lunedì 2 gennaio 2012

Scritti Dal Passato - A Ulan Ude, meta' dicembre 2011


Notte in solitaria all'Hotel Buriatyia, una birra nera ed un pacchetto a farmi da compagnia. Ultime righe, ultimi pensieri prima di accantonare la Siberia nella memoria dei ricordi.

Fuori dalla finestra la valle di Ulan Ude sembra cosi' immensa: luci, macchine che corrono sulle strade ghiacciate, ogni tanto qualcuno che cammina in fretta giu' nella piazza deserta.

Sono uscito per mangiare qualcosa ed ho trovato un bel supermercatino che vende di tutto vicino a Ploshad Sovetov, la' dove gira il tram a pochi passi dalla testa di Lenin piu' grande del mondo. Oggi, passando proprio da li, l'ho salutato a pugno chiuso. Chissa' quanti ancora lo fanno, quaggiu'.

La citta' e' carina: ampli viali con palazzi neanche troppo brutti, c'e' vita e traffico, siamo nel cuore dell'Asia artica, in Buriazia, regione autonoma russa in Siberia.
Mi aspettavo di peggio: in realta' e' un posto moderno e pulitissimo, dove si trova di tutto.

Nel pomeriggio sono andato all'universita' di lingue per sentire per un posto di lavoro come insegnante: niente italiano. Solo inglese, tedesco, francese, dasvidania.

Bellissime ragazze buriate si mischiano a russe tradizionali. Chi cerca la bellezza non puo' fare a meno di venire qui. Le buriate, asiatiche dagli zigomi alti e dalla bocca piccola e carnosa tolgono il respiro talmente sono affascinanti nei loro corpi cosi' ben torniti. Con quel colbacco di pelo bianco in testa verrebbe voglia di fare l'amore con tutte quelle che passano. Molte sorridono compiaciute, io cammino sempre con lo sguardo ora a destra e ora a sinistra rischiando sempre di scivolare sul ghiaccio.

In Piazza Sovetov operai indaffarati scolpiscono bellissime statue di ghiaccio: chi con lo scalpello rifinisce dettagli di dragoni, chi ne riempie gli occhi con monetine, chi taglia enormi blocchi con la motosega e chi col pennello dipinge i tratti del disegno da tirar fuori da questo bel ghiaccio durissimo, dai riflessi a volte blu a volte persino verdi dai quali si puo' vedere attraverso talmente e' puro.

Un sole caldo e accogliente rende questo angolo di citta' cosi' vivo, cosi' accogliente, pieno di movimento. Sono stato un paio d'ore a guardare questi lavori col ghiaccio: una fontana, fiori, castelli, persino uno scivolo per far divertire i bambini e le staccionate che circondano gli alberi sono in ghiaccio.

La testa di Lenin guarda severa e silenziosa tutte queste belle persone: studenti, vecchini, giovani ubriachi. Una signora anziana mi ha rimproverato perche' sedevo coi piedi sulla panchina; occhi a mandorla di giovani ragazze scrutano divertite dalla figura di questo straniero che se ne va in giro a giubbotto aperto ed io le osservo a bocca aperta camminare dritte e sicure avvolte nelle loro pellicce di ermellino bianco, bianco come la loro eroticissima shapka che le rende ancor piu' belle, spaventosamente belle.






Pranzo in una yurta: la mia prima yurta. Zuppa di spaghetti con pezzi di manzo, quattro grossi ravioloni detti buuz ripieni di carne, birra e caffe', solo in mezzo a decine d'altra gente. E' incredibile come da fuori questa yurta sembri cosi' piccola e dentro ci stanno tranquillamente almeno 55 persone a sedere soltanto lungo tutta la circonferenza della tenda.

L'entrata e' bassa, nella classica porta in legno intarsiato e multicolore, la stufa posta al centro col lungo tubo che va su dritto fino al buco in cima e tutto attorno, in cerchio tavoli per mangiare. C'e' persino lo stereo e gli altoparlanti, attaccapanni e poster pubblicitari. Un frigorifero e un bel bancone bar offrono tante buone cose.
Chi dice che le yurte sono sinonimo di arretratezza e incivilta' ?

Io ci abiterei qui dentro per tutta la vita.










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