martedì 27 dicembre 2011

Il giro del mondo in bicicletta

Succede sempre cosi'. Quando sono incazzato con qualcuno o qualcosa ecco che arriva sempre una piccola occasione positiva che ti fa guardare il mondo con occhi diversi. O, perlomeno in modo piu' sereno. Allora mi chiedo: dobbiamo raggiungere sempre il livello di incazzatura massima per ottenere qualcosa di positivo?

L'occasione questa volta si chiama Amsterdam Kofe, un simpatico piano bar su Peace Avenue, a pochi passi dal National Department Store. Ci sono passato davanti una infinita' di volte e anche Kor, il mio unico amico quaggiu' mi aveva consigliato di farci un salto.
E' l'unico locale in citta', assieme al Pub Gran Khan (che fantasia, eh?) dove si riuniscono e si incontrano gli stranieri.
In effetti, appena entrato, capisci subito che questa non e' Ulan Bator ma e' un posto creato ad arte per accogliere i turisti. Le cameriere finalmente salutano e dicono grazie, parlano un ottimo inglese e sorridono. Se uno vi capita qui appena arrivato in citta' potrebbe anche illudersi che Ulan Bator e' un luogo accogliente. Se invece ci capiti dopo 2 settimane di giri a vuoto per locali dove nessuno neanche ti guarda in faccia, allora capisci come l'industria del turismo sa essere suadente ed ingannevole.

Comunque il locale e' carino, l'atmosfera rilassata e i prezzi decisamente convenienti. C'e' anche una bella libreria piena di libri da tutto il mondo. Ho trovato un libro in italiano portato - o forse dimenticato - da chissa' chi: "Il paese di polvere e di vento" della giornalista canadese-afghana Amida Ghafour. Bellissimo. Ho divorato i primi capitoli in un attimo, molto piu' velocemente che nel finire la mia tazza di cioccolata calda. E' la storia di una ragazza scappata in Canada all'eta' di otto anni che nel 2004, diventata ormai giornalista famosa, torna in Afghanistan per capire le speranze e le illusioni di un paese che momentaneamente sembra essersi liberato del giogo talebano. Non trova una risposta ai suoi dubbi ma scopre di essere legata ad una terra, ad un popolo che non ha mai conosciuto, legata ai drammi di una nazione che per secoli e' sempre stata vittima di giochi di potere altrui: inglesi, pakistani, russi, americani. La realta' e' sfuggente e mai univoca. Gli americani e i talebani stessi ora sembrano eroi, ora diavoli a seconda dei punti di vista dai quali si osservano.

Leggere questi primi capitoli mi ha messo un po' di disagio addosso: tornando a piedi verso la guesthouse non ho fatto a meno di riflettere sulla gente mongola. Forse anche qui sono tutti vittime di governanti, di giochi di potere che hanno solo confuso le menti delle persone. Il comunismo prima, il capitalismo e il modello americano poi, l'eredita' culturale di un popolo nomade che viene ora esaltata ora negata a seconda degli interessi.....la condizione disperata dell'Afghanistan post-2001 sospeso tra un tentativo di creare una repubblica islamica democratica, libera, religiosa ma aperta e tollerante verso il modernismo occidentale si scontra con il fondamentalismo oscurantista religioso di chi non ha interesse a che il paese cambi. La Mongolia sembra vivere la stessa contraddizione: da poco aperta alla democrazia dopo quasi 80 anni di comunismo non sa che direzione prendere. Fino agli anni '20 Ulan Bator era una citta' che non esisteva, un agglomerato di yurte dove abitavano solo lama e stregoni, mercanti e cacciatori nomadi che si spostava a seconda delle stagioni. Ulan Bator era una citta' itinerante, nomade come lo e' sempre stato il popolo mongolo, libero di scorazzare per le immense steppe in base al ciclo delle stagioni. 70 anni di comunismo hanno portato la citta', i palazzi stabili dove abitare, le Universita', i supermercati, i negozi, il treno. Hanno trasformato un popolo nomade in un popolo stanziale. Il capitalismo e la democrazia degli ultimi dieci anni hanno poi portato anche il benessere, la ricchezza, gli status symbol dell'occidente per chi ha saputo montare sul treno giusto del progresso. Ma il popolo mongolo, in tutto questo sembra aver smarrito la sua identita', le sue origini. E' sospeso tra un passato nomade, superstizioso, guerriero, oscuro dominato da demoni e spirti della natura e un futuro fatto di un inarrestabile progresso che porta con se una radicalizzazione sociale dove l'80% della popolazione non ha niente e il 20% ha tutto e di piu'. Il 25imo paese piu' povero del mondo e' governato da un 20% di elite che vive un tenore di vita altissimo, irraggiungibile anche per molti ragazzi italiani come me. A fianco di gente che vive ancora in baraccopoli che si perdono a vista d'occhio nella periferia sterminata della capitale, c'e' una ristrettissima cerchia di abitanti che si permette di vivere in appartamenti che costano centinaia di migliaia di euro. Non so se questo portera' a una radicalizzazione dei sentimenti religiosi come in Afghanistan o come nel mondo islamico dove la reazione talebana in realta' e' il segno di un profondo rigetto delle radicalizzazioni sociali che il capitalismo porta con se. Ma di sicuro il risentimeno e la frustrazione dell'80% della popolazione qui che non ha niente e che ogni giorno si vede sbattuta in faccia la ricchezza del 20% che invece ha tutto, non portera' ad un futuro roseo per il paese.

Il Caffe' Amsterdam comunque rappresenta l'isola felice per gli stranieri e per i mongoli benestanti. Leggo alcuni annunci interessanti nella bacheca. Qualcuno fa ridere, qualcuno fa pensare.
Ci sono annunci di appartamenti in affitto: bellissimi, meravigliosi, impensabili anche soltanto in Italia. Costano "solo" 1000 euro al mese. Per quanto sono splendidi, non e' niente: le foto ti fanno lasciare a bocca aperta. Per un mongolo della classe media, un operaio italiano diciamo, un affitto mensile corrisponde a circa 6-8 mesi di lavoro pieni. E' ovvio che questi annunci sono rivolti solo a quel 20% benestante o agli stranieri ricchi: insegnanti americani, manager occidentali, giornalisti, uomini d'affari, insopportabili neolaureati da college yankee pieni di soldi di papa' in tasca.

In un altro annuncio un ragazzo americano, si specifica 24enne, cerca ragazze mongole con cui condividere un appartamento. Vuole migliorare la sua conoscenza della lingua. Sicuramente non e' solo la lingua che gli interessa ma anche la passera. Sono convinto che tra 6 mesi il suo mongolo non sara' migliorato piu' di tanto ma in compenso avra' fatto progressi notevoli in altri campi delle relazioni interpersonali. Non gli sara' difficile come non sara' difficile trovare ragazzotte locali disposte ad aiutarlo.

Un bel foglio messo in evidenza attira pero' la mia attenzione piu ' degli altri. Una coppia svizzera, Xavier e Celine Pasche, lui ingegnere lei antropologa, saranno qui domani, 28 dicembre alle 8 di sera al Caffe' Amsterdam. Stanno facendo il giro del mondo in bicicletta e dopo 17,000 km eccoli arrivati a Ulan Bator. Mi ha colpito la loro sfida estrema. Loro che da 11 mesi ormai girano il mondo cosi', per la voglia di conoscere nuova gente e nuovi popoli, stanno arrivando in Mongolia nel pieno dell'inverno siberiano, in bicicletta. Al loro confronto io mi sento piccolo piccolo, miserabile viaggitore nelle comodita' tiepide di vagoni letto ferroviari. Cosa li spinge ad affrontare il freddo, la fatica, la fame, i pericoli, le montagne?
Io scrivo, scrivo, viaggio ma non concludo mai niente. Loro, in 3 righe spiegano tutto e sembrano aver capito tutto: la voglia di vivere cosi', in liberta', a contatto con le varie culture di tutto il mondo, senza chiedersi quando sara' l'ora di tornare a casa. Progettano almeno 4 anni di viaggi e forse non escludono la possibilita' di vivere sempre cosi'. Lui, un ingegnere, lei una antropologa che hanno deciso di essere liberi di conoscere il mondo.

Domani ci saro' anche io ad incontrarli. Nel Caffe' Amsterdam di Ulan Bator.



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