmente non sa una parola di inglese e anche col russo penso che usi il contagocce. E' bravo ma ignoro quale sia la sua destinazione e i suoi motivi.
A Novosibirsk sono salite tantissime persone: per una lunga tratta la carrozza si era quasi tutta svuotata e tutto era silenzio: potevo sedermi dove volevo e mi piaceva sedermi al tavolino in fondo alla carrozza, a scrivere e osservare il panorama di questa Siberia fatta solo di una infinita fila di alberi neri, tetri, sempre uguali.
Adesso e' di nuovo pieno come un uovo: ci sono persino dei ridicolissimi palloncini gialli che sorridono davanti a me portati da una tipa che fa parte di questo gruppo di scalmanati.
Ragazze russe in calzamaglia trasparente mi attirano lo sguardo: sono cosi' incredibilmente erotiche nei loro corpi fasciati di niente.
Una di loro, praticamente solo in mutande e' venuta a fumare una sigaretta li dove ero io, tra carrozza e carrozza. E' simpatica e carina, con un culo immenso e sodo.
Nel linguaggio dei gesti abbiamo fatto conoscenza, tutto condito da una serie di "Da, da, da" e "Niet, niet, niet" e tante risate.
Un'altra, nel letto di fronte avra' forse 17 anni, con un culo a forma di pesca coperto solo da una calzamaglia grigia bucherellata. Una biondona piu' avanti ha due puppe immense senza reggiseno e la sua T-shirt bianca non nasconde assolutamente niente. Sto impazzendo ma cerco di resistere pensando solo a Katia, la bella siberiana in uniforme ed al modo di riconquistare il suo sorriso.
Ah, c'e' anche un altro tipo che viaggia assieme a questo strampalato gruppo di russi montati su a Ekaterinenburg. Mi sembra di conoscerlo: ha i baffetti alla Charlie Chaplin e la divisa dei capelli su un lato, mento un po' a punta. Forse l'ho visto in Germania una settantina di anni fa....
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Il Grande Orso che dorme - Avventure in Transiberiana (pt. 5). Una Shapka di volpe nera
Il suo nome e' Ekaterina, Katia - ma quante Katie hanno gia' incrociato il mio cammino, tutte orientali! - ed e' la controllora piu' carinissima che abbia mai visto. E' bella e carnosa come Irene, stesso naso, stesse guanciotte grosse, stesso corpo un po' massiccio.
E' un vero peccato che non parliamo la stessa lingua. Per ora mi ha insegnato "Panyat", "Ho capito" e "Ne panyat", "Non ho capito", abbiamo gia' cominciato a chiacchierare e vado sempre a trovarla li nella cabina degli ufficiali, di fronte al bollitore dell'acqua.
Speriamo che mi insegni a dire "Mi piaci" ma d'altra parte mancano ancora 5 giorni di viaggio e per fortuna scendiamo entrambi a Ulan Ude. Chissa'....il freddo siberiano per ora mi sembra cosi' caldo ma e' meglio non farsi illusioni. Vediamo kilometro dopo kilometro cosa succedera'.
E' un vero peccato che non parliamo la stessa lingua. Per ora mi ha insegnato "Panyat", "Ho capito" e "Ne panyat", "Non ho capito", abbiamo gia' cominciato a chiacchierare e vado sempre a trovarla li nella cabina degli ufficiali, di fronte al bollitore dell'acqua.
Speriamo che mi insegni a dire "Mi piaci" ma d'altra parte mancano ancora 5 giorni di viaggio e per fortuna scendiamo entrambi a Ulan Ude. Chissa'....il freddo siberiano per ora mi sembra cosi' caldo ma e' meglio non farsi illusioni. Vediamo kilometro dopo kilometro cosa succedera'.
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Il Grande Orso che dorme - Avventure in Transiberiana (pt. 4). Moskva - Ulan Ude 88 euro
La stazione del treno di Mosca riflette perfettamente le due anime di questo grande paese che e' la Russia: da una parte l'Europa, dall'altra l'Asia.
Sulle stazioni russe ci sarebbe da scrivere un trattato, tanto son curiose. Per cominciare la stazione di San Pietroburgo si chiama Moskovskyij e quella di Mosca si chiama Leningradskyij che era appunto il vecchio nome di San Pietroburgo durante il comunismo. Si intuisce immediatamente che i nomi delle stazioni altro non indicano che la destinazione dei treni. Dall'altro lato della piazza c'e' la stazione Kazanskyij, da dove prendero' il treno per la prossima, lunghissima tappa della durata di 5 giorni. Kazan e' una importrante citta' ai confini dell'Uzbekistan ma non penso che c'entri niente col grande regista Elia profugo in America anche se tutto e' possibile.
Non potrebbero esistere due posti, due mondi cosi diversi ed opposti come la Leningradskyij e la Kazanskyij. Seppure entrambe caratterizzate da un immenso salone centrale, quadrato, leggermente piu' interrato rispetto al resto della stazione, con biglietterie mastodontiche dove tutto e' marmo giallo e colonne d'alabastro, di qua' c'e' l'Europa, di la' c'e' l'Asia.
Alla Leningradskyij l'architettura comunista e' stata rimodernata e messa quasi al passo coi tempi, con tutta una miriade di negozi ai bordi di questo immenso salone. Negozi piccoli ma moderni dove si vende di tutto: libri sopratutto, cellulari, DVD e CD (anche se spesso sono i tipici prodotti russi: cioe' Mp3 buttati su CD, illegali in Italia) e poi ancora bar, ristoranti, sale giochi, c'e' persino una palestra. Senza strafare c'e' un'aria di modernita' che da' conforto anche se non si trova una insegna o una parola inglese neanche a pagarla oro.
Di la' invece, c'e' l'Asia con la sua poverta'. Il salone centrale e' brutto, freddo, deprimente, vuoto. Una indefinibile sensazione di tristezza mi prende di soprassalto. Non potrebbero esistere due mondi cosi' contrapposti, cosi' diversi in qualsiasi dettaglio, fino anche nel piu' piccolo. Rari chioschetti che vendono cibi di dubbia qualita', due baretti miserabili e niente di piu' sono i soli arredi di queste pareti umide e alte. Tutto e' dominato da un verde pallido da ospedale militare e i muri spogli rendono il senso di squallore ancor piu' opprimente. La dove pochi marmi adornano i due baretti, sono i tavoli e le sedie - bruttissimi, squadrati e funzionali come negli anni '60 - ad avere questo colore smorto che incombe su tutto. Il comunismo nella grande stazione Kazanskyij non sembra mai essersi tolto di torno.
Nel piazzale interno, aperto che da' sui binari i 5 o 6 chioschetti sono tutti gestiti da kazaki o uzbeki nei loro costumi tradizionali: copricapi e gilet bordo' riccamente ricamati in oro. Le facce sono patibolari e tristi e il cibo che vendono, polli fritti o prosciutti di chissa' cosa non invitano certo a farsi una mangiata. Non un McDonalds o una pizzeria italiana come nell'altra stazione ma solo Asia. Tutto qui e' gia' impregnato dell'odore di Asia, gli stessi odori che si sentono nelle stazioni cinesi, difficili da descrivere. Odore di poverta', di spezie, di valigie di cartone e vestiti sporchi. Fumo e colonne di vapore dai grill uzbeki come a Gorakhpur o a Huainan.
Sul treno da San Pietroburgo mi sentivo a mio agio tra gente normalissima e ben vestita, tranquilla, apatica in una terza classe che mi sembrava gia' un lusso per me.
Qua il treno per Ulan Ude gia' appare povero, dimesso come i suoi passeggeri.
Mi sorprende che non ci sia nessuna siberiana o mongola, solo volti stanchi e tristi di anonimi abitanti delle steppe vestiti come 40 anni fa.
Sorpresa! La controllora della mia carrozza numero 15 e' siberiana, dal volto carnosissimo e pieno, nasino piccolissimo e all'insu' come Irene a Kuala Lumpur. Una ventata di erotismo purissimo in uniforme grigio verde. La sua shapka di volpe nera in testa la rende ancor piu' graziosa.
Mi guarda, la guardo, mi sorride, le sorrido. Mi parla e non capisco niente di quel che dice....
Sulle stazioni russe ci sarebbe da scrivere un trattato, tanto son curiose. Per cominciare la stazione di San Pietroburgo si chiama Moskovskyij e quella di Mosca si chiama Leningradskyij che era appunto il vecchio nome di San Pietroburgo durante il comunismo. Si intuisce immediatamente che i nomi delle stazioni altro non indicano che la destinazione dei treni. Dall'altro lato della piazza c'e' la stazione Kazanskyij, da dove prendero' il treno per la prossima, lunghissima tappa della durata di 5 giorni. Kazan e' una importrante citta' ai confini dell'Uzbekistan ma non penso che c'entri niente col grande regista Elia profugo in America anche se tutto e' possibile.
Non potrebbero esistere due posti, due mondi cosi diversi ed opposti come la Leningradskyij e la Kazanskyij. Seppure entrambe caratterizzate da un immenso salone centrale, quadrato, leggermente piu' interrato rispetto al resto della stazione, con biglietterie mastodontiche dove tutto e' marmo giallo e colonne d'alabastro, di qua' c'e' l'Europa, di la' c'e' l'Asia.
Alla Leningradskyij l'architettura comunista e' stata rimodernata e messa quasi al passo coi tempi, con tutta una miriade di negozi ai bordi di questo immenso salone. Negozi piccoli ma moderni dove si vende di tutto: libri sopratutto, cellulari, DVD e CD (anche se spesso sono i tipici prodotti russi: cioe' Mp3 buttati su CD, illegali in Italia) e poi ancora bar, ristoranti, sale giochi, c'e' persino una palestra. Senza strafare c'e' un'aria di modernita' che da' conforto anche se non si trova una insegna o una parola inglese neanche a pagarla oro.
Di la' invece, c'e' l'Asia con la sua poverta'. Il salone centrale e' brutto, freddo, deprimente, vuoto. Una indefinibile sensazione di tristezza mi prende di soprassalto. Non potrebbero esistere due mondi cosi' contrapposti, cosi' diversi in qualsiasi dettaglio, fino anche nel piu' piccolo. Rari chioschetti che vendono cibi di dubbia qualita', due baretti miserabili e niente di piu' sono i soli arredi di queste pareti umide e alte. Tutto e' dominato da un verde pallido da ospedale militare e i muri spogli rendono il senso di squallore ancor piu' opprimente. La dove pochi marmi adornano i due baretti, sono i tavoli e le sedie - bruttissimi, squadrati e funzionali come negli anni '60 - ad avere questo colore smorto che incombe su tutto. Il comunismo nella grande stazione Kazanskyij non sembra mai essersi tolto di torno.
Nel piazzale interno, aperto che da' sui binari i 5 o 6 chioschetti sono tutti gestiti da kazaki o uzbeki nei loro costumi tradizionali: copricapi e gilet bordo' riccamente ricamati in oro. Le facce sono patibolari e tristi e il cibo che vendono, polli fritti o prosciutti di chissa' cosa non invitano certo a farsi una mangiata. Non un McDonalds o una pizzeria italiana come nell'altra stazione ma solo Asia. Tutto qui e' gia' impregnato dell'odore di Asia, gli stessi odori che si sentono nelle stazioni cinesi, difficili da descrivere. Odore di poverta', di spezie, di valigie di cartone e vestiti sporchi. Fumo e colonne di vapore dai grill uzbeki come a Gorakhpur o a Huainan.
Sul treno da San Pietroburgo mi sentivo a mio agio tra gente normalissima e ben vestita, tranquilla, apatica in una terza classe che mi sembrava gia' un lusso per me.
Qua il treno per Ulan Ude gia' appare povero, dimesso come i suoi passeggeri.
Mi sorprende che non ci sia nessuna siberiana o mongola, solo volti stanchi e tristi di anonimi abitanti delle steppe vestiti come 40 anni fa.
Sorpresa! La controllora della mia carrozza numero 15 e' siberiana, dal volto carnosissimo e pieno, nasino piccolissimo e all'insu' come Irene a Kuala Lumpur. Una ventata di erotismo purissimo in uniforme grigio verde. La sua shapka di volpe nera in testa la rende ancor piu' graziosa.
Mi guarda, la guardo, mi sorride, le sorrido. Mi parla e non capisco niente di quel che dice....
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Il Grande Orso che dorme - Avventure in Transiberiana (pt. 3). Notte sul treno per Mosca
Sul treno si puo' anche fumare, bene, almeno so come passare le prossime ore. E la bella siberiana continua a dormire li davanti a me. Come sono belle le siberiane! Asiatiche dal corpo molto piu' tornito, con zigomi piu' alti e volti piu' carnosi. Peccato che la Siberia sia cosi' lontana da Prato, senno' verrei sempre qui a fare un giro quando mi sento solo e triste.
E' cosi' bella ed io sono cosi' timido. Prima era in mutande, ha un fisico esagerato ma per me rimarra' solo un bel sogno adagiato su quella cuccetta dove mi cade sempre lo sguardo.
La controllora ha imparato a dire "Grazie!" in italiano. E' gia' qualcosa. Non sanno una parola di inglese ma almeno una di italiano finalmente la conoscono. Spasiba!
E' cosi' bella ed io sono cosi' timido. Prima era in mutande, ha un fisico esagerato ma per me rimarra' solo un bel sogno adagiato su quella cuccetta dove mi cade sempre lo sguardo.
La controllora ha imparato a dire "Grazie!" in italiano. E' gia' qualcosa. Non sanno una parola di inglese ma almeno una di italiano finalmente la conoscono. Spasiba!
Il Grande Orso che dorme - Avventure in Transiberiana (pt. 2). Sul treno per Mosca
Il treno per Mosca viaggia piano e le carrozze sono tutte piene ma non affollate. Tutti mi dicevano che la terza classe e' brutta e pericolosa ma io non ci trovo niente di male. Ho viaggiato tante volte su treni peggiori in Cina, in India, persino in Grecia e perlomeno qui i passeggeri sono pari al numero di posti disponibili, non uno di piu', nessuno fuma nelle carrozze e non c'e' puzza di marcio.
Tutti sono silenziosi e sono gia' a dormire dopo neanche un'ora che siam partiti. Pensavo che almeno nella terza classe ci fossero baldorie a base di Vodka e sesso invece tutto tace e riposa. Meglio cosi', mi godo questo silenzio e per la prima volta dal 2004 sto ricominciando a scrivere un vero diario di viaggio come si deve.
Sul treno fa veramente caldo, sono segnalati 25 gradi, sembra di essere su quel treno dell'anno scorso in Uttar Pradesh, India: stessa afa, stessa voglia di girarsi e rigirarsi nella cuccetta. Dopo un po' mi alzo e vado a fare un giro. Incontro solo piedi che sbucano dalle coperte, qualcuno ai tavolini intento a giocare a carte o parlottare a voce bassa, quasi paiono complottare qualcosa. Volti stanchi, sofferti di russi tristi.
Forse prima o poi mi addormentero' anche io.
Mancano ancora 7 ore all'arrivo, non e' una cosa lunga.
Grazie bella Siberiana che dormi davanti a me per darmi l'ispirazione. Grazie grande Orso Bianco che dorme: il tuo silenzio e' il mio miglior compagno di viaggio.
Tutti sono silenziosi e sono gia' a dormire dopo neanche un'ora che siam partiti. Pensavo che almeno nella terza classe ci fossero baldorie a base di Vodka e sesso invece tutto tace e riposa. Meglio cosi', mi godo questo silenzio e per la prima volta dal 2004 sto ricominciando a scrivere un vero diario di viaggio come si deve.
Sul treno fa veramente caldo, sono segnalati 25 gradi, sembra di essere su quel treno dell'anno scorso in Uttar Pradesh, India: stessa afa, stessa voglia di girarsi e rigirarsi nella cuccetta. Dopo un po' mi alzo e vado a fare un giro. Incontro solo piedi che sbucano dalle coperte, qualcuno ai tavolini intento a giocare a carte o parlottare a voce bassa, quasi paiono complottare qualcosa. Volti stanchi, sofferti di russi tristi.
Forse prima o poi mi addormentero' anche io.
Mancano ancora 7 ore all'arrivo, non e' una cosa lunga.
Grazie bella Siberiana che dormi davanti a me per darmi l'ispirazione. Grazie grande Orso Bianco che dorme: il tuo silenzio e' il mio miglior compagno di viaggio.
Il Grande Orso che dorme - Avventure in Transiberiana (pt. 1). Da Helsinki a Mosca.
La Russia ci accoglie col suo carico di vento, buio e nulla. I controlli alla frontiera, annunciati come terribili e spesso arbitrari in realta' si dimostrano solo lenti ed anonimi.
Fuori, con un piede gia' sulla terra dei rossi, solo il buio e foreste fitte di betulle, un piccolo spaccio abbastanza fornito ed un negozietto di musica. In legno, accogliente. I padroni se ne stanno seduti su un divano nella piccola stanza che fa da cucina, abitazione, salottino, a godersi il calduccio della stufa. Tutto attorno il niente.
Della Carelia ho questi ricordi, grigi, piatti come questa terra eppure carichi di un fascino silenzioso, inerte che in qualche modo seduce.
Il viaggio fino a San Pietroburgo, sul piccolo minibus e' stato silenzioso come silenzioso sara' il viaggio in treno fino a Mosca. Nessuno parla inglese.
Per fortuna i russi non sembrano cosi' male come me li ero immaginati. Non sono chiacchieroni ma neanche scorbutici: mi sembrano solamente tanto soli, persi in questo immenso inverno buio che lascia solo infiniti silenzi.
Sono all'estremita' occidentale della Russia: devo solo attraversarla tutta da parte a parte. Coraggio, mancano solo 12.000 km!
Fuori, con un piede gia' sulla terra dei rossi, solo il buio e foreste fitte di betulle, un piccolo spaccio abbastanza fornito ed un negozietto di musica. In legno, accogliente. I padroni se ne stanno seduti su un divano nella piccola stanza che fa da cucina, abitazione, salottino, a godersi il calduccio della stufa. Tutto attorno il niente.
Della Carelia ho questi ricordi, grigi, piatti come questa terra eppure carichi di un fascino silenzioso, inerte che in qualche modo seduce.
Il viaggio fino a San Pietroburgo, sul piccolo minibus e' stato silenzioso come silenzioso sara' il viaggio in treno fino a Mosca. Nessuno parla inglese.
Per fortuna i russi non sembrano cosi' male come me li ero immaginati. Non sono chiacchieroni ma neanche scorbutici: mi sembrano solamente tanto soli, persi in questo immenso inverno buio che lascia solo infiniti silenzi.
Sono all'estremita' occidentale della Russia: devo solo attraversarla tutta da parte a parte. Coraggio, mancano solo 12.000 km!
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domenica 1 gennaio 2012
Chuck Norris e computer cinesi
Il capodanno piu' di merda della mia vita. Talmente schifoso che non me lo dimentichero' finche' campo, sicuramente. Qualche post fa dicevo che l'Asia e i miei capodanni non sono mai andati molto d'accordo negli ultimi 6 anni e anche questa volta la tradizione e' stata rispettata.
E pensare che nel pomeriggio, fino a poche ore prima del fatidico scoccare della mezzanotte le cose non si erano messe bene, ma in modo semplicemente fantastico. C'erano tutte le premesse per passare un capodanno bellissimo, meraviglioso, incredibile. Incredibile lo e' stato sicuramente, ma non nel senso che mi immaginavo.
Ma andiamo per ordine, per vedere tutta la catena di eventi che dal pardiso hanno portato alla merda.
La mattina sono uscito con....boh, non mi ricordo il suo nome, una simpatica donna cinese che vive qui alla UB Guesthouse da diversi mesi. Era il suo ultimo giorno a Ulaanbaatar e quindi doveva andare a fare un po' di shopping. E' una donna di eta' indefinibile, potrebbe avere la mia eta' come essere piu' grande o giovane, non ne ho la minima idea, ma e' comunicativa, parla bene inglese e mongolo, e' molto educata e simpatica. Fossero tutte cosi' le cinesi....
Insomma, tutta la mattina e il primo pomeriggio lo passiamo insieme a fare shopping: stavamo entrambi cercando negozi di musica, io per trovare dei cd metal o punk che mi mancano (ma la produzione mongola e' praticamente ridotta a zero) e lei cd di musica soft per migliorare la comprensione della lingua. Poi siamo andati alle poste, dovevo spedire un pacco di CD in Finlandia e poi a mangiare in un ristorante dove la cameriera non smetteva un secondo di guardarmi e tirare fuori la lingua. Peccato che oggi e domani sono chiusi, aspettero'.
Insomma, verso le 3 del pomeriggio dico ciao alla Cina, lei va a fare un altro po' di shopping per i conti sua e io me ne vado al Caffe' Amsterdam a farmi una cioccolata calda e salutare la camerierina bellina. Inutile dire che della camerierina bellina ne ho perse le tracce fino dalla prima e unica volta che l'ho vista.
In compenso faccio amicizia con Eni, una coreana a dir poco meravigliosa, tanto bella quanto affascinante e intelligente. Siamo stati 3 ore a parlare senza staccare per un secondo il nostro sguardo sull'altro. Non mi succede mai. Con lei c'era una vera e propria attrazione totale, reciproca.
Ad un certo punto che succede? Avete presente le classiche ragazze negre americane di New York, grassocce e con viso da scimmia che magari cantano quegli insopportabili acuti soul e che vogliono attaccare bottone a tutti i costi? Ebbene Ebony (ovvio, non poteva certo chiamarsi Bianca...) era una di queste rompicoglioni. Era li da sola tutto il tempo, chiaramente annoiata, gia' aveva interrotto una volta il mio dolce tubare con la coreana e verso le 6 ha deciso di rompere gli indugi (cioe', i coglioni....) e venire al nostro tavolo a fare un soliloquio. Era il suo primo giorno a Ulaanbaatar...avrei voluto fosse l'ultimo.
Insomma, situazione imbarazzante, io che ad un certo punto decido di andare via, la coreana capisce ma rimane sommersa dal torrente di parole della maledetta negra.
Rimaniamo comunque d'accordo che ci sentiamo piu' tardi per passare il capodanno insieme. Magari anche a casa sua visto che non ha molta voglia di starsene al freddo all'aperto. Mmmm...perche' no? penso io.
Torno alla UB e mi ricordo che avevo promesso alla donna cinese con cui ero uscito la mattina di insegnargli a masterizzare i CD. Me la cavo in 10 minuti, penso, poi telefono a Eni la coreana e voila', il capodanno che ho sempre sognato.
I 10 minuti si trasformano in 3 ore di bestemmie, maledizioni, voglia di fracassare il computer. Per insegnarle a masterizzare i CD dovevo innanzitutto insegnarle ad accendere il computer, a creare cartelline e trovare un programma adatto per masterizzare tenendo conto che tutto il suo sistema operativo, lingua e istruzioni stesse del computer erano in cinese stretto. Risolto tutto questo ecco la fatidica domanda: "Bene, adesso dimmi dove sono le canzoni e ti dico come si fa a metterle su CD"
"Quali canzoni? Non ne ho neanche una, non so come si fa a scaricarle da Youtube"
Sento il sangue raggelarmi nelle vene e vedo la coreana - alla quale nel frattempo avevo gia' detto che avrei fatto un po' in ritardo - sempre piu' lontana dal mio capodanno.
Scaricare musica da Youtube non e' facile, con un computer cinese diventa praticamente impossibile. Esistono fondamentalmente 2 metodi: quello piu' veloce e' copiare l'URL del video di Youtube su una pagina web che automaticamente te lo salva in formato Mp3 sul tuo computer oppure, secondo metodo, copi l'URL su un programma precedentemente installato chiamato Atubecatcher e converti l'output dal formato FLV al formato Mp3 (o WAV che e' 100 volte meglio anche se non lo sa nessuno...tutti i CD che si comprano nei negozi sono in formato WAV, FLAC o OGG per la cronaca) tramite un altro programma tipo Easy CD DA Converter che funziona anche da masterizzatore.
Bene, fare tutto cio' con un computer cinese diventa impossibile: i siti non funzionano, non si aprono, sono censurati, non e' possibile scaricare i programmi perche' pagine come Mediafire e Rapidshare sono censurate. I computer cinesi hanno un doppio livello di controllo/censura: uno ovviamente e' quello effettuato sui server, quindi quando navighi su internet moltissimi siti "scomodi" semplicemente non li puoi aprire (Facebook, i blog, tutte le pagine relavite al Tibet o a Tien An Men e moltissimi altri, cosi' come molte email che mandi arrivano incomplete o totalmente bianche perche' programmi-spia posti nei server analizzano i contenuti delle email e rilevano automaticamente i contenuti scomodi, parole tipo "democrazia", "dittatura" ecc....).
Il secondo livello di censura avviene a livello del software stesso posto dentro il computer che compri in Cina. Dentro ogni computer prodotto e commercializzato in Cina ci sono dei chip che hanno la stessa funzione "preventrice" dei server, cioe' operano una prima forma di censura sulle pagine internet. Questo perche' molti cinesi che vanno all'estero possono accedere, tramite i server non cinesi, alle "pagine proibite" che nessun cinese deve conoscere o deve saperne persino l'esistenza. Occhio non vede, cuore non duole.
Quindi fare una operazione semplice come scaricare musica, programmi per la conversione audio e la masterizzazione su un computer cinese (dove tutto Windows e' scritto in cinese stretto, oltretutto) non richiede quei 10 minuti che speravo ma perlomeno 2-3 giorni di Madonne e Santi bestemmiati in tutti gli epiteti possibili per trovare una soluzione per aggirare tutti questi blocchi, divieti, censure.
Ci accordiamo con la Coreana per un soffertissimo e ritardatissimo appuntamento alle 23.50 all'incrocio del Flower Market, a 100 metri da casa mia e 150 da Shukbaatar Square dove ci sarebbe stato uno spettacolo meraviglioso e dove mezza Ulaanbaatar avrebbe festeggiato il nuovo anno.
Nel frattempo, verso le 23.35-23.40 Dan l'argentino chiavador assieme all'Americano che gira il mondo da 8 anni, la polacca che la notte prima era entrata nella nostra camera totalmente nuda dalla doccia e manca poco che mi prendeva un infarto, un simpaticissimo ragazzo thailandese di Bangbuathong (lo stesso paesino dove abitava il mio fratello nel 2004....), uno svizzero dal volto sempre devastato che sembra perennemente fatto di eroina e il sosia gemello svizzero del Perrotta erano usciti assieme alla giovane guardiana popputa della Guesthouse per andare tutti a Shukbaatar.
In pratica dalle 23.40 alle 23.50 eravamo rimasti soli io e la donna cinese, con io che avevo gia' un piede nelle scarpe e l'uccello in tiro, pronto per uscire.
Dei padroni della Guesthouse nessuna traccia....erano via dalla mattina e sarebbero tornati soltanto la sera del giorno dopo. Solo questa guardiana popputa e carina era rimasta ma aveva deciso di seguire i miei compagni di camerata per festeggiare la mezzanotte.
"Staro' via 15 minuti, potete aspettarmi?" . Non c'e' problema, la donna cinese sarebbe stata li da sola, a guardare la tv e aspettare il suo ritorno.
Ore 23.48: incombe la tragedia.
Bussano alla porta...io ero gia' col giubbotto addosso pronto all'appuntamento in paradiso con la coreana (anche se, a causa dei ritardi, mi sembrava gia' un purgatorio).
Bussano. Pensavo fossero i miei amici tornati indietro a prendere qualcosa. La cinese va ad aprire e subito dopo un gruppo di 4 russe fighe ed ubriachissime irrompe nella guesthouse. Bottigle di vodka che rotolano dappertutto assieme ai loro corpi. Un paio di loro corrono nel corridoio e cominciano ad accanirsi contro il lucchetto della Stanza numero 8, invano.
"Chi sono?" domando alla cinese
"Boh" risponde lei.
Intuisco subito il dramma umano che mi e' appena piombato addosso.
"Sei sicura che non le conosci? Io non le ho mai viste ma puo' anche darsi che abitino qui...siamo stati via tutto il giorno, so una sega chi e' arrivato oggi e chi no"
"Non ne sono sicura, forse abitano qui, forse sono solo ubriache venute qui per caso" risponde lei piu' o meno.
Inutile chiamare la guardiana popputa....aveva lasciato il cellulare qui per paura che glie lo rubassero e probabilmente era in qualche angolino di Shukbaatar Square a trastullarsi con Dan, el argentino chiavador. Cosa fare? Le tipe cominciano a far casino, urlano, vociano, nessuna parla inglese ed hanno tutte una gran voglia di cazzo. Mi chiamano, mi chiedono di aiutarle ad aprire la porta, una comincia a sbottonarsi la camicia sotto la quale c'erano due palloni di Maradona notevoli. Io non so cosa fare...sono delle estranee totalmente ubriache? Sono veramente le abitatrici della stanza numero 8? Ma se lo sono veramente come mai non ricordano la combinazione del lucchetto?
Io vorrei sbatterle fuori a calci nel culo ma capisco che se sono veramente clienti della locanda hanno diritto ad entrare nella loro stanza. Ma se sono ubriache venute qui per caso e fanno casino, ci siamo solo io e questa povera donnina cinese a far da guardia alla locanda.
I minuti passano, mi ero completamente dimenticato di Eni la coreana. Le mando un messaggio.
"Fuck you" e' il suo SMS di risposta. Da allora non ne ho avuto piu' notizia nonostante i 4 messaggi che le ho mandato. Fine dei sogni e colata di merda sul bellissimo, eroticissimo pomeriggio passato insieme, su tutta l'escalation di attrazione reciproca che eravamo riusciti a costruire.
I 15 minuti sono gia' passati da un bel pezzo, la guardiana popputa non accenna a ritornare. Bussano alla porta. E' lei, penso.
Apro....altri 5 ragazzi russi irrompono dentro, ancor piu' ubriachi delle sconosciute di prima che sono di la' nel corridoio tutte stravaccate e seminude.
I ragazzi corrono dalle loro compatriote, nuove bottigle di Vodka cominciano a girare.
"Chi sono?" chiedo alla mia amica cinese
"Boh" risponde lei
"Sei sicura che non li conosci? Io non li ho mai visti ma puo' anche darsi che abitino qui...siamo stati via tutto il giorno, so una sega chi e' arrivato oggi e chi no"
"Non ne sono sicura, forse abitano qui, forse sono solo ubriachi venuti qui per caso"
risponde lei piu' o meno.
Mi sembra di rivivere una situazione gia' sperimentata in precedenza. Ormai ho perso il controllo della situazione, la festa di mezzanotte, la chiavata con la coreana, la possibilita' di raggiungere i miei camerati, la speranza di passare un capodanno decente.
Nel corridoio succede di tutto, bottiglie che rotolano, gente che sbatte contro il muro, la tazza del cesso smerdata, lo sciacquone distrutto......una tipa, Natasha (altra situazione di deja-vu) comincia a razzolare tra i pantaloni di un suo amico per tirarne fuori uno sbrindello smencio sul quale comincia a lavorarci faticosamente di bocca. Io li fermo, a tutto c'e' un limite.
Ad un certo punto Chuck Norris di "Invasion U.S.A." si era impadronito della mia anima, mescolandosi alla mia gia' patetica figura di Piccola Vedetta Sarda deamicisiana, incrociandosi con "Altrimenti ci arrabbiamo".
Avrei voluto proprio essere come Chuck Norris nel bellissimo film di Joseph Zito che da solo, armato di mitra, affronta una allucinante invasione di russi comunisti nella terra della liberta'.
Allo stesso modo avrei voluto avere un fucile a pompa, una mazza, ogni cosa per liberarmi di torno di quelle distillerie ambulanti di Vodka che erano di la.
Volevo andarmene via ma non potevo lasciare quella povera cinesina li da sola....chissa' cosa le sarebbe potuto capitare. Allo stesso modo le stanze dei dormitori erano tutte aperte: c'erano i computeri miei e di tutti gli altri ragazzi, i loro cellulari, tutti i nostri passaporti e documenti, macchine fotografiche, forse anche soldi. Non potevo uscire e lasciare tutto alla portata di questa gente: sconosciuti o effettivi inquilini della guesthouse che fossero, erano chiaramente fuori di se.
Ore 01.30....finalmente torna la guardiana popputa che doveva starsene via solo 15 minuti. Mano nella mano con Dan el argentino chiavador e in compagnia di tutti gli altri. Mi incazzo come una bestia. La tipa riesce finalmente ad aprire la porta della camera numero 8. Mi incazzo ancora di piu'.
Mezz'ora dopo siamo tutti li: io, Dan l'argentino chiavador, l'americano che si gira il mondo da 8 anni, la guardiana popputa, lo svizzero sosia gemello del Perrotta e il suo compare sempre sul punto di morire d'overdose, la polacca nuda della mia visione notturna la sera prima, il thailandese concittadino di mio fratello, i 9 russi ubriachissimi, tutti a bere, mangiare la torta, abbracciarsi, ridere, scherzare insieme in vera allegria in questo incredibile, merdosissimo, ridicolo, indimenticabile, capodanno mongolo. Solo Eni, la mia dolce coreana mancava, ma anche questo fa parte del destino immutabile di chi nasce perdente.
Buon 2012 a tutti da Ulaanbaatar, Mongolia, centro del mondo e di molti destini.
E pensare che nel pomeriggio, fino a poche ore prima del fatidico scoccare della mezzanotte le cose non si erano messe bene, ma in modo semplicemente fantastico. C'erano tutte le premesse per passare un capodanno bellissimo, meraviglioso, incredibile. Incredibile lo e' stato sicuramente, ma non nel senso che mi immaginavo.
Ma andiamo per ordine, per vedere tutta la catena di eventi che dal pardiso hanno portato alla merda.
La mattina sono uscito con....boh, non mi ricordo il suo nome, una simpatica donna cinese che vive qui alla UB Guesthouse da diversi mesi. Era il suo ultimo giorno a Ulaanbaatar e quindi doveva andare a fare un po' di shopping. E' una donna di eta' indefinibile, potrebbe avere la mia eta' come essere piu' grande o giovane, non ne ho la minima idea, ma e' comunicativa, parla bene inglese e mongolo, e' molto educata e simpatica. Fossero tutte cosi' le cinesi....
Insomma, tutta la mattina e il primo pomeriggio lo passiamo insieme a fare shopping: stavamo entrambi cercando negozi di musica, io per trovare dei cd metal o punk che mi mancano (ma la produzione mongola e' praticamente ridotta a zero) e lei cd di musica soft per migliorare la comprensione della lingua. Poi siamo andati alle poste, dovevo spedire un pacco di CD in Finlandia e poi a mangiare in un ristorante dove la cameriera non smetteva un secondo di guardarmi e tirare fuori la lingua. Peccato che oggi e domani sono chiusi, aspettero'.
Insomma, verso le 3 del pomeriggio dico ciao alla Cina, lei va a fare un altro po' di shopping per i conti sua e io me ne vado al Caffe' Amsterdam a farmi una cioccolata calda e salutare la camerierina bellina. Inutile dire che della camerierina bellina ne ho perse le tracce fino dalla prima e unica volta che l'ho vista.
In compenso faccio amicizia con Eni, una coreana a dir poco meravigliosa, tanto bella quanto affascinante e intelligente. Siamo stati 3 ore a parlare senza staccare per un secondo il nostro sguardo sull'altro. Non mi succede mai. Con lei c'era una vera e propria attrazione totale, reciproca.
Ad un certo punto che succede? Avete presente le classiche ragazze negre americane di New York, grassocce e con viso da scimmia che magari cantano quegli insopportabili acuti soul e che vogliono attaccare bottone a tutti i costi? Ebbene Ebony (ovvio, non poteva certo chiamarsi Bianca...) era una di queste rompicoglioni. Era li da sola tutto il tempo, chiaramente annoiata, gia' aveva interrotto una volta il mio dolce tubare con la coreana e verso le 6 ha deciso di rompere gli indugi (cioe', i coglioni....) e venire al nostro tavolo a fare un soliloquio. Era il suo primo giorno a Ulaanbaatar...avrei voluto fosse l'ultimo.
Insomma, situazione imbarazzante, io che ad un certo punto decido di andare via, la coreana capisce ma rimane sommersa dal torrente di parole della maledetta negra.
Rimaniamo comunque d'accordo che ci sentiamo piu' tardi per passare il capodanno insieme. Magari anche a casa sua visto che non ha molta voglia di starsene al freddo all'aperto. Mmmm...perche' no? penso io.
Torno alla UB e mi ricordo che avevo promesso alla donna cinese con cui ero uscito la mattina di insegnargli a masterizzare i CD. Me la cavo in 10 minuti, penso, poi telefono a Eni la coreana e voila', il capodanno che ho sempre sognato.
I 10 minuti si trasformano in 3 ore di bestemmie, maledizioni, voglia di fracassare il computer. Per insegnarle a masterizzare i CD dovevo innanzitutto insegnarle ad accendere il computer, a creare cartelline e trovare un programma adatto per masterizzare tenendo conto che tutto il suo sistema operativo, lingua e istruzioni stesse del computer erano in cinese stretto. Risolto tutto questo ecco la fatidica domanda: "Bene, adesso dimmi dove sono le canzoni e ti dico come si fa a metterle su CD"
"Quali canzoni? Non ne ho neanche una, non so come si fa a scaricarle da Youtube"
Sento il sangue raggelarmi nelle vene e vedo la coreana - alla quale nel frattempo avevo gia' detto che avrei fatto un po' in ritardo - sempre piu' lontana dal mio capodanno.
Scaricare musica da Youtube non e' facile, con un computer cinese diventa praticamente impossibile. Esistono fondamentalmente 2 metodi: quello piu' veloce e' copiare l'URL del video di Youtube su una pagina web che automaticamente te lo salva in formato Mp3 sul tuo computer oppure, secondo metodo, copi l'URL su un programma precedentemente installato chiamato Atubecatcher e converti l'output dal formato FLV al formato Mp3 (o WAV che e' 100 volte meglio anche se non lo sa nessuno...tutti i CD che si comprano nei negozi sono in formato WAV, FLAC o OGG per la cronaca) tramite un altro programma tipo Easy CD DA Converter che funziona anche da masterizzatore.
Bene, fare tutto cio' con un computer cinese diventa impossibile: i siti non funzionano, non si aprono, sono censurati, non e' possibile scaricare i programmi perche' pagine come Mediafire e Rapidshare sono censurate. I computer cinesi hanno un doppio livello di controllo/censura: uno ovviamente e' quello effettuato sui server, quindi quando navighi su internet moltissimi siti "scomodi" semplicemente non li puoi aprire (Facebook, i blog, tutte le pagine relavite al Tibet o a Tien An Men e moltissimi altri, cosi' come molte email che mandi arrivano incomplete o totalmente bianche perche' programmi-spia posti nei server analizzano i contenuti delle email e rilevano automaticamente i contenuti scomodi, parole tipo "democrazia", "dittatura" ecc....).
Il secondo livello di censura avviene a livello del software stesso posto dentro il computer che compri in Cina. Dentro ogni computer prodotto e commercializzato in Cina ci sono dei chip che hanno la stessa funzione "preventrice" dei server, cioe' operano una prima forma di censura sulle pagine internet. Questo perche' molti cinesi che vanno all'estero possono accedere, tramite i server non cinesi, alle "pagine proibite" che nessun cinese deve conoscere o deve saperne persino l'esistenza. Occhio non vede, cuore non duole.
Quindi fare una operazione semplice come scaricare musica, programmi per la conversione audio e la masterizzazione su un computer cinese (dove tutto Windows e' scritto in cinese stretto, oltretutto) non richiede quei 10 minuti che speravo ma perlomeno 2-3 giorni di Madonne e Santi bestemmiati in tutti gli epiteti possibili per trovare una soluzione per aggirare tutti questi blocchi, divieti, censure.
Ci accordiamo con la Coreana per un soffertissimo e ritardatissimo appuntamento alle 23.50 all'incrocio del Flower Market, a 100 metri da casa mia e 150 da Shukbaatar Square dove ci sarebbe stato uno spettacolo meraviglioso e dove mezza Ulaanbaatar avrebbe festeggiato il nuovo anno.
Nel frattempo, verso le 23.35-23.40 Dan l'argentino chiavador assieme all'Americano che gira il mondo da 8 anni, la polacca che la notte prima era entrata nella nostra camera totalmente nuda dalla doccia e manca poco che mi prendeva un infarto, un simpaticissimo ragazzo thailandese di Bangbuathong (lo stesso paesino dove abitava il mio fratello nel 2004....), uno svizzero dal volto sempre devastato che sembra perennemente fatto di eroina e il sosia gemello svizzero del Perrotta erano usciti assieme alla giovane guardiana popputa della Guesthouse per andare tutti a Shukbaatar.
In pratica dalle 23.40 alle 23.50 eravamo rimasti soli io e la donna cinese, con io che avevo gia' un piede nelle scarpe e l'uccello in tiro, pronto per uscire.
Dei padroni della Guesthouse nessuna traccia....erano via dalla mattina e sarebbero tornati soltanto la sera del giorno dopo. Solo questa guardiana popputa e carina era rimasta ma aveva deciso di seguire i miei compagni di camerata per festeggiare la mezzanotte.
"Staro' via 15 minuti, potete aspettarmi?" . Non c'e' problema, la donna cinese sarebbe stata li da sola, a guardare la tv e aspettare il suo ritorno.
Ore 23.48: incombe la tragedia.
Bussano alla porta...io ero gia' col giubbotto addosso pronto all'appuntamento in paradiso con la coreana (anche se, a causa dei ritardi, mi sembrava gia' un purgatorio).
Bussano. Pensavo fossero i miei amici tornati indietro a prendere qualcosa. La cinese va ad aprire e subito dopo un gruppo di 4 russe fighe ed ubriachissime irrompe nella guesthouse. Bottigle di vodka che rotolano dappertutto assieme ai loro corpi. Un paio di loro corrono nel corridoio e cominciano ad accanirsi contro il lucchetto della Stanza numero 8, invano.
"Chi sono?" domando alla cinese
"Boh" risponde lei.
Intuisco subito il dramma umano che mi e' appena piombato addosso.
"Sei sicura che non le conosci? Io non le ho mai viste ma puo' anche darsi che abitino qui...siamo stati via tutto il giorno, so una sega chi e' arrivato oggi e chi no"
"Non ne sono sicura, forse abitano qui, forse sono solo ubriache venute qui per caso" risponde lei piu' o meno.
Inutile chiamare la guardiana popputa....aveva lasciato il cellulare qui per paura che glie lo rubassero e probabilmente era in qualche angolino di Shukbaatar Square a trastullarsi con Dan, el argentino chiavador. Cosa fare? Le tipe cominciano a far casino, urlano, vociano, nessuna parla inglese ed hanno tutte una gran voglia di cazzo. Mi chiamano, mi chiedono di aiutarle ad aprire la porta, una comincia a sbottonarsi la camicia sotto la quale c'erano due palloni di Maradona notevoli. Io non so cosa fare...sono delle estranee totalmente ubriache? Sono veramente le abitatrici della stanza numero 8? Ma se lo sono veramente come mai non ricordano la combinazione del lucchetto?
Io vorrei sbatterle fuori a calci nel culo ma capisco che se sono veramente clienti della locanda hanno diritto ad entrare nella loro stanza. Ma se sono ubriache venute qui per caso e fanno casino, ci siamo solo io e questa povera donnina cinese a far da guardia alla locanda.
I minuti passano, mi ero completamente dimenticato di Eni la coreana. Le mando un messaggio.
"Fuck you" e' il suo SMS di risposta. Da allora non ne ho avuto piu' notizia nonostante i 4 messaggi che le ho mandato. Fine dei sogni e colata di merda sul bellissimo, eroticissimo pomeriggio passato insieme, su tutta l'escalation di attrazione reciproca che eravamo riusciti a costruire.
I 15 minuti sono gia' passati da un bel pezzo, la guardiana popputa non accenna a ritornare. Bussano alla porta. E' lei, penso.
Apro....altri 5 ragazzi russi irrompono dentro, ancor piu' ubriachi delle sconosciute di prima che sono di la' nel corridoio tutte stravaccate e seminude.
I ragazzi corrono dalle loro compatriote, nuove bottigle di Vodka cominciano a girare.
"Chi sono?" chiedo alla mia amica cinese
"Boh" risponde lei
"Sei sicura che non li conosci? Io non li ho mai visti ma puo' anche darsi che abitino qui...siamo stati via tutto il giorno, so una sega chi e' arrivato oggi e chi no"
"Non ne sono sicura, forse abitano qui, forse sono solo ubriachi venuti qui per caso"
risponde lei piu' o meno.
Mi sembra di rivivere una situazione gia' sperimentata in precedenza. Ormai ho perso il controllo della situazione, la festa di mezzanotte, la chiavata con la coreana, la possibilita' di raggiungere i miei camerati, la speranza di passare un capodanno decente.
Nel corridoio succede di tutto, bottiglie che rotolano, gente che sbatte contro il muro, la tazza del cesso smerdata, lo sciacquone distrutto......una tipa, Natasha (altra situazione di deja-vu) comincia a razzolare tra i pantaloni di un suo amico per tirarne fuori uno sbrindello smencio sul quale comincia a lavorarci faticosamente di bocca. Io li fermo, a tutto c'e' un limite.
Ad un certo punto Chuck Norris di "Invasion U.S.A." si era impadronito della mia anima, mescolandosi alla mia gia' patetica figura di Piccola Vedetta Sarda deamicisiana, incrociandosi con "Altrimenti ci arrabbiamo".
Avrei voluto proprio essere come Chuck Norris nel bellissimo film di Joseph Zito che da solo, armato di mitra, affronta una allucinante invasione di russi comunisti nella terra della liberta'.
Allo stesso modo avrei voluto avere un fucile a pompa, una mazza, ogni cosa per liberarmi di torno di quelle distillerie ambulanti di Vodka che erano di la.
Volevo andarmene via ma non potevo lasciare quella povera cinesina li da sola....chissa' cosa le sarebbe potuto capitare. Allo stesso modo le stanze dei dormitori erano tutte aperte: c'erano i computeri miei e di tutti gli altri ragazzi, i loro cellulari, tutti i nostri passaporti e documenti, macchine fotografiche, forse anche soldi. Non potevo uscire e lasciare tutto alla portata di questa gente: sconosciuti o effettivi inquilini della guesthouse che fossero, erano chiaramente fuori di se.
Ore 01.30....finalmente torna la guardiana popputa che doveva starsene via solo 15 minuti. Mano nella mano con Dan el argentino chiavador e in compagnia di tutti gli altri. Mi incazzo come una bestia. La tipa riesce finalmente ad aprire la porta della camera numero 8. Mi incazzo ancora di piu'.
Mezz'ora dopo siamo tutti li: io, Dan l'argentino chiavador, l'americano che si gira il mondo da 8 anni, la guardiana popputa, lo svizzero sosia gemello del Perrotta e il suo compare sempre sul punto di morire d'overdose, la polacca nuda della mia visione notturna la sera prima, il thailandese concittadino di mio fratello, i 9 russi ubriachissimi, tutti a bere, mangiare la torta, abbracciarsi, ridere, scherzare insieme in vera allegria in questo incredibile, merdosissimo, ridicolo, indimenticabile, capodanno mongolo. Solo Eni, la mia dolce coreana mancava, ma anche questo fa parte del destino immutabile di chi nasce perdente.
Buon 2012 a tutti da Ulaanbaatar, Mongolia, centro del mondo e di molti destini.
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