giovedì 15 novembre 2012

Selamat malam Indonesia


The first day I saw her, she made me laugh so much with her funny attitude.

Terima kasih, superwanita. You give me reasons and hopes for the future.

Selamat malam to you, guru saya

giovedì 8 novembre 2012

La Clinica del Dr. Oorloff (e dei suoi amici)

Bukit Bintag, tra la Chinatown miserabile e le Petronas Tower....la strada dei mega centri commerciali di lusso, dei bordelli spacciati per centri massaggi, della puttane e dei travestiti che sono gli unici che ti vengono a scambiare due chiacchiere.

Ma e' anche la strada della misteriosa "Clinica del Dr. Oorloff e dei suoi amici"....
non si sa bene cosa facciano, forse chirurgia plastica....e non si sa bene chi siano i suoi amici....forse l'assistente deforme Morpho e la contessa Irina Karlstein (che, in quanto succhiatrice, da queste parti dovrebbe trovare lavoro abbastanza facilmente....)

Io ci farei un salto...


lunedì 29 ottobre 2012

Sera nella Chinatown di Kuala Lumpur


 Una ragazza sepolta tra le borse del suo negozio siede. Non brutta, non bella: l'avro' vista milioni di altre volte in milioni di altri posti. Non presta nessuna attenzione ai clienti e al mondo. Si fa solo gli affari suoi, appiccicando gli occhi all'ennesimo Ipad. Chissa' da quanti anni sono li quelle borse. Come chissa' da quanti anni sono qui questi ventilatori appiccicati a balaustre di legno antico e bisunto, grondanti sudicio e poco refrigerio. Tavoli e sedie vischiosi, bancone del cibo pieno di piatti sporchi, travi di legno vecchie che sorreggono tetti di lamiera e sacchi di plastica. Amo i ristoranti malesi, questi ristoranti all'aperto, sepolti sotto le logge dei palazzi coi tavoli fuori, con i cuochi che cucinano sul marciapiede proprio sotto le arcate dei palazzi. Due banconi, uno per angolo - perche' i ristoranti all'aperto sono sempre agli angoli delle basi dei palazzi, per prendere i clienti sia dall'una che dall'altra strada, due tavoli nel mezzo per poggiare la roba e piu' cose, fusti d'olio, piatti, rumori, suoni, personale e travi di legno che in un templio buddista. Amo la Malesia per i suoi ristoranti all'aperto, improvvisati cosi' tra le logge e la strada, che riempiono tutti gli spazi possibili.

Di fronte, in una Chinatown piena di bancarelle, indonesiani capelloni e cinesi rasati a zero convivono (non) felicemente l'uno accanto all'altro. Provo a parlare cinese, nessuno capisce. Nel migliore dei casi parlano solo cantonese; nella stragrande maggioranza degli altri parlano solo akka o miao o i dialetti del sud, pieni di toni come il laotiano o nasale e querulo come il thai.
Gente dalla faccia inespressiva, gente dura che pensa solo ai propri affari, gente senza sorrisi che aspettano il prossimo cliente e basta. Mi chiedo se veramente abbiano cognizione della vita. Un malese capellone fuma una sigaretta nella bancarella di borse. Si siede una cinese in minigonna davanti a lui, accanto a me. Lui la guarda con desiderio, lei tira fuori la lingua facendole capire che basta solo mettersi d'accordo sul prezzo.

Oman, panorama dal cesso

Puttane. E' pieno. Le mie amiche sono ancora qui, a lavorare offrendo ancora la patetica scusa dei massaggi.
Da quanti secoli ormai la gente ha capito che il cartello rosso con tariffe per chiena e piedi sono solo dei paraventi? Eppure qui si continua ancora cosi'...massaggi...30 ringgit mezz'ora. Pacca sull'uccello e sorrisino. Mi fa capire che con qualche soldo in piu' e' possibile avere qualcos'altro. L'avevo gia' capito 37 anni anni fa, sorrido ed alzo la mano discretamente per dir di no.

Scroscio di pioggia...questa sera e' arrivato con circa 10 minuti di ritardo. Il malese capelluto si affretta a mettere un telo di plastica sulle sue borsette. Alla cinese non frega niente. Probabilmente manco se ne e' accorta, continua a vivere nel suo mondo assolutamente isolato, non alza nemmeno la testa, non accenna un movimento, non fa neanche caso ad un tipo che entra dentro per ripararsi. Non prova neanche a proteggere le sue preziose borsette. Tanto devono solo essere vendute a qualche sconosciuto essere umano. A volte penso che l'umanita' in Asia non esista, le vite sembrano essere pesate a chili. Qui c'e' solo quantita'.
Una americana parla, parla, fa vedere foto e ragiona di tutto. I cinesi hakka sono impassibili, appoggiati alle colonne marce di questo ristorante infilato a forza sotto le logge del palazzo... paiono statue, Forse non si aspettano niente, forse giusto qualche cliente.

Tutto dipende dai punti di vista: se fossi meno cinico direi "come son belli questi cinesi che muovono impercettibilmente il capo mentre assorti osservano la pioggia" oppure loderei la capacita' di concentrazione della ragazza delle borse. Ma dopo 9 anni di Cina e 20 di cinesi mi son rotto di vedere tutta questa umanita' vuota e senza sentimenti che popola le bancarelle dei mercati. Non un sorriso, non un gesto di felicita', non un moto di accoglienza. Soltanto facce impassibili e vuote, annoiate e prive di qualsiasi emozione.

Uno si scaccola guardando nel vuoto. Un altro guarda semplicemente nel niente. Nessuno parla, eppure c'e' un brusio continuo di rumori, di chiacchiericcio, di suoni gutturali e nasali, di pentole che sbattono, di pestelli che picchiano sul tavolo, di carrelli che scorrono sul ciottolato, di milioni di suoni di milioni di attivita' diverse. A Kuala Lumpur non c'e' mai silenzio eppure tutti quelli che vedo se ne stanno li zitti, per i conti propri.

Viene giu' l'inferno. Meglio cosi'. Piu' piove e meno dura. Lasciamo che si scateni l'acquazzone mentre mi ritrovo ormai il culo appiccicato alla sedia tramite qualche misterioso collante vischioso che si accumula qui da chissa' quanti anni....quanti colori, quanti rumori, quanta gente che c'e' qui.

lunedì 22 ottobre 2012

PAGINE SPARSE - Parte 2. Due mesi fa, di notte


Una spuntata ai capelli e una ancor piu' veloce alla barba. Vestiti buttati alla rinfusa nello zaino. L'ultima notte a Prato e' passata cosi'.

Una maglia a maniche lunghe, una a mezze maniche e alcune t-shirt scelte tra le piu' belline - o tra le meno peggio, il che e' uguale - 2 paia di pantaloni affollati di tasche ed uno normale per le serate importanti. Rasoio, macchina per i capelli, medicine in tubetti sporchissimi che neanche mi ricordo per cosa sono: una sembra una scatola di aspirine russe, due libri che non finiro' mai di leggere ed il solito Topolino che mi ritrovo sempre a comprare all'ultima edicola a disposizione, sempre la solita serie, questa volta ho preso il numero 21. Il primo che presi era il numero 3.

C'e' qualcosa di rituale in questi gesti ripetuti. E' il rituale della banalita'. O la banalita' dei soliti gesti prima di ogni viaggio. Sono punti di vista entrambi validi. 

Ma c'e' anche sempre qualcosa che si dimentica. Ce ne ricordiamo sempre troppo tardi.

E c'e' anche sempre qualcosa che si vuole dimenticare. Ci ritorna in mente quando ormai siamo gia' lontani. Penso alla mia mamma che non ho voluto salutare. Vorrei tornare indietro soltanto per questo. Penso al mio babbo: poche istruzioni, la promessa di trovare un lavoro, un bacino che saranno anni che volevo darglielo e l'ho fatto solo all'ultimo momento. Nient'altro. Chissa' se tornero', chissa' quando. 

Il cielo e' grigio, non fa freddo ma c'e' una atmosfera strana. E' tutto irreale. Tra pochi giorni, a Istanbul, forse comincero' a realizzare meglio il senso di questo viaggio. Per ora non provo niente.

 Ancona-Patrasso e poi ancora Patrasso-Atene, di corsa fino alla grigia e brutta Salonicco e sosta fino a lunedi dal mio amico Makis a Xanthi prima della prima vera tappa, Istanbul, welcome to Asia. Sara' il caso, forse il destino, ma anche lui si trova proprio li a Xanthi in questi giorni a trovare degli amici. E per caso o per destino mi ritrovo per la terza volta in due anni ad essere suo ospite. Forse e' solo la banalita' dei soliti gesti, la ritualita' che sta dietro ogni viaggio. O forse, semplicemente, il mondo sta cominciando a diventare sempre piu' piccolo. Questa volta gli ho portato un regalo, due dvd horror italiani, "Apocalypse domani" e "Suspiria".
Xanthi e' una piccola cittadina nel bel mezzo della Tracia, a meta' strada tra Salonicco e il confine turco. Mi piace la sua vivacita' fatta di vita notturna tra pub e discoteche, piccoli bar e taverne semplici coi tavoli e le sedie in legno bianchi e blu, dove tutto e' al contempo moderno e tradizionale, tra giovani universitari metallari e vecchi baffuti che giocano a backgammon e bevono ouzo. I suoi vicolini in salita, l'architettura ortodossa ottocentesca un po' povera e la moderna trasgressivita' delle piccole realta' periferiche. Siamo gia' con un piede in Asia, tra giovani in motorino senza casco e semafori bellamente ignorati, notti infinite tra un locale e un altro e semplici casette vecchie accanto a grigi palazzoni in cemento pieni di negozietti al pian terreno.
Tutto attorno monti silenziosi, alti e scuri carichi di solitudine e storia millenaria.


E gia' mi immagino Istanbul di sera, seduto sulla veranda della locanda con vista su Haga Sofia e la Moschea Blu, bicchiere di Efes e pensieri in solitaria, la piccola Bidiraya a vendere fiori al molo di Kadikoy, i suoi occhi. Tutto mi sembra gia' cosi' familiare. Forse lo e', basta soltanto allargare le vedute, gli spazi. E' come se andassi a trovare degli amici, bere una birra con loro e passare qualche giorno da solo a scrivere e farmi un po' di affari mia. Solo che gli amici non sono in centro ma sparsi tra Grecia, Turchia, Nepal, Cina e chissa' dove altro. La birra non e' da Ozne ma di fronte a Minar Mehmet Aga e Sultanhamet. Di solitudine e affari miei ne avro' a bizzeffe sulla lunga strada che dalla Turchia mi portera' in Iran e poi Pakistan e ancora Xinjiang, Cina, Tibet, Nepal, India, Indocina, forse Siberia, Mongolia. Non so neanche io precisamente dove. Ne' come. Ne' quando. Ora, adesso. E' appena cominciato e non ho voglia di farmi nessuna domanda. Penso a quella bella donna nepalese che, nuda, si lavava sotto la cascata al bordo della strada, i suoi capelli neri lunghissimi e il suo corpo sinuoso. Di qua monti assassini di cui non si vedeva la cima, di la l'abisso col fiume impetuoso. Nel mezzo il nostro piccolo autobus che arrancava verso Kathmandu. Vorrei rivederla lavarsi sotto la cascata. E questa volta fermarmi da lei

Filippo mi ha detto che ormai ho 37 anni - vabbe' significa che ce li ha anche lui - e dovrei pensare a trovare un lavoro, pensare a babbo e mamma, pensare al futuro. Ci sono tante cose a cui pensare. Ne ho tutto il tempo e tutte le intenzioni. L'ho promesso a babbo.

Ieri il Sanzio mi ha detto che il turista sa quando parte e quando torna, dove va e dove sta. Il viaggiatore sa quando parte ma non sa nient'altro. A febbraio dovrebbe essere in Thailandia. Forse ci vediamo.

Il Sanzio, Lorenzo, il Germano, Marco della Human Discount, Valeriano e il Baldadeath...ogni giorno saranno sempre piu' lontani. Vorrei che fossero tutti qui, adesso, a bere una birra tutti insieme sul ponte della Minoan Lines, in questa calda notte in mezzo al mare. Vorrei condividere sempre con loro il viaggio, le attese, le sorprese, le paure, le birre a Xanthi e sulla veranda di fronte alla Moschea Blu. L'amicizia e' tanto piu' dolorosa quanto piu' e' la distanza che ci separera', ma non posso fare a meno di viaggiare, questa e' la mia vita, ma vorrei tanto che fossero qui. Anche solo per un Negroni tutti insieme.

Tra 20 ore arrivero' a Patrasso, e in un altro giorno di viaggio via treno dopo soste ad Atene e Salonicco saro' a Xanthi dove rivedro' Makis. Poi sentiro' quel capitano turco a Kadikoy se ha un lavoro da offrirmi sulla sua nave. E poi ancora mi girero' e rigirero' nella cuccetta nelle calde notti sul treno indiano e poi mi fermero' a mangiare in quelle belle baracche sulla strada polverosa, assolata, tropicale di Bhairahawa nel Terai e poi ancora a cercare Goran a Bangbuathong e poi e poi e poi...e poi se un giorno imparassi a scrivere mi fermero' sulla spiaggia malese e raccontero' di posti, luoghi, amici e, chissa', forse  anche amori, immerso nel silenzio e nella pace del mio bel bungalow tra la spiaggia e la yungla.


Come sempre questo e' solo un inizio, un nuovo, ennesimo inizio - ancora una volta diretto verso le lande sconfinate dell'Asia. E' tanto grande e immensa, diversa, piena di genti, culture, lingue e religioni diverse. Il Kasimpasa e' secondo in classifica, Filippo e' ritornato a vivere dalle parti di Fuzhou  ed io non ho ancora nessun visto sul passaporto. Sto tornando in Asia.  

 

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Xanthi, Tracia greca quasi turca. Una oasi felice circondata da montagne brulle e campi riarsi dal sole che qui batte forte quasi tutto l'anno.  Il viaggio da Patrasso a qui non finisce mai, a bordo di trenini che vanno piano ed attraversano paesaggi a volte spettrali, a volte incredibili. Lungo la strada ferrata si incontrano carcasse di vecchi vagoni con la mezzaluna turca, i greci li guardano con orgoglio, simbolo di un odio che non si sopira' mai.
Dal porto di Patrasso si compra il biglietto dell'autobus alla piccolissima stazione della citta' - le stazioni greche sono tutte microscopiche, grandi quanto quelle di qualsiasi fermata locale tra Prato e Firenze: anche Atene non scherza! - e per qualche misterioso motivo si arriva dopo circa due ore di viaggio ad uno sperduto sovrappasso dalle parti di Kiros, dove in una lugubre stazione ci aspetta il treno per Atene. Non ho mai capito come mai non ci sia un collegamento diretto da Patrasso invece di sorbirsi tornanti, salite e discese sulla bellissima costa a bordo di un comodo autobus per raggiungere questo sputacchio di fermata del treno sperduta nel nulla.
Fatto sta che da Kiros ad Atene ci vuole circa un'altra ora e mezza ed attenzione a prendere il treno giusto: io mi son ritrovato alle undici la sera nella periferia piu periferia di Atene, dannandomi l'anima e andando a casaccio prima di trovare la stazione centrale della citta'. A farmi compagnia puttane, uomini maleducati che manco ti rispondono e giovanotti stile Gioventu' ribelle.
Per fortuna il treno per Salonicco parte a mezzanotte, quindi ho avuto tempo di farmi il solito kebab al delizioso Estiatorio Psistaria, di faccia alla stazione. Un bel giardinetto con tavolini illuminati, atmosfera rilassante e padrona albanese gentilissima fanno da contraltare a clienti e passanti tutt'altro che rassicuranti ma fino ad ora inoffensivi.
Come la prima volta anche la tratta fino a Salonicco me la son fatta sdraiato sul pavimento, posti a sedere sempre esauriti ed un caldo soffocante. E tante fiche come sempre, perche' le greche sono veramente dei gran bei pezzi di figliole. Detto da uno che c'ha solo la passera orientale in testa e' tutto un dire. Sono 6 ore che non passano mai e qui non e' come in Cina dove tutti ti guardano con curiosita' e vengono a chiacchierare o tempestarti di domande. I greci sono scontrosi, quasi ai limiti dell'ostilita', sicuramente indifferenti ma sempre con sguardi carichi di rancore. Chissa' perche': forse assomiglio ad un turco o ad un georgiano, gente poco amata da queste parti, come tutti gli altri vicini confinanti. 

PAGINE SPARSE. Parte 1 - Addio Turchia


18 Ottobre

 

Dopo sei settimane sto per dire addio alla Turchia. Non ci posso credere.

Un mese ad Istanbul e 2 settimane ad Ankara, ed adesso che ho il visto per l'Iran, quasi quasi mi dispiace partire. Cominciavo ad abituarmi, a stare bene, mi sentivo come a casa.

Anche Ankara - che tutti dicono essere una citta' anonima e noiosa - e' stata una bella esperienza e le persone sono mille volte meglio che a Istanbul. Perlomeno non ti trattano come l'ennesimo turista da spennare, anche perche' qui di turisti ne ho visti solo uno: quella ciociara conquantaseienne pazza che si e' girata 140 paesi e 24 territori speciali.

Okan, Tolga, Can, Oyul....tutti bravi ragazzi simpatici che lavorano al Zid Muzik Shop accanto allo Oyes Pizza, davanti alla Grande Moschea. Okan e' grosso e tondo, dalla faccia simpatica e dai modi gentilissimi, una pastina d'uomo. Tolga e' alto e grosso, dalla faccia scura un po' inquietante ma cortese e bonaccione come Okan, sempre ad offire te' e roba da mangiare, sempre un po' timido e premuroso. Mi ha promesso di aiutarmi con la ragazza dell Oyes Pizza, li accanto. Sia Okan che Tolga sono religiosissimi eppure la cosa ne' si nota ne' e' un problema per la comunicazione. Amo la tolleranza religiosa dell'islamismo in generale e dell'islamismo turco in particolare. Come in Malesia e in Indonesia l'islamismo ha una bella attitudine alla tolleranza e alla pacifica convivenza. Scordiamoci quelle minchiate che si leggono sui giornali sul carattere violento, guerrafondaio ed intollerante di questa religione: il cristianesimo lo e' molto di piu' e se in paesi come Iran, Siria, Sudan, Libia ci sono stati (e ci sono) casini e' perche' sono i loro leader che usano tutti i mezzi a loro disposizione per mantenere la popolazione in un regime di oppressione e paura. Ma i motivi sono quasi sempre di natura economica: Gheddafi era il padrone assoluto della Libia e delle sue risorse naturali; Mubarak era il padre-padrone di un Egitto che ha da decenni il pallino di diventare la nazione leader del mondo arabo e della lotta contro Israele se non fosse altro perche' ha il controllo dello streetto di Suez, uno dei punti chiave delle comunicazioni mondiali. E l'Iran del bizzarro presidente nonmiricordoilnome ha sempre avuto questo forte senso di frustrazione di sentirsi una nullita' in confronto alla Turchia e all'India. Loro che erano - che si cosideravano - la piu' evoluta e splendida civilta' del passato (i persiani con Ciro il Grande....ma poi quanto mai saranno durati?) adesso sono schiacciati dalla crescente importanza economica e politica di una Turchia qualsiasi e dall'India nuova nazione leader (?) dell'Asia. La colpa e' del veccghio regime dello Scia', debosciato e corrotto, fatto di donnine senza velo e maschi dediti all'arte e ai vizi dell'occidente. Allora via la liberta', su i veli, via alcool e vizi, qualche bella guerra per far vedere che la Rivoluzione del 1979 ha risvegliato il sopito orgoglio della popolazione (?) e tante nuove belle bombe atomiche per far vedere che il paese e' LA superpotenza del medioriente, alla faccia di Egitto e Turchia. La religione e' usata da quei 2 pazzi barbuti di Khamenei e nonmiricordoilnome per mantenere in schiavitu' una popolazione di cui penso non freghi niente ne' di bombe atomiche ne' di ruoli leader nello scacchiere mondiale.

Eppure non e' colpa della religione: in Cina il pensiero maoista e la tradizione confuciana opprimono ancora la societa' in senso dispotico e illiberale. In Mongolia la figura di quel pazzo psicopatico assassino di Gengis Khan e' venerata tutt'ora nelle scuole e professori, politici, filosofi e gente comune si augurano un suo ritorno per avere la rivincita su Russia e Cina; in America lo spauracchio del terrorismo islamico e' la nuova arma di controllo psicologico delle masse....in Grecia si sventola la bandiera della lotta all'immigrazione clandestina come soluzione per affrontare la crisi economica (il partito ultranazista della Golden Dawn ha raggiunto il 24% dei voti alle elezioni politiche nazionali: in nessun altro paese del mondo un partito di estrema destra, radicale e dichiaratamente nazista ha simili percentuali). Insomma...non esiste un paese dove per una scusa o per l'altra si usa l'economia, la lotta all'immigrazione, la religione, il retaggio storico e culturale per il verso giusto. Sono sempre tutti mezzi per far propaganda ed influenzare il pubblico, soprattutto le fasce piu' povere e represse della popolazione, quelle che non hanno molto cervello per pensare da sole.

Eppure mi manchera' la bella tolleranza religiosa che si respira in Turchia. Mi manchera' quell'islamismo semplice fatto di rispetto per le altre religioni e verso chi e' ateo. Se fossimo in Italia la gente si divertirebbe a bestemmiare e ridere sulla religione. Qui basta dire "mi dispiace non sono religioso" o "sono musulmano e non cattolico" e finisce li: senza bestemmie, senza odi, senza bisogno di psicanalizzare chi crede o non crede come schiavo o liberato dalle catene psicologiche di condizionamenti mentali imposti....se nn sei religioso non ha senso bestemmiare. Anche Oyul, l'altro ragazzo dalla faccia simpaticissima e un po' nerd del Zid Muzik e' ateo eppure considera Tolga e Okan, religiosissimi, come suoi fratelli.

"Io li rispetto e loro rispettano me, e la nostra fratellanza va al di la delle differenze religiose" e' la sua risposta. Bella e semplice, assolutamente perfetta nel liquidare tutte quelle stupide baggianate che sento  dire dai miei amici e conoscenti su facebook. La gente in Italia prende per il culo chi crede o offende qualcuno dandogli di Papaboy pensando che dare di credente al giorno d'oggi sia una offesa tra le piu' brutte....ecco, vorrei che questa gente venisse qui a vedere cosa e' il rispetto per la religione e la reciproca tolleranza tra credenti e non credenti. C'e' un modo di fare semplice ed onesto nelle persone, anche tra quelli con le facce piu' da criminali e meno raccomandabili che ha qualcosa di esemplare. Nessuno dice parolacce o volgarita', nessuno fa il ganzo scrivendo bestemmie o offese gratuite tanto per suscitare risate...c'e' una mentalita' molto educata, molto basata sul  rispetto, si.

Ed adesso che dopo 6 settimane lascio la Turchia, quasi quasi mi viene voglia di riperdere il visto per l'Iran un'altra volta, perche' sto veramente cominciando ad affezionarmi a questo posto.

Un caro saluto ai miei nuovi amici Okan, Tolga, Can e Oyul, al chitarrista dei Rektal Tuse/Cenotaph/Deimation, che era tranquillo e simpatico, con un bell'approccio underground  pur suonando nei gruppi piu famosi del paese (non per niente i Rektal use li ha fatti uscire Marco della Human Discount, per dire quanto onesto sia il suo approccio underground alla musica), al batterista dei Sakatat di cui non so il nome e al simpatico padrone della Oyes pizza e la sua carinissima figliola. Ma anche a tutti gli altri bravi ragazzi che ho conosciuto solo per un attimo o di sfuggita, ai due curdi della caverna del tesoro di Ali' Baba' al bazar di cose usate, ai poliziotti educati e acculturati che ti aiutano sempre, ai ragazzi dell'internet point che offrivano sempre cay e calorosi abbracci e a tutta la gente brava e buona che ho conosciuto ed apprezzato in Turchia, il paese piu' bello ed umano che abbia mai attraversato. Grazie a tutti. Un giorno forse ci rivedremo. Inshallah.

 

 

Notte tra il 18 e il 19 ottobre

Joao aveva ragione. La Turchia e' un immenso paese fatto di niente. Campagne brulle piene di grossi sassi bianchi, colline sabbiose e nient'altro. Non si vede un villaggio, non si vede una casa. Poi all'improvviso una citta' che compare e scompare subito dopo. E poi ancora decine e decine e decine di kilometri di niente ancora.

E' mattina, il sole sta spuntando. Mi trovo nel centro della Turchia. Riesco a dormire appoggiato allo zaino e penso di invecchiare. Di solito non mi riesce. O sono veramente stanco o sto cominciando a provare nessuna emozione nel viaggiare. Ricordo il primo viaggio in Cina dove per quasi due giorni non avevo chiuso occhio per la smania di vedere tutto quello che passava dal finestrino, anche di notte nel buio piu' profondo. Adesso dormo come tutti, dormo e lascio scorrere il paesaggio come se lo conoscessi a memoria, come se fossi soltanto uno dei tanti pendolari che ogni giorno si fanno questa strada. Sono tra Kaiseri e Sivas, viaggiamo con circa 2 ore di ritardo. Sembra normale. Il treno e' pulito, la gente e' silenziosa, nessuno fuma. Il sole e' spuntato e la nebbia si stende languida sui campi desolati.

 

19 Ottobre

Ecco Erzurum, cuore del Kurdistan. Ci siamo arrivati con sole tre ore e mezza di ritardo attraverso un paesaggio brullo e spettrale, fatto di polvere, sassi, canyon e fiumi che si diramano in mille diversi canali. Sembra di essere nel Tibet: il solito maestoso silenzio, vento, monti che sembrano vicinissimi, a volte viene voglia di scendere dal treno e incamminarsi verso qualche cima. Non un albero, non una pianta, solo bassa erba giallognola e malaticcia dove pascolano capre e cavalli liberi. Non una casa o una capanna per miglia e miglia ovunque si posi lo sguardo. Solo il silenzio. Poi, improvvisamente miserabili capanne di fango e mattoni in strade sterrate, bambini sporchi che giocano tra cumuli di spazzatura e poi di nuovo il niente fatto di niente. Si, sembra il Tibet, anche dal punto di vista umano. Solo i paesi piu' grossi, Sivas, Divrigi, Erzincan stonano con questo ambiente: paesi moderni, pulitissimi, sembrano tutti fatti col lego, con casine colorate e palazzoni made in China. Moderni, pulitissimi ma made in China come tutti gli edifici costruiti negli ultimi 20 anni in Turchia. Le stazioni sono piccoline ma carine, ordinate, pulite. I giardini curati e senza cartacce. La Turchia dopo Ankara ha questa doppia faccia: pulitissima nelle citta', arretrata e asiatica nei villaggi. Nel Kurdistan sono ricchi a causa dei traffici della droga proveniente dall'Afghanistan: ci sta che le citta' moderne siano costruite coi soldi dei trafficanti. Ma fuori da esse l'Asia comincia ad affacciarsi in tutta la sua miseria e i suoi drammi.

Montagne arrotondate, lisce e durissime si alternano a cumuli di sassi e sabbia che sembrano ammassati dalla mano di qualche gigante...e poi canyon e valli profonde e poi di nuovo ancora spianate desertiche desolate. Ci si sente piccoli piccoli e il mondo sembra sempre piu' lontano.
Erzurum compare all'improvviso dietro dei monti: siamo quasi ai confini della Turchia.

Ci arrivo che ormai e' sera, fa freddo, molto freddo, siamo a oltre 2000 metri d'altezza e ho solo 5 magliette una sopra l'altra. Cammino, seguo la strada principale, bella, moderna, quasi inquietante in questo remoto angolo di mondo. Niente, nessun albergo. Cerco quelli che avevo segnato: ne trovo uno ma e' caro. Ne trovo un'altro dietro la piazza principale, affiancata da una grossa parete di roccia sopra la quale ci sono molti locali all'aperto carinissimi. C'e' Ogul, studente simpatico che abita li. Cominciamo a chiacchierare e poi andiamo a mangiare una zuppa di riso e salsa piccante. E' un bravo ragazzo, bonaccione e in gamba, studia ingegneria dell'ambiente e parla un buon inglese. Purtroppo nel suo albergo non posso neanche dormire sul divano: da queste parti i proprietari sono tutti teste di cazzo.

Verso le una di notte torno al primo albergo che ho visto: o li o morire di freddo per strada. Alla fine non e' poi cosi' male. Domattina si parte per la frontiera con l'Iran

 

20 Ottobre

 

Erzurum non e' brutta ma la stazione degli autobus e' squallida e popolata da gente ignorante e spietata. I gestori delle piccole compagnie di autotrasporti sono tutti mezzi mafiosi, dalle facce cattive e dai metodi antipatici. Rispondono male soprattutto alle donne, fanno orecchie da mercanti quando c'e' da restituire i soldi - che non restituiscono mai - e sembrano sempre dei traffichini di loschi affari. Il peggiore di loro si chiama Kara (Nero) ed e' un ragazzo bello tutto vestito di nero dal volto e dai modi cattivi.
L'autobus e' microscopico e dopo circa 200 km, giunti ad Agri ci scarichera' sulla strada chiedendo all'autista di un altro autobus piu' grosso di caricarci e proseguire il viaggio fino a Dogubayazit.

Il paesaggio diventa ancor piu' brullo e vuoto, le poche case che si trovano lungo strada ancor piu' miserabili e fangose. Bambini a dorso di cavalli e vecchi fermi lungo i campi a guardar passare le macchine. Ma anche rari prati verdi dove ragazzini corrono liberi assieme ai cavalli e alle pecore, famigliole riunite a far colazione e piccole corti dai muri di fango che racchiudono povere, semplicissime fattorie. Alla fine penso che non sia male questa vita. C'e' l'aria serena, spazi aperti immensi, rarissimi alberi racchiusi in piccole oasi dove giocare e appendere i panni. Si, sembra sempre piu' essere in Tibet.

Purtroppo questa parte della Turchia e' anche tempestata di postazioni militari. Ce ne sono tantissime e sono tutte brutte e piene di trincee. Carri armati, bunker, militari in assetto da guerra che maneggiano mitra e tengono il mirino puntato sulle macchine di passaggio. Ne guardo qualcuno: mi sembrano tutti stupidi burattini pronti a far fuoco al minimo ordine. Agiscono tutti meccanicamente, hanno delle facce da far paura. C'e' il PKK da queste parti, il partito separatista curdo che e' accusato di terrorismo e stragi. Non lo so ma la tensione e' evidentissima.

Dogubayazit sembra Erenhot al confine tra Cina e Mongolia: un paese miserabile pieno di polvere e vento. Bambini miserabili pieni di moccolo che cola dal naso e facce abbrutite da pellagra o scabbia che chiedono la carita'. Case da te con tavolini fuori e brutti edifici in cemento senza intonaco che sembrano tristi copie di miserabili villaggi cinesi. C'e' anche una piccola strada commerciale piena di negozi e roba quasi di lusso che stona con tutto il resto del paese. Ho visto anche due turisti tedeschi o americani ma come sempre si sono fatti gli affari loro. Io ho camminato e mi son perduto tra il dedalo di vicoli e corti ai lati di questa sedicente via commerciale, tra sguardi furtivi di ragazze col velo e sorrisi di venditori di kebab. Mi son divertito, ho mangiato un tavuk doner immenso e all'internet point qualcuno parlava anche un goccio d'inglese. C'e' anche qualche microscopico spaccio che vende la birra: l'ultima che trovero' prima di arrivare in India o in Cina.
Dogubayazit e' simpatica nella sua miseria, piena di una umanita' perennemente indaffarata su carri, motocarri, motorini, piena di sfaccendati e bambini mendicanti.
Un piccolo autobus ci portera' fino al confine, a Bazargan. C'e' anche un simpatico ragazzo iraniano dalla faccia per bene: dice che mi aveva visto all'ambasciata il giorno che mi avevano dato il visto, mentre ballavo dalla felicita'. E' un ingegnere fotovoltaico. Con lui abbiamo fatto i circa 50 km fino al confine, fermandoci varie volte lungo strada a caricare misteriosi scatoloni nascosti dietro rovine di palazzi o dietro massi tutti uguali, scaricando vecchini nel bel mezzo del niente della steppa turca e facendo salire misteriose figure provenienti da chissa' dove.
Poi, a tardo pomeriggio, ecco li il confine, tra montagne maligne e minacciose, fredde e ostili. Sulla destra la cima sempre innevata, sempre nebbiosa del Monte Ararat. Come l'altra volta.

E come l'altra volta, sorpassata la sbarra tra i due paesi, due gigantografie di Komehini e Khamenei eccole li che ci guardano coi loro sguardi severi ma benigni e le lunghe barbe di chi e' legge, religione e capo assoluto di questi poveracci di iraniani.

 

lunedì 15 ottobre 2012

Nuovi posti, soliti casini

Da quando ho perso il passaporto non appena arrivato ad Ankara, non me ne e' andata piu' bene una. O forse, data la situazione, me la sto cavando alla grande. Dipende dai punti di vista, da come si guardano le cose, il solito bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto che a volte sembra troppo vuoto e a volte incredibilmente pieno.
Ho rifatto il passaporto nuovo il lunedi, cioe' un giorno dopo il mio arrivo e la tragica scoperta di aver perso quello vecchio con tutti quei bei visti colorati degli ultimi 2 anni di viaggi: Cina, Mongolia, Iran, India, Nepal, Russia e ancora Mongolia, Cina e Russia, piu' Hong Kong e visti di ingresso e uscita dalla Turchia due o tre volte...con ancora tante pagine libere per aggiungere nuove figurine colorate e nuovi paesi con tibri dalle fogge piu' strane...al di la del costo di rifarne uno nuovo mi dispiace soprattutto per aver perso tutte quelle belle figure. Ora la gente non mi credera' che ho girato il mondo: sul passaporto nuovo ancora tutto e' pulito, lindo, vuoto...che tristezza!
In compenso ho visto l'ambasciata italiana ad Ankara che e' una villa meravigliosa in un parco ancor piu' meraviglioso, con dependances, annessi e connessi. E soprattutto ho conosciuto Tolga, il simpatico autista turco che mi ha accompagnato all'Ufficio Stranieri per la denuncia: gentile, buono, bravo e generoso come tutti i turchi, abbiamo discusso tutta la mattina di Tarzan a Istanbul, di Ringo contro la Gestapo, di Zagor e Killing, tutti i bei personaggi del vecchio cinema turco che fu qualche anno fa....e mi ha offerto un bel pranzo, la mia prima Cola Turka (meraviglia! anche se mi diceva che secondo lui fa schifo ma a me pareva buonissima, dopo 2 anni di inutili ricerche a vuoto!) e mi ha offerto le sigarette di sua produzione: tabacco comprato in Siria, filtri comprati in Grecia e carta dalla Turchia....veramente buone, tutte raccolte in pacchetti   fatti a mano, dipinti a mano che sembrano piu' veri dei veri!

Rifare il visto per l'Iran invece e' un casino dal quale ancora non ne sono uscito...anzi sono ancora nella merda fino al collo. All'inizio sembrava una cosa semplicissima: con la denuncia di smarrimento del vecchio passaporto potevo rifare tranquillamente la copia del visto sul nuovo passaporto et voila'...tempo 2-3 giorni e problema risolto. In realta' le cose si son complicate in maniera terribile tanto da farmi sprofondare in un girone dantesco o in una complessa macchina burocratica ancor piu' terriibile di quella russa quando fui arrestato lo scorso marzo al confine con la Finlandia....

Per avere il visto per l'Iran occorre innanzitutto una lettera di invito che la puo' fare o un amico residente in Iran oppure una agenzia turistica del paese. Io ovviamente ho dovuto scegliere questa seconda strada non avendo amici in Iran (cioe' ce li ho ma ho perso il loro indirizzo...)...una volta ottenuto il codice (la lettera d'invito arriva al consolato, a noi turisti arriva solo il codice da comunicare ai funzionari) si va al consolato - di Istanbul nel mio caso - e si fa la domanda per il visto.
Ok...si scopre che non si puo' fare una copia del vecchio visto sul nuovo passaporto perche' nel frattempo il governo iraniano aveva scoperto che la mia lettera d'invito non era valida e quindi di conseguenza anche il visto che mi avevano emesso non poteva essere piu' valido. C'era il rischio che - se non perdevo il passaporto e arrivavo al confine - o non mi facevano entrare in Iran o semplicemente mi arrestavano perche' tecnicamente viaggiavo con un Visto che si e' scoperto essere non in regola...

Questo perche' l'agenzia che ha emesso la mia lettera d'invito in realta' ha combinato grossi casini ed ha emesso la solita lettera d'invito per ben 8 persone diverse ed in piu' mi ha spacciato per cittadino tedesco....non so che cazzo di casini abbiano combinato ma e' certo che da allora non ho avuto piu' nessuna risposta alle mie email sempre piu' incazzate che mandavo per chiedere ajuto e alla fine li ho mandati a fanculo minacciandoli di indagini congiunte Turchia-Iran-Italia e concludendo con un "Fuck Allah, fuck Komehini gay e impotente, viva il maiale arrosto"...

L'ambasciata iraniana mi tiene a bagnomaria promettendomi che l'indomani avrebbero trovato una soluzione al mio problema...questo indomani dura ormai da una settimana e ancora non si vede la soluzione. Oggi sembra che "tutto l'ajuto possibile e il supporto al caro turista" che possono offrirmi sia quello di rifare da capo la domanda per un nuovo visto con tanti saluti al visto vecchio e ai soldi che ci ho speso sopra.
Grazie al cazzo: se sapevo che questa era l'unica soluzione possibile allora rifacevo la domanda per un nuovo visto gia' la settimana scorsa invece di farmi 6+6 km ogni giorno a piedi per andare e tornare da quel cazzo di ambasciata a sentire se c'erano novita'....oltretutto anche se pago per il nuovo visto (questa volta, sia fatta la volonta' di Allah, cercano di darmelo senza una nuova lettera d'invito) "non e' detto che al 100% accettino la domanda" con la remota - ma neanche tanto - possibilita' che dovro' spendere altri soldi senza essere sicuro finalmente di poter entrare in Iran. Oltetutto i tempi di attesa saranno un terno al lotto, potrebbe essere 2 giorni come 2 settimane. Sia fatta la volonta' del barbuto profeta. Inscialla'....e va' a caca'...

Pero' nel frattempo ho conosciuto un altro Tola ("Elmo"), un altro tipo il cui nome significa "Dio" ed un altro il cui nome significa "Speranza" (a quest'ultimo ci sto sempre molto appiccicato...non si sa mai...) che lavorano in un piccolo negozietto di musica metal dietro la Moschea (...)...tipi simpaticissimi e divertenti, come tutti i turchi che ho conosciuto fino ad ora. C'e' voluto pochissimo per diventare amici e passare praticamente tutti i  giorni al loro negozio a scherzare. "Dio" inoltre e' un bel simpaticone, sembra Gianni Fantoni quello che faceva le imitazioni dei cassonetti della spazzatura o dei pali della luce a Striscia La Notizia, mentre Tolga sembra il povero Giancarlo (col cervello che funziona, per fortuna  sua...) e "Speranza" sembra...sembra il povero Babu di Ferrara, quello che suonava nel gruppo noise e purtroppo si e' buttato sotto un treno l'anno scorso...quando l'ho visto ho pensato fosse il suo fratello gemello...povero Babu...

Comunque tipi simpaticissimi che ancora una volta mi fanno capire che la Turchia e' centomila volte meglio di quello che ci immaginiamo e un milione di volte meglio dell'Italia. Ad Ankara poi - cittadona moderna, bella ma poco turistica - le persone sono veramente simpatiche e amichevoli...anche qui all'albergo ho fatto amicizia con tutti...i turchi son veramente bravissima gente, col cuore e pieni di rispetto e buone maniere...
l'unica cosa che non mi piace di Ankara e' come guidano per strada...sono dei pazzi scatenati, quasi peggio che in Cina. Soltanto sotto la finestra della mia camera ho visto in diretta 3 incidenti in 2 notti di seguito...piu' altri 5 o 6 a giro per la citta'....macchine sfasciate, sventrate, accartocciate.....mai visto cosi' tanti incidenti in cosi' pochi giorni....mah....

Comunque ho conosciuto anche un bellissimo fiorellino ottomano alla Oyes Pizzeria, proprio accanto al negozietto di musica....lei mi guarda, io la guardo, io le sorrido e lei mi sorride. Io le parlo e non capisce un cazzo. Lei mi parla e io non capisco una sega...ma non ci smettiamo di guardarci e sorridersi neanche per un secondo. Peccato che il suo babbo - che potrebbe sembrare un biker dei Golden Dragon: alto, piazzato, rasato a zero, pizzo e simpatia che sprizza da tutti i pori - non veda di buon occhio questa storia. Beh non ha tutti i torti anche perche' potrei essere suo padre anzianotto....ma e' cosi' carina e cosi' bella quando di nascosto si mette dietro la colonna a sorridermi e guardarmi con quei suoi begli occhi....

Stanotte dormo sul divano della hall dell'albergo...camere tutte piene...la mia l'ha occupata una ciociara sessantenne mezza partita di cervello....gira il mondo da 30 anni in autostop, e' insegnante di inglese e spagnolo e francese (e mi immagino i poveri studenti...se parla quelle lingue come le parla con me....Kuala Lumpure, er tickette fo Iranne....er aroplan to Pakistanne...) e mi ha attaccato un bottone che non finiva piu' sull'importanza dei pannolini da viaggio per i bisogni intimi...anche gli uomini dovrebbero indossarli. 2 ore a ragionare - a soliloquiare - sull'importanza dei pannolini.......poi il vecchino baffone, ora che sono le due di notte mi ha attaccato un altro soliloquio su non so cosa...Allah, donne, figli, nipoti....boh....voglio dormire e non mi riesce...domani all'ambasciata sara' ancora un "domani troveremo una soluzione"

A me basta dormire su questo divano, nel sacco a pelo fornitomi dalla ciociara....poi domani si vedra'....Inscialla'....

mercoledì 10 ottobre 2012

Punk Islam & Kurdistan

Notte. Ankara.

La bottiglia d'acqua e' troppo lontana per arrivarci. Urge uno sforzo, non ne ho la forza. Questa sera non ho voglia di fare niente.
CCCP al computer, clacson e fischietti di polizia fuori in strada. Brusio continuo che ormai anestetizza il cervello. Un taxi si scontra contro un'auto proprio sotto la mia finestra. Ad Ankara guidano tutti come pazzi.

5 settimane ma non ricordo un momento di riposo, di silenzio, di solitudine. Adesso per fortuna l'ho trovato. A Prato ne avevo di piu'.
Rido. Penso che forse sono uno stupido.

Nel cuore della Turchia, circondato dal niente ad ascoltarmi i CCCP. Ma si, la bottiglia non e' poi cosi' lontana, facciamo questo sforzo.

Il grigiore di Ankara mi rilassa. Il suo silenzio fatto solo di macchine che corrono veloci e turchi che parlottano camminando in fretta mi da' sicurezza. Non e' come a Istanbul sempre cosi' piena di musica, suoni, colori, rumori, stranieri, turisti, please mister come in, suoni di tamburi e cori di spettatori entusiati.
Qui ad Ankara regna un silenzio grigio, fatto di gente sempre indaffarata tra palazzoni del governo e sporchi vicoli puzzolenti di pesce. Ankara non e' una splendida citta'. E' semplicemente una creazione voluta da Kemal Pasha, detto Ataturk ("Il padre dei turchi") per spostare il potere economico e politico da Istanbul verso il centro dell'Anatolia.
Fino agli anni 20 Ankara era semplicemente un miserabile villaggio di contadini, povero ed arretrato come tanti altri sperduti qua e la' nelle infinite e solitarie campagne turche. Era giusto un pochino piu' famosa per gli allevamenti di capre dal quale prende il nome la pregiata lana d'angora. Ma tutto era miseria e case in fango, niente di piu', niente di meno. Poi Ataturk l'ha trasformata in questa grande e moderna citta' che e' oggi, con i boulevard larghi e pieni di fontane, i grossi parchi e le immense piazze. Sembra un incrocio tra Tien An Men e Mosca. Ma molto piu' bella e pulita, moderna e rilassante. Le strade in salita dei quartieri universitari mi ricordano le stesse di Helsinki. Anche la sera, poco prima dell'ora di cena, quando le tenebre calano e la citta' si illumina di mille fantastici colori al neon, mi sembra di essere ancora nella capitale finlandese. E' strano anche perche' non ci potrebbero essere due mondi totalmente opposti e diversi, due citta' e due popoli uno agli antipodi dell'altro. Ankara non ha niente di interessante da vedere ma non e' brutta. E' semplicemente una grossa, bella citta' moderna dove e' piacevole camminare tutto il giorno.

Joao mi diceva che dopo Istanbul comincia il niente. Ed e' vero. Dopo la periferia della periferia della periferia della quinta citta' piu' grossa del mondo, comincia la vera Turchia: comincia il niente fatto di campagne desolate e piccolissimi villaggi lontani e isolati l'un l'altro. Tutto in mezzo il niente, il silenzio, colline e valli deserte.
Come un incantesimo, dopo centinaia di kilometri, Ankara appare dietro una collina e sembra non finire mai...all'improvviso, dopo oltre duecento kilometri di niente le valli e le colline fino ad allora immote e silenziose si riempiono di fittissime case e palazzi come dei grossi pandori farciti. Una citta' immensa che scorre sui fianchi di numerose colline, le scavalca e continua oltre, senza sosta. Senza fine. Perche' i grattacieli e gli enormi palazzi sono scarsi. Non e' come Pechino dove in 10 palazzoni sono concentrate 40.000 persone e la citta' vista dall'alto appare relativamente piccola, con i suoi 30 milioni di abitanti. Qui le case son tutte basse: e' per questo che le citta' turche sono ancor piu' immense di quanto gia' non lo siano nei numeri. Ankara non sfugge a questa struttura. Eppure e' grossa soltanto un decimo di tutta Istanbul, forse la citta' piu' grande del mondo per estensione urbana.

Oltre la citta', di nuovo il niente. Altri 200 km o piu' di silenzio prima di incontrare altri piccoli panettoni farciti di case sui loro bordi, sulla cima, tutto attorno come zucchero candito sparso alla loro base. Poi ancora il niente per altri 200 o piu' kilometri, poi ancora una macchia immensa e solitaria. E poi ancora il niente un'altra volta per altre centinaia di kilometri e un'altra citta' che spunta all'improvviso...e cosi' via fino ai confini di questo grande paese: a nord verso Azerbaijian e Armenia, ad est verso l'Iran e a Sud verso Iraq e Siria. Tanto grande quando solitario.

Yilmaz e' curdo. Del nord, vicino all'Azerbaijian. Anche il suo socio e' curdo, Del sud, verso la Siria.
Entrambi vivono e lavorano dentro uno splendido locale in pietra nel gran pazaar di roba antica, nel cuore vecchio e cadente della citta', ai bordi di una delle tante colline. In quel che rimane del vecchio villaggio di contadini, tra le sue stradine anguste delimitate da muri di pietra e fango si estende il dedalo del pazaar della roba usata...anche i negozi sembrano roba usata stessa....grosse stalle o cantine adattare e riempite di ciarpame fino all'inverosimile, affascinanti quanto sporche, buie e illuminate solo da quella bella luce artificiale che filtra quando i raggi del sole attraversano i tetti  di plastica trasparente.
Il negozio di Yilmaz e del suo socio e' semplicemente una meraviglia e non ho ancora capito quante stanze ci siano. Dietro una tenda c'e' un'altra stanza sepolta nel buio, forse anche di piu'; attraversato un piccolo arco basso ci sono altre due stanzine sulla sinistra e due o tre sulla destra nelle quali e' difficile arrivare da tanta roba che c'e' per terra: dischi, videocassette, cd, poster e locandine dei cinema anni 70, bottiglie in vetro, lampade, bambole, scatole di accendini e polverosi scrigni di legno...
la stanza principale, che sembra la grotta di Ali Baba e' tappezzata di arazzi e tappeti, il tetto di plastica trasparente e' trapuntato di vecchi 45 giri e il grosso palco/altare sulla destra, creato accanto al tronco di un grosso albero che fora il soffitto e' adobbato con grazia tipicamente meriorientale di tutto quello che si trova sparso in giro per le stanze. Si entra da uno stretto e lungo corridoio pieno di poster di film, scaffali e altri poster ancora attaccati qua e la. L'entrata nella stanza/grotta principale e' da favola: Yilmaz seduto sulla sua poltrona in velluto rosso accoglie i clienti offrendo loro te' caldo sul piccolo tavolino foderato, mentre accanto il giradischi suona un vecchio gruppo folk turco di 30 anni fa. Seduti su altre piccole poltroncine vellutate non si puo' fare a meno di respirare l'aria di magia e di antico che emana da ogni misterioso anfratto. Prima della sala centrale ho visto altre due o tre stanzette separate da una tenda ma non son sicuro se ne esistano delle altre. Nella sala, oltre al grosso palco adornato  di poster, cd, libri, cassette, bambole, gioielli (inutile contare quanti siano.......e' impossibile) dal quale parte il tronco di un grosso albero che buca il tetto, c'e' anche una misteriosa stanzina rialzata dietro la poltrona di Yilmaz....dice che e' il bagno ma secondo me esiste anche qualcos'altro.

Yilmaz e' curdo e l'ho capito fin da quando ho visto poster di Yilmaz Guney dappertutto. Non ci vuol molto per capire e fare due piu due. Chi ama Yilmaz Guney ama la verita' e la giustizia sociale. Chi ama la giustizia sociale spesso e' il povero, il contadino, l'oppresso, lo sfruttato, il servo della gleba. I curdi spesso sono tutte queste cose insieme. O perlomeno lo sono stati fino a non molto tempo fa.

Yilmaz Guney era giovane quando comincio' nei primi anni '60 a scrivere poesie e canzoni, i primi articoli di denuncia dell'arretratezza feudale delle campagne turche e curde in particolare, i primi film come attore.
Un personaggio scomodo che piano piano acquista popolarita' tra la gente povera, i diseredati, i contadini servi della gleba e della religione della Turchia anni '60. Soprattutto diventa l'eroe e il beniamino dei curdi di cui comincia ad interpretarne i sogni, i drammi e le faide secolari. Nei film prima come attore e poi come regista incarna l'Efe, il contadino pecoraio dei monti che spesso deve compiere spietate vendette di sangue nei confronti di feudatari spietati, capo di banditi che passano l'inverno sui monti innevati della Turchia orientale in attesa di compiere la vendetta verso chi ha disonorato la moglie o rubato il gregge di poveri contadini disperati. Il Kurdistan di Yilmaz Guney non e' tanto diverso dal Far West immaginato dagli italiani: eroi solitari e silenziosi, avvezzi a lunghi inverni solitari passati a meditare la vendetta, fucile in mano e guanti bucati sulle dita pronti a far fuoco contro oppressori, tiranni locali e rivali d'amore. Con la differenza che le storie degli Efe sono storie vere, sono testimonianze di un mondo feudale ed arretrato che ancor oggi sopravvive in larghissime parti della Turchia curda.
Col tempo Guney  interpreta personaggi costretti ad emigrare nella grande citta' (quasi sempre Istanbul) e costretti a venire a contatto con la malavita per sopravvivere e mantenere la povera famiglia. Il codice d'onore dei curdi e la dura esistenza temprata dalle campagna spesso fanno si che da contadino emigrante, Gunety piano piano divenga piccolo boss di quartiere, magari a Kasim Pasha o nella Kadikoy ancora arretrata e semicontadina. Anche qui il finale e' sempre tragico.
Nel frattempo Guney si fa i primi 2 anni di carcere per istigazione all'odio sociale e propaganda comunista: comincia a diventare un personaggio scomodo, conosciuto e odiato dalla classe politica perche' ha il coraggio di parlare di poverta', arretratezza, ingiustizie sociali ed il popolo povero, il popolo delle campagne o degli emigrati in citta' lo ama quasi come un Dio.
Dal carcere continuera' a scrivere e dirigere i film in modo clandestino, passando i fogli della sceneggiatura ad amici suoi che lo vanno a trovare ed hanno l'incarico di dirigere fedelmente secondo le sue direttive.
Viene scarcerato in una amnistia politica nel 1969 ma due anni dopo verra' condannato ad altri 3 anni sempre per motivi politici. Scontata la pena, verra' condannato ad altri 19 anni di carcere per aver ucciso un giudice. Passera' il resto della sua vita in carcere, dal quale continuera' a dirigere e scrivere sceneggiature sempre piu' profonde e pregne di un realismo sociale poetico e drammatico.
Il suo film piu' bello, Yol ("La strada"), sara' l'ultimo che dirigera' dal carcere, la storia di 5 detenuti curdi ai quali viene data la semiliberta' per due settimane. Il film segue le vicende di ognuno di loro che con autobus, treni, carretti, a piedi nei gelidi inverni curdi cercheranno di raggiungere ognuno il proprio villaggo natale per passare poche ore con i cari. E' il dramma di 5 reietti in quella Turchia spaventosamente arretrata che Guney chiamera' "un carcere aperto con 45 milioni di detenuti". Bellissimo e commovente e' forse il suo atto di protesta piu' sincero nei confronti di un paese, la Turchia e non solo il "suo" Kurdistan che deve avere l'obbligo morale di liberarsi dalle catene del feudalesimo religioso e rurale. Riuscira' ad evadere nel 1982 all'eta' di 47 anni, portando con se i negativi del film prima in Svizzera e poi a Parigi dove si rifugera' in clandestinita'. Lo stesso anno avra' l'onore di vincere la Palma d'Oro a Cannes e di ricevere riconoscenza internazionale per i suoi film considerati capolavori assoluti di neorealismo sociale. Ma la gioia durera' poco. Neanche 3 mesi dopo morira' di cancro all'eta' di soli 47 anni, subito dopo le riprese di "Durvar", il suo ultimissimo testamento cinematografico, dopo 13 anni passati in carcere, oltre 200 film interpretati come attore e 25 come regista nei brevissimi periodi in cui non era incarcerato, a testimonianza della sua intensissima attivita' come uomo nel vero senso della parola.

Qui al bazaar di cose antiche, in questi ripidi vicolini dai muretti in pietra e dalle miserabili casette in fango sventrate e diroccate, tra i dedali della antica Angora dove tempo sembra non passare mai , tra vecchi alberi d'ulivo che spuntano dai tetti di abitazioni ormai abbandonate da decenni, le foto di Yilmaz Guney sono dappertutto, negli stretti pertugi di una bottega o sui muretti polverosi, incorniciati sopra la poltrona di un rigattiere o timidamente nascosti dietro montagne di videocassette. Un vecchio videotecaro ha quasi 4000 film in vecchissime videocassette turche dei primi anni 80: coperte di polvere nera e antica, Agit e Seyyit Han   sono in bella mostra davanti a tutti. Qui tutti son curdi e sono fieri di lui.
Il primo giorno che sono andato ho visto la sua foto in un buio anfratto...la prima delle tante che avrei scoperto poi in tutti i giorni successivi, nascoste qua e la.

"Yilmaz Guney!" ho esclamato!

Un uomo con un bel sorriso gentile, dalle manone grosse grosse e dai baffi bianchi mi ha dato una pacca sulla spalla e mi ha guardato con i suoi occhi profondi, felici e onesti....

"Adam! adam!" mi ha detto stringendomi la mano e indicando fiero col volto quella vecchia foto scolorita di un attore dal viso sofferto e dalla barba incoltra, coi capelli scarruffati e gli occhi che emanavano fiamme.

Adam significa "Uomo". Uomo vero.

Da quel giorno, ogni giorno, molti al bazar mi salutano e mi offrono sempre un po' di te' caldo.




martedì 9 ottobre 2012

Wir sind die Turken von Morgen


Un mese. Un mese e due giorni che sono arrivato in Turchia ed ancora sono qui. Pensavo di starci qualche giorno, il tempo di prendere il visto per l'Iran, qualche dvd per la mia collezione e qualcun'altro da rivendere, un treno verso est e via. 
Invece eccomi qua, ore 4.32 di mattina ad Ankara, in una bettolina in attesa di qualcosa, con molti amici conosciuti lungo strada, una breve storia d'amore con Kim So Young ad Istanbul, qualche affaruccio fatto e senza il passaporto. Ne son successe di cose da quando per la terza volta in due anni e mezzo ho messo piede nell'Impero Ottomano.
Sono arrivato ad Edirne l'8 settembre, attraversando a piedi il confine con la Grecia e di questo ne avevo gia' parlato. Come al solito sono andato alla Mavi Guesthouse di Ali ad Istanbul, proprio dietro la Moschea Blu ed Aya Sofia...ero talmente vicino che mi bastava aprire la finestra e me le ritrovavo li, proprio davanti a me, ad un tiro di sputo verso l'Imam che ogni mattina alle 6 comincia le solite lagne rituali pro Allah. E' la guesthouse piu' conosciuta e piu' economica della citta', tappa obbligatoria di tutti i viaggiatori diretti verso l'Asia con pochi soldi in tasca. 
Quest'anno so che per viaggiare devo fare soldi lungo strada e non ho perso tempo a darmi da fare. Gia' il giorno dopo ho cominciato a girarmi tutta la citta' in cerca di negozi di CD e DVD per cercare qualcosa da vendere ai miei amici e contatti sparsi per tutta Italia e resto del mondo. Non posso lamentarmi, ho fatto diverse centinaia di euro comprando i DVD di Zagor, alcuni action turchi degli anni 70 e diversi CD...fortunatamente questi soldi mi ripagano delle spese sostenute fino ad ora: biglietti del treno, soggiorno nella guesthouse, pranzo, cena e alcuni vizi e piccole soddisfazioni.
Ho conosciuto diversa gente alla guestohuse, tra cui Steve un simpatico greco/egiziano residente in Australia, Francesco un gay spagnolo simpatico e intelligente, un tipo tedesco che andava verso il Nepal e Otar, russo giramondo chiavatore e artista con le bolle di sapone. Ognuno con una bella storia dietro di se. Otar mi stava sulle palle all'inizio perche' aveva la classica faccia da russo cattiva e furba, alto, grosso e molto interessato a tutte le ragazze che arrivavano alle guesthouse. Era li da qualche settimana e viveva facendo l'artista con le bolle di sapone, su a Taksim Square, guadagnando qualche soldino. Poi col passare dei giorni ho imparato ad apprezzarlo meglio e ancora una volta ho capito che i russi son persone sensibili e buone, con un bel cuore e profondamente onesti. Quando lo vedevo far ridere i bambini e i vecchietti con i suoi giochi ho capito che si puo' essere persone buone anche se eccessivamente attaccati alla fica...l'ultimo giorno quando Otar e' partito alla volta dell'India ho accettato di andare a spedirgli delle cartoline che non aveva avuto tempo di spedire in precedenza: cartoline dalla Grecia, dalla Bulgaria, dalla Romania, dalla Francia...tutte consumate e stinte, tutte col francobollo della Turchia! Nei prossimi mesi sara' in Indocina e chissa' se lo rivedro' fare le sue belle bolle di sapone...
Steve e' un omone grande e grosso, rasato a zero e col volto duro e cattivo. Talmente duro e cattivo da essere stato poi una delle persone piu' semplici e brave con cui ho fatto amicizia. Peccato che si sia preso una tonsillite e sia stato con un piede nella fossa per quasi una settimana...quando e' guarito siamo andati a passare una bella serata a Yenimahalle, periferia pericolosa di Istanbul in compagnia di Tanju Can, il cantante dei Radical Noise che avevo conosciuto uno dei primi giorni quaggiu'. 

La vita alla Mavi Guesthouse non fa tanto per me: qui si incontrano troppi viaggiatori fighettini che non muovono mai il loro sedere dalle seggiole della guesthouse. Non capisco come mai i turisti (o alcuni viaggiatori) vengano ad Istanbul per starsene sempre in albergo a chiacchierare con altri turisti e non facciano mai amicizia con gente locale. Due foto alle moschee, un giro sul Ponte di Galata, scalata fino alla torre e locali notturni per turisti su a Taksim...e' turismo questo? O e' solo la solita cartolina stereotipata da portare come ricordo a casa? Ma d'altra parte per molti, la Turchia e' pericolosa, i turchi  son pericolosi ed allora tanto conviene starsene alla Guesthouse a chiacchierare di sesso, droghe e cazzate assieme ad altri turisti ingnoranti e con migliaia di pregiudizi su questo paese.
Ho conosciuto Ali Murat Guven, famoso giornalista televisivo e critico cinematografico, e pure Kunt Tulgar, il regista del Superman turco del 1979....da allora ho passato quasi ogni giorno nel loro ufficio a ragionare di vecchi film turchi del passato, di robot, supereroi mascherati, 007 turchi ed esorcisti ottomani....e stiamo progettando di rimettere in piedi una vecchia casa editrice, la Onar Film (il cui proprierario e' morto l'anno scorso dopo una lunga malattia) per ristampare in DVD queste gemme che solo la cinematografia turca degli anni 60 e 70 aveva coraggio di produrre. Ma bisogna fare in fretta perche' sembra che aleggi una specie di maledizione sopra chi si dedica con passione alla riscoperta del cinema turco: Vassili Barounis, il proprietario della Onar Film e' morto di cancro dopo due anni di sedia a rotelle in seguito ad un ictus, Metir Denirham (autore di "Fantastik Turk Sinemasi", "Il cinema fantastico turco") e' morto davanti agli occhi di Ali Murat Guven, un giorno che camminavano insieme: un mattone caduto dal tetto di un palazzo gli ha spaccato la testa come un cocomero...Yilmaz Atadeniz, storico regista di decine di film con supereroi mascherati sta morendo di un brutto male....sembra che chi si voglia dedicare alla riscoperta dei vecchi B-movie turchi sia destinato ad una brutta fine. Anche Ali mi dice sempre di muoversi perche' ha calcolato ancora non piu' di 4-5 anni di vita prima che la maledizione si abbatta anche su di lui. Kunt Tulgar - che assomiglia a Philippe Leroy mixato con Jean Paul Belmondo e Paul Muller, invece continua ad avere un fisico ed una forma fisica eccezionale ed ancora oggi potrebbe fare l'attore e dare la paga a centinaia di pseudo attori piu giovani, potrebbe essere ancora l'eroe dei tanti action e polizieschi degli anni 70 ed 80 che aveva interpretato anche come protagonista oltre che regista....

Ali Murat Guven e Kunt Tulgar


Kim So Young, dolce ragazzina coreana, insieme al parco di Camlica
Ho conosciuto Kim So Young, una carinissima coreanina che dormiva nella mia stessa camerata...dopo pochi giorni siamo usciti insieme e siamo stati sempre insieme fino a che non e' partita per la Grecia...dolce, gentile e timida, amante delle cartine geografiche e della pittura, abbiamo passato le ultime due notti insieme, sul tetto della guesthouse...
Gia'...il tetto della guesthouse....per una settimana ho dormito assieme a Kate, la dipendente americana, Otar il russo e William il cuoco siriano, sotto il cielo stellato di Istanbul, a vedere la mezzaluna turca. C'erano talmente tanti turisti che molti di noi hanno deciso di dormire sul tetto. Fa' caldo ad Istanbul ed e' stata una bella esperienza: materasso, coperta e via...peccato che una notte abbia piovuto a dirotto e la mattina dopo ci siam trovati completamente fradici in una palude di lenzuola e scarpe galleggianti dappertutto....fortunatamente dopo un altro paio di giorni sotto le stelle siamo tornati nella nostra camerata, una volta che si era liberata di un gruppo di spagnoli che la avevano occupata tutta....ma era bello addormentarsi con le luci gialle della moschea di Aya Sofia proprio davanti a noi. 
Una settimana a dormire sul tetto della Mavi Guesthouse, con Aya Sofia a darmi il buongiorno
Istanbul e la Turchia mi piacciono molto: la gente e' cordiale e buona, mille miglia lontani dagli stereotipi e dai pregiudizi che abbiamo in Europa di questo paese. Odio chi arriva qua e fa discorsi sulla pericolosita' di questo paese. I turchi son bravissima gente, molto piu' educata di qualsiasi turista e di qualsiasi stupido americano che pensa ancora ad un paese, ad una polizia, a delle carceri simili a quelle di "Fuga di mezzanotte". Il paese e' cambiato, la democrazia e' una vera democrazia e la gente e' finalmente libera di vivere in un paese che solo formalmente e' musulmano. Si puo' bere alcol ed andare in discoteca, le donne possono scegliere di indossare il velo oppure no. La liberta' religiosa e' di stampo europeo e i musulmani convivono tranquillamente con i cristiani o gli atei. 
Al Bazar dietro la Moschea di Solimano
Al di la del Ponte di Galata c'e' la collina con la famosa torre costruita dai Genovesi. Su questa collina si vedono i palazzi della vecchia diplomazia europea e dei grandi banchieri e commercianti occidentali che avevano scelto questa collina del versante europeo della citta' per fare i loro affari a fine ottocento. Era qui che la faccia piu' multiculturale di Istanbul aveva raggiunto il massimo splendore: palazzi e caffetterie in stile francese, boulevard e belvederi in stile liberty, mosaici e dipinti in pieno stile liberty parigino. La collina di Galata e' quanto di piu' mittel-europeo, francese, italiano, tedesco ci fosse stato ad Istanbul per tutto il ventesimo secolo, l'espressione piu' alta di una citta' da sempre al centro dei commerci tra occidente ed oriente. Su questa collina, fatta di salite ripidissime, scivolose, impossibili da scalare in bibicletta (ma tutta Istanbul e tutta la Turchia sono caratterizzate da questi continui saliscendi nelle citta', come se Prato fosse stata costruita tutta sui fianchi della Calvana piuttosto che ai suoi piedi...camminare nelle strade delle citta' turche richiede una fatica immensa) ci sono i quartieri di Kasim Pasha sul fianco destro, poverissimo e pericoloso di notte, di Karakoy con le sue bettole e i suoi malfamati ristoranti russi e il porto coi traghetti, di Galatasaray col suo stadio e i suoi moderni ristoranti che si affacciano sul Golfo del Bosforo, di Kabatas coi suoi nuovi grattacieli e centri direzionali e Taksim con la sua lunghissima boulevard strapiena di negozi, night club, librerie e fricchettoni da tutto il mondo.
Kasimpasha e il suo stadio
Di la, oltre il Golfo Del Bosforo, un lungo stretto largo circa 2 kilometri che separa il Mar Nero a nord dal Mar di Marmara a sud, l'Asia ad est dall'Europa ad ovest, c'e' la parte asiatica di Istanbul. Uno si aspetterebbe ancor piu' moschee e donne col velo che nella parte europea ed invece si sbaglia. I quartieri di Kadikoy, Moda, Opera, Fenerbahce, Uskudar sono moderni e di stampo occidentale, la parte piu' moderna ed occidentale della citta'. Ecco il gioco di specchi: in Asia c'e' l'Europa, moderna, pulita, funzionale, direzionale e ricca. In Europa c'e' l'Asia con le sue moschee e i grandi parchi dei vecchi pascia', con le torri genovesi e i vecchi palazzi dell'aristocrazia europea ottocentesca. Tutto e' un gioco di rimandi e di sorprese la dove uno si aspetta una cosa ed invece ne trova un'altra.
Tanju Can, cantante degli UCK Grind e la sua simpatica moglie

Dopo 3 settimane ho finalmente ottenuto il visto per l'Iran.  Non ci potevo credere e quasi quasi mi dispiaceva lasciare Istanbul.



Parenti turchi ??????

Quando potevo - cioe' sempre - andavo per i conti miei a cercare CD e DVD ma forse, piu' probabilmente, a cercare la faccia nascosta e non turistica di questa citta', tra le viuzze di Unkapani e di Kasim Pasha, a Uskudar e nel labirintico dedalo del bazaar all'aperto dietro l'immensa moschea di Solimano. 


C'e' un cimitero cristiano a Uskudar - parte asiatica della citta' - dove fedeli musulmani e cristiani vanno a pregare ogni giorno. Molti musulmani si chiamano Yusuf (Giuseppe) o Ishak Isaia) come i profeti ebraici. Una volta Ali Murat mi ha spiegato che fino a qualche secolo fa, prima delle Crociate, musulmani ed ebrei erano amici, la religione musulmana era profondamente legata a quella cristiana ed ebraica. Il vero musulmano ha un profondo senso del rispetto delle altre religioni e il fatto che i nomi piu' diffusi ancora oggi siano quelli dei profeti ebraici la dice lunga su quanti pregiudizi abbiamo noi dell'Islamismo. 

Quello che non mi piace di Istanbul e' la sua parte turistica: dal ponte di Galata, su fino alla torre e per tutta la lunghissima strada che porta a Taksim e' tutto un brulicare di fricchettoni stranieri che insudiciano la citta' con i loro rasta e le loro performance artistiche di pessima qualita': giapponesi che vestono come fricchettoni indiani e fanno spettacoli di ballo del ventre turco su musiche africane, rapper africani che vestono come americani e ballano al ritmo di canzoni indiane, le solite facce coi soliti vestiti da artista di strada che si vedono dappertutto: nella metropolitana di Londra come a Parigi, per le strade di Roma come in Finlandia. Sembra di essere al Pistoia Blues o a Woodstock...le solite facce di ragazzi alternativi da tutto il mondo, vestiti sempre tutti uguali secondo la loro moda alternativa: i fricchettoni tutti coi rasta e tutti col la barba e il cappellino alla Jovanotti, le ragazzine tutte con le gonne lunghe a fiori e tatuaggi (sempre tutti uguali, sempre tutti cosi' conformi e stereotipati), gli pseudo indiani con sandali e barbe lunghe....Istanbul e' diventata una delle capitali mondiali della multiculturalita' ma a me sembra che sia diventata ormai una citta' come le altre, senza nessuna differenza con Berlino, Parigi, Londra...musiche, balli, canti 24 ore al giorno offerti da questi fricchettoni giramondo....dove e' la vera Istanbul, cosa ne e' rimasto? Se devo venire qua per vedere queste centinaia di fricchettoni giramondo allora posso rimanere in Italia ed andare a Firenze o Roma o Milano...

Ma Istanbul e' anche storia ed arte...una citta', una cultura sempre sospesa tra oriente ed occidente, una citta' dove - come in un gioco di specchi - si trova l'Asia in Europa e l'Europa in Asia. Nella parte europea della citta', cioe' nel quartiere di Fatih e Sultanhamet si trovano le moschee piu' grandi e famose (Aya Sofia, la Moschea Blu, la Moschea di Solimano, Sultanhamet) e il museo del Topkapi col suo immenso parco. C'e' l'Asia, la Istanbul del Bazaar e delle donne con il velo, i vicoli misteriosi e labirintici dove persersi tra bicchieri di cay (te') e odori di spezie. Mercanti che vociano e umanita' povera sempre indaffarata a tirare carretti pieni di tessuti e sacchi di zafferano. C'e' anche la vecchia stazione della ferrovia dove terminava la sua corsa il famoso Orient Express, il treno che per primo a meta' ottocento collegava la capitale dell'Impero Ottomano con Parigi, simbolo di una epoca mitica, di un fascino esotico e misterioso che ha evocato numerosi sogni e fantasie. "Assassinio sull'Orient Express" e' stato girato proprio su uno di questi treni. Oggi e' una stazione come tante, anonima testimone di una epoca che ormai non tornera' piu'. 


Amo Istanbul per il suo continuo gioco di rimandi e di scambi culturali, i suoi traghetti unica via di comunicazione tra le due sponde della citta', per la sua incredibile accoglienza la dove siamo piu' lontani dalle aree turistiche, per le sue fumetterie piene di Tex, Zagor e Mister No (dove per fortuna non c'e' traccia alcuna di  manga giapponesi)...non so se un giorno mai la Turchia entrera' mai a far parte della comunita' europea - per il bene che nutro per questo paese spero proprio di no - ma sicuramente ne dovrebbe entrare a pieno diritto a livello culturale ed economico. Camminando per la citta' non posso fare a meno di ammirare quanto la democrazia abbia fatto progressi e sia un esempio di tolleranza ed efficienza per tutta l'Europa. I poliziotti son gentili e preparati, parlano bene l'inglese e hanno modi cordiali. La televisione ed  i giornali presentano dibattiti politici aperti e liberi, lontani dalle volgarita' aggressive dei nostri programmi italiani, la gente ha un profondo senso di accoglienza e di educazione che noi in Italia non ce lo immaginiamo neanche. Eppure ancora oggi la Turchia sembra essere legata ad un immaginario fatto di poverta', pericoli, droga, oppressione politica e poliziesca, ostilita', radicalismo religioso...."Eh voi ci conoscete solo per Ali Agca e per Fuga di mezzanotte" mi sento sempre dire. Ed e' vero. 

Gli americani che vengono qui, ma anche i tedeschi o i finlandesi, sembrano scandalizzati dalla gente che attraversa le strade col semaforo rosso o che da' pacche sulle spalle alla gente per salutarli. Gente fredda che si scandalizza del sangue caldo e mediterraneo dei turchi. Io mi ci trovo bene. Attraverso la strada come in Italia, senza aspettare il verde, buttandomi in mezzo al traffico quando son sicuro di poter passare. Gli americani e i finlandesi sono ancora li fermi come salami ad aspettare il via libera, l'omino verde, in attesa dell'ordine di poter passare anche se magari la strada e' deserta. 
Gli americani si scandalizzano dei turchi che fumano e che buttano sudicio per strada. Io la mattina a colazione mi fumavo due o tre sigarette tra le proteste dell'ennesima turista americana venuta a chiaccherare solo di sesso con altri turisti tedeschi o francesi. Butto via le cartacce dove mi pare, se vedo Mr. Kebab al suo negozio lo abbraccio e lo bacio sulla guancia come si fa in Italia o in tutto il Mediterraneo.

Spesso penso che piu' che l'Unione Europea sarebbe meglio creare una Unione Mediterranea tra i paesi reputati il culo e la vergogna dell'Europa: Italia, Spagna, Portogallo, Grecia, Turchia. Alla fine abbiamo molte piu' cose in comune da spartire tra di noi (arte, cultura, storia, religione) che con quei puzzoni di danesi o i finlandesi o i belgi....perche' non creiamo una Unione Mediterranea che accomuni popoli simili? Un turco e' come un Italiano. Sono europeista convinto, convinto della superiorita' culturale, morale, civile e democratica dell'Europa sopra tutti gli altri continenti. I valori morali del  nostro vecchio continente sono enormemente piu' sviluppati e profondi di qualsiasi altro posto del mondo, eppure sono anche ancor piu' convinto che tutto questo venga dalla cultura mediterranea piuttosto che da quella nordica o mitteleuropea. Platone, Aristotele, Leonardo, i grandi scrittori e poeti spagnoli....la civilta' europea e' innanzitutto civilta' mediterranea. E son convinto che la Turchia in questo momento sia l'esempio piu' felice di progresso culturale, civile, democratico ed economico che ci sia. Soprattutto a livello democratico potrebbe candidarsi come esempio per tutto il mondo.

Ho conosciuto Joao Manel Garcia Silveirinha, simpatico giramondo di 49 anni (portati malissimo) che assomiglia al mio povero nonno Mario negli ultimi suoi anni (questo per dire quanto 'sto Joao porti male i suoi anni). Gira il mondo da 35 anni, e' volgare, maleducato, cafone e incivile come pochi eppure abbiamo deciso di partire per Ankara insieme, alla volta dell'Iran e del Pakistan e della Cina, tutto via terra. Sono posti che lui conosce benissimo essendoci andato innumerevoli volte e mi dava sicurezza l'idea di attraversare il sud del Pakistan assieme a qualcun'altro. Non che fosse meno pericoloso ma almeno se dovessi morire, saremo morti in due. Mal comune, mezzo gaudio come si dice.

Purtroppo arrivato ad Ankara ho fatto una brutta scoperta, anzi abbiamo fatto una brutta scoperta. Ho lasciato il passaporto alla Guesthouse ad Istanbul ed e' andat perduto. Lo avevo messo ad asciugare sul tavolo l'ultima mattina perche' la notte precedente era scoppiata la lavatrice che aveva allagato tutto il pavimento, compreso il mio zaino dove avevo diversa roba. Niente da fare: telefonate su telefonate ogni 20 minuti ad Istanbul ma del passaporto non c'e' piu' traccia. L'avranno preso le due donne bengalesi che lavorano li: un vecchio passaporto non elettronico fa gola a molti, soprattuto se vengono da paesi poveri e cercano un mezzo per andare a lavorare in un paese ricco. 
Dopo una infinita serie di bestemmie ho rifatto il passaporto nuovo qui ad Ankara ma mi son partiti 80 euro che avevo raccolto con tanta fatica nei giorni precedenti ad Istanbul: ho lavorato e mi son fatto il culo per niente. Potevo usarli durante il viaggio ed invece li ho duvuti spendere per rifare 'sto cazzo di passaporto che ho perso per colpa mia. Ben mi sta.

Oltretutto non so se posso riottenere una copia del visto per l'Iran...se devo pagare per riaverne uno nuovo (nuovo  passaporto = nuovo visto) e devo aspettare giorni e giorni qui ad Ankara, sinceramente mi fa passare la voglia di andare in Iran.

Ieri ero andato all'ambasciata iraniana per sentire  ma non avendo il passaporto nuovo ancora in mano mi hanno detto di tornare oggi...pero' in 2 ore di attesa ho visto alcune cose che mi hanno fatto passare la voglia di andare a Teheran. Il telegiornale in lingua farsi parlava solo di brutte notizie dall'America e dall'Inghilterra: tutte notizie di propaganda antioccidentale tanto stupide quanto faziose. Esaltazione di raid musulmani a Londra contro alcune associazioni antimussulmane, proteste di governi africani contro multinazionali yankee, notizie di fallimenti di grosse industrie americane o di proteste contro  il governo della regina. Sembra che in occidente - cioe' negli USA e in UK - siamo sull'orlo della catastrofe e della guerra civile, a sentire i faziosissimi telegiornali iraniani. Che palle. Se c'e' una cosa che odio e' la propaganda stupida che lava i cervelli della gente.

Poi ho visto tutte queste donne col velo in testa...una era seduta e cercava di legarsi una scarpa. Ma ogni volta che si piegava il velo quasi le scappava via, quindi si ritirava su, si riaggiustava il velo e riprovava a piegarsi. Dopo 2 o 3 volte ha desistito...meglio tenere una scarpa slacciata che far scoprire i capelli. Le altre donne in attesa nell'ambasciata erano tutte in piedi mentre gli uomini tutti a sedere, a parte questa poveretta piu' coraggiosa.

Un tipo, un ragazzone la guardava in continuazione ed io gfuardavo lui per capire un po' questo cazzo di Islam. Dopo qualche minuto il ragazzone cominciava ad essere agitato, sudava, aveva una erezione (si notava dal gonfiore dei pantaloni), si passava la mano sulle labbra e poi e' scomparso in bagno. La donna, molto bella ma visibilmente seccata, coraggiosamente si faceva gli affari suoi.

Ecco qua l'Islam...le donne devono indossare il velo perche' son ritenute peccatrici, tentatrici e esseri imperfetti rispetto agli uomini. Gli uomini sono puri ma le donne hanno il potere di farli cadere in tentazione, di allontanarli dalla purezza con pensieri e desideri peccaminosi. E' per questo che la donna deve rimaner coperta: perche' la bellezza 
femminile potrebbe distogliere i pensieri puri e perfetti dell'uomo alla ricerca della verita' di Allah. La donna e' il diavolo che tenta e distrae l'uomo da Allah. 

Gia'...l'uomo puro che si eccita alla vista di una donna, l'uomo puro che non vede l'ora di scoparsi una donna senza chiederne il permesso, l'uomo puro che puo' avere quante donne vuole ma che ha il diritto di uccidere la compagna soltanto se questa guarda o parla con un altro uomo. L'uomo puro che magari ha cinquanta amanti ma non permette alla sua moglie neanche di uscire di casa perche' una donna non ha il diritto di uscire da sola o parlare con chi gli pare. E questi barbogi di Iman con la barba lunga che accusano le donne di essere tutti i mali del mondo, di essere l'origine di tutti i peccati, di essere il simbolo di tutte le tentazioni...questi barbogi che goverano l'Iran, hanno mai avuto una donna in tutta la loro vita? O forse la ricerca di Allah e' cosi' piu' importante che non hanno mai avuto tempo per l'amore? Chi governa il paese usando l'Islam come legge, chi vieta alle donne di guidare, di lavorare, di andare allo stadio, di esibirsi in pubblico o perfino di sedersi su un autobus accanto ad un uomo che non sia suo marito....ma questi santoni che governano il paese hanno mai veramente avuto una donna o una passione nella vita? O forse sono solo dei repressi sessuali, poveri libidinosi che costringono queste poverette ad una non-esistenza giusto perche' non si ha il coraggio di dire che e' l'uomo il primo a peccare ed avere pensieri insani? Alla fine chi ha colpa e' sempre colui che non puo' difendersi, colui che non ha mai colpa. La "rivoluzione" del 1979 di Kohmeini - barbogio settantenne in combutta con altri santoni ottantenni - ha trasformato uno dei paesi musulmani piu liberali e felici dell'epoca in un regno di oppressione e repressione sessuale come pochi altri. Eccola, la rivoluzione. Chi paga sono le donne, come sempre.

Anche Joao ha avuto una delusione: ad Ankara non fanno piu' il visto per l'Iran in un giorno solo. Negli ultimi 3 anni son cambiate tante cose e per gli occidentali - figli di Satana e alleati degli USA - e' diventato piu' difficile. Ci vogliono almeno 10 giorni anche qui. Anche ad Erzurum, vicino al confine ormai e' impossibile avere il visto per l'Iran in meno di due settimane. Cosa fare allora?

Joao e' tornato ieri sera ad Istanbul dove prendera' un aereo per lo Sri Lanka, una settimana li col visto di transito e poi di volta alla Thailandia per andare al Festival Della Luna Piena e poi chissa'. 

Io sono ancora qui caparbiamente ad aspettare una soluzione: voglio la copia del mio visto per l'Iran andato perduto col mio vecchio passaporto. Se me la danno subito allora domani parto col primo treno verso il confine e da li in autobus verso la terra di Komehini. Poi chissa' se mi daranno il visto per il Pakistan, quanto ci sara' da aspettare e cose del genere. So solo che se mai arrivo in Iran e da li in Pakistan, mi aspetteranno i giorni piu' difficili e pericolosi della mia vita, con poche speranze di uscirne vivo dal Belucistan. In Pakistan oggi come oggi gli stranieri non sono i benvenuti. C'e' da stare molto attenti, soprattutto nel sud del paese. Si rischia veramente grosso e non sono molti gli occidentali che si avventurano in questa impresa. Ogni giorno sembra che l'odio verso gli occidentali aumenti, invece di diminuire.

Se mai dovessi entrare in Pakistan, se mai dovessi sopravvivere agli attentati bombaroli e ai rapimenti nel Belucistan, a Quetta e nella strada che va fino a Lahore (nell'ultimo mese almeno 15 autobus sono stati bombardati e una cinquantina di persone sono morte, senza contare le centinaia di morti al confine con l'Iran), ho meno di un mese e mezzo di tempo per attraversare la Karakhorum Highway nel Kashmir pakistano ed arrivare a Kashgar nello Xinjiang, Cina occidentale, Deserto dei Gobi prima che chiudano il passo come ogni anno dal 1 Dicembre al 31 Marzo. 

Vediamo. Per il momento sono ancora qui ad Ankara, Turchia centrale, posto non brutto, in attesa di novita'.

http://www.youtube.com/watch?v=SqaIY1kuckg